«La richiesta da parte dei sanitari è cresciuta dal 15% al 25%», così Giovanni Rezza, direttore dell’Istituto Superiore di sanità che aggiunge: «Quest’anno il virus è giunto accompagnato da maggiore sensibilità»
Dopo il conto alla rovescia per l’inizio del nuovo anno, parte il countdown per l’arrivo del temuto picco influenzale atteso «per fine gennaio e inizio febbraio». Lo dichiara a Sanità Informazione Giovanni Rezza, Direttore del dipartimento Malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità.
«La differenza sostanziale rispetto allo scorso anno – prosegue Rezza -, è un aumento imprevisto della richiesta di vaccino che ha colto impreparate varie Asl in diverse Regioni». Questo ha determinato «una difficoltà iniziale di approvvigionamento in tempi brevi – prosegue -, perché quando si fa la stima numerica delle dosi necessarie per l’anno in corso, chiaramente si fa riferimento all’anno precedente, ma nel 2018 la richiesta è stata veramente di maggior impatto rispetto al 2017».
La volontà di ricorrere alla profilassi, oltre per le fasce di popolazione ritenute più fragili, è arrivata anche da parte di medici e operatori sanitari che hanno determinato un incremento della richiesta «dal 15% dello scorso anno al 25%. Dieci punti in un solo anno, solo per la categoria medica, non sono pochi».
Positivo dunque l’atteggiamento della popolazione rispetto al vaccino «che già si era palesato l’anno scorso e quest’anno si è ancor più concretizzato. Da una serie di indagini, abbiamo stimato che riguardo le vaccinazioni dell’infanzia, compresa quella anti-influenzale, circa lo 0,7% di genitori di bambini soggetti all’obbligo vaccinale sono effettivamente contrari – sottolinea il direttore -. Dopo di che abbiamo un’ampia zona grigia di persone esitanti (circa il 15% della popolazione). Questo sta a dimostrare che il partito no-vax in realtà rappresenta una parte di popolazione estremamente ristretta. Rumorosa questo sì, ma ristretta».
Per quanto riguarda l’aggressività del virus di fatto l’incidenza di casi è stata minore quest’anno «probabilmente merito dei vaccini – fa notare Rezza -, ma occorre attendere per cantare vittoria. Infatti con la riapertura delle scuole ci attendono due settimane impegnative e tracciare un bilancio definitivo è ancora prematuro».