Intervista a Gilberto Corbellini, storico della Medicina all’università Sapienza: «Avventuroso fare paragoni senza adeguate analisi virologiche». Poi spiega il ruolo della spagnola nella nascita dei totalitarismi
«Covid-19 è causata da un coronavirus, un “animale” completamente diverso dai virus che causano l’influenza, come H1N1 che fu responsabile della spagnola. Quell’epidemia fece tanto male perché a un certo punto il virus si ricombinò con quello di un’influenza degli uccelli. Accadde qualcosa di imprevisto che si attuò per le condizioni create dalla prima guerra mondiale: possiamo dirlo con questa certezza perché noi oggi della spagnola sappiamo molto, moltissimo. Forse più di quanto non sappiamo di Sars-CoV-2».
È nettissimo Gilberto Corbellini, epistemologo e professore di Storia della Medicina presso l’Università di Roma Sapienza, raggiunto al telefono da Sanità Informazione per commentare i parallelismi apparsi di recente fra la malattia da Sars-CoV-2 e l’influenza spagnola, l’epidemia che fece 50 milioni di morti fra il 1918 e il 1920.
Le parole del docente ci aiutano innanzitutto ad inquadrare il contesto storico: «Nel luglio e agosto del 1918 – racconta Corbellini – nelle trincee francesi del Nord-Pas-de-Calais erano ammassati centinaia di migliaia di soldati. A tutt’oggi non sappiamo moltissimo di come si innescò quella pandemia, se non che tutto probabilmente partì da lì. Al momento dell’armistizio del 1918 si contavano 9 mila morti al giorno per la spagnola. C’erano persone nei paesi d’Italia che seppellivano i deceduti a causa della malattia, mentre c’erano le campane a festa e i clacson per le strade a festeggiare la pace».
«A partire da metà anni Venti circa, però – prosegue Corbellini -, la spagnola è stata misteriosamente dimenticata dagli storici. Una dinamica aiutata probabilmente dall’ascesa dei totalitarismi che preferirono concentrarsi sui morti di guerra. Eppure è la malattia che ha causato più morti nella storia insieme alla peste nera, considerando che il pianeta era abitato da 1,8 miliardi di individui: fatevi da voi i conti».
«Vale poi la pena sottolineare – continua il professore – l’impatto decisivo che forse ebbe la spagnola nella nascita dei totalitarismi. H1N1 tolse la parola all’unico vincitore della Grande Guerra che era sinceramente convinto che alla Germania stessero venendo comminate delle sanzioni devastanti e sproporzionate. Woodrow Wilson, presidente degli Stati Uniti, arrivò a Parigi per le conferenze di pace e si ammalò di spagnola. Rimase per tutto il tempo delle sedute diplomatiche nei suoi appartamenti in stato confusionale, mentre Clemenceau e Lloyd George si ritrovarono contenti di poter portare avanti le proprie politiche aggressive. Tornato a casa, Wilson fu colpito da ictus sei mesi dopo e il suo mandato si trascinò nell’ordinaria amministrazione».
Come dicevamo, del virus H1N1 noi sappiamo molte cose: «Il virus della spagnola – spiega ancora il professore – è stato recuperato da una donna Inuit seppellita nel permafrost ed è stato rinvenuto in preparati anatomopatologici di un museo medico di Washington. Le tecnologie della biologia molecolare hanno consentito di riassemblarne il genoma e studiarlo. La sua letalità negli animali era impressionante. Sappiamo che la spagnola uccideva senza pietà né clemenza giovani fra i 20 e i 40 anni, mentre il Sars-CoV-2, per quello che oggi sappiamo, colpisce persone prevalentemente di sesso maschile, anziane e con policomorbidità».
«Proprio per questo – aggiunge – trovo estremamente avventuroso affidarsi ad inferenze sulla base del comportamento statistico del coronavirus senza un’adeguata analisi virologica e biologica. Sarebbe importante accertare, prima di fare simili affermazioni, se questo virus sia in grado di ricombinarsi con virus della stessa sottofamiglia presenti in serbatoi animali. Al momento non mi risulta. Mentre proprio in questi giorni è emerso in Cina un nuovo virus influenzale, sempre H1N1, che si è riassortito nei maiali e che, a detta dei virologi, avrebbe le potenzialità per una diffusione pandemica».
«Confesso che rimango molto stupito, come professore universitario, per il fatto che dei colleghi specialisti esprimano opinioni personali non controllate, invece di ragionare e parlare ai cittadini, che gli pagano lo stipendio, sulla base fatti e teorie scientifiche. Questo sta accadendo solo in Italia, perché negli altri Paesi gli esperti sono molto più misurati e stanno attenti a non ingenerare confusione o diffondere disinformazione».
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