Il vice-segretario nazionale SIVEMP: «Averli identificati conferma il buon funzionamento del sistema italiano di sorveglianza epidemiologica veterinaria. Quando il virus isolato risulta ad alta patogenicità tutti gli animali presenti nell’allevamento vengono abbattuti e l’ambiente sanificato»
«Non si rischia alcun salto di specie. I focolai di influenza aviaria individuati in alcuni allevamenti avicoli ad Ostia non costituiscono un pericolo per l’uomo. Anzi, averli identificati conferma il buon funzionamento del sistema italiano di sorveglianza epidemiologica veterinaria». È così che Pierluigi Ugolini, vice Segretario Nazionale SIVEMP (Sindacato italiano Veterinari medicina pubblica) commenta a Sanità Informazione la notizia dei focolai individuati oggi nella zona di Ostia Antica.
In queste ore, per contenere la diffusione del virus, il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, ha firmato un’ordinanza per l’istituzione di 2 fasce, una di 3 km ed una di 10, rispettivamente di prescrizione e contenimento. La misura coinvolge circa 35 piccoli allevamenti. «Le misure di contenimento – spiega Ugolini – evitano la circolazione del virus verso altre aree. Gli animali non possono né entrare, né uscire dal luogo ritenuto a rischio. Proprio come disposto per i cittadini italiani durante le fasi più critiche della pandemia da Covid-19, quando non era consentito lasciare la zona rossa o accedervi».
I gradi di protezione previsti nel caso venga identificato un focolaio di influenza aviaria sono di diversa entità. Stabiliti i confini della zona a rischio, gli allevamenti che si trovano all’interno di quest’area diventano sorvegliati speciali: «Tanto più un allevamento si trova vicino al focolaio identificato, maggiore sarà la sorveglianza applicata – dice Ugolino -. Eventuali morti sospette di animali allevati anche al di fuori di questa zona saranno comunque valutati con attenzione».
Le sorti dell’allevamento in cui viene identificato un focolaio sono decise in base al grado di patogenicità del virus isolato: «Quando il virus identificato è quello dell’influenza aviaria e la patogenicità risulta molto elevata tutti gli animali presenti nell’allevamento, che siano o meno infetti, vengono abbattuti e l’ambiente sanificato. Va considerato che questo tipo di virus ha un alto grado di trasmissibilità e il tasso di mortalità tra i polli che lo contraggono è del 98%».
E stando alle parole del presidente della regione Lazio quello di Ostia potrebbe essere proprio un focolaio ad alta patogenicità: «È un ceppo grave – ha spiegato il governatore del Lazio all’Ansa -. Un fatto di una certa rilevanza e, per questo, siamo intervenuti in maniera molto tempestiva e rapida con interventi molto rigorosi. Ovviamente c’è un monitoraggio non quotidiano ma ad horam della situazione. L’identificazione di questi focolai è la prova che i controlli servono e funzionano».
Il monitoraggio effettuato ad Ostia, che ha portato all’individuazione del focolaio di influenza aviaria, rientra in un preciso programma. «Il sistema di reti di sorveglianza epidemiologica veterinaria – spiega il vice Segretario Nazionale SIVEMP – previene e controlla le malattie animali, le zoonosi e la sicurezza alimentare. Questo sistema assicura, in via prioritaria, l’identificazione precoce, la diagnosi e la risposta tempestiva in caso di presenza delle malattie animali, comprese le zoonosi. Tali controlli vengono effettuati tutto l’anno, a prescindere dalla stagione in corso, con particolare attenzione alle aree ritenute più a rischio. In regioni come l’Emilia Romagna, la Lombardia e il Veneto, ad esempio, il numero superiori di controlli è giustificato da una maggiore concentrazione di allevamenti».
Sono sottoposte ad una sorveglianza stringente anche le zone più frequentate dagli uccelli migratori che, in alcuni casi, possono veicolare i virus da un allevamento all’altro, anche se situati in luoghi molto lontani tra loro. «Le reti di contenimento ed altri sistemi di sicurezza messi a punto negli allevamenti per evitare l’ingresso di animali esterni (come gli uccelli migratori, ndr), in alcuni casi, possono non essere sufficienti. E per questo – aggiunge il veterinario – si dispongono controlli più intensivi».
I monitoraggi costanti non sono l’unica garanzia di sicurezza. «Anche chi opera all’interno di un allevamento, quotidianamente o saltuariamente, è tenuto a rispettare delle regole ben precise. L’utilizzo di dispositivi individuali di protezione evita che allevatori o visitatori possano portare un virus all’interno dell’allevamento. Se, ad esempio – dice Ugolini -, il virus dell’influenza stagionale, che tipicamente infetta l’uomo in questo periodo dell’anno, dovesse entrare in un allevamento, incontrando un virus tipicamente animale, come quello dell’aviaria, potrebbe generare, dall’incrocio di questi due virus (dell’influenza stagionale umana e dell’influenza aviaria dei polli, ndr), un terzo virus, potenzialmente capace di infettare sia l’uomo che l’animale. E un virus di questo tipo potrebbe essere responsabile di un salto di specie. Un evento rarissimo, soprattutto in Italia dove vigono regole precise e stringenti, ma – conclude l’esperto – (come ci ha insegnato la pandemia da Covid-19) non impossibile».
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