Sono trascorsi più di 20 anni da quando per la prima volta i ginecologi di tutto il mondo hanno cominciato a prescrivere gli inositoli ai propri pazienti, rivoluzionando il trattamento delle patologie endocrino-metaboliche sia femminili che maschili. In questi decenni sono molti gli studiosi che hanno deciso di dedicarsi alla ricerca in questo ambito, fino a fondare, qualche anno fa la società scientifica EGOI, acronimo di The Experts Group on Inositol in Basic and Clinical Research, che riunisce 44 tra i massimi esperti al mondo sull’Inositolo provenienti da 16 diversi Paesi. Questi stessi specialisti hanno organizzato un importante evento il 25 novembre presso l’Università UniCamillus di Roma. Nel corso dell’appuntamento scientifico – spiega Vittorio Unfer, membro EGOI e professore di Ostetricia presso l’Università Internazionale UniCamillus di Roma – saranno presentati gli aggiornamenti sull’uso clinico degli inositoli, e in particolare del “fratello gemello” del myo-inositolo: il D-chiro-inositolo».
Ma per comprendere le potenzialità del D-chiro-inositolo è necessario andare con ordine, partendo dal suo già più noto “gemello”: l’inositolo. Di recente è uscito il primo position paper, pubblicato su International Journal of Molecular Sciences in cui è stato dato ampio risalto alle evidenze cliniche sull’uso degli inositoli nell’ambito della riproduzione femminile e maschile, alla prevenzione del diabete gestazionale e dei difetti del tubo neurale. «L’inositolo – dice Unfer – non è una vitamina anche se spesso riconosciuta come vitamina B7, perché, a differenza di queste, l’organismo è in grado di sintetizzarlo in quantità sufficiente, per cui ricade nella classe delle pseudovitamine. È efficace nella cura dell’ovaio policistico nel 70% dei casi. Può indurre l’ovulazione in 7 pazienti su 10 – aggiunge lo specialista -, che non significa guarirle, poiché la policistosi ovarica deriva da una predisposizione genetica, ma permette alle donne di essere fertili nel momento in cui effettuano la cura. Trattamento dal quale è possibile trarre ottimi risultati anche in soli due mesi di somministrazione».
I successi ottenuti, attraverso il myo-inositolo, potrebbero rappresentare anche una nuova speranza alla procreazione medicalmente assistita (PMA). «Non è la soluzione – sottolinea il ginecologo – ma può esserlo nei casi in cui l’infertilità sia causata da un’anovulazione. L’età della coppia è un fattore decisivo se si decida di optare o meno per questo trattamento. Nelle donne oltre i quarant’anni, di solito, è consigliabile intervenire in modo immediato, ricorrendo direttamente alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Negli ultimi anni decenni – prosegue Unfer – l’infertilità maschile ha mostrato un aumento significativo associato al declino della conta spermatica del 50-60%. Trenta milioni di uomini nel mondo sono infertili con un’incidenza superiore in Europa Centrale e in generale in Occidente. Con lo scopo di migliorare le performance riproduttive, negli ultimi anni è stato valutato l’utilizzo del myo-inositolo (MI) nella pratica clinica. Numerosi studi hanno dimostrato, infatti, che l’integrazione con myo- inositolo non solo migliora alcune caratteristiche spermatiche, ma anche i profili ormonali e metabolici nei pazienti subfertili».
Il D-chiro-inositolo (DCI), pur essendo una molecola quasi gemella del myo-inositolo, ha un comportamento completamente diverso. «Abbiamo scoperto essere in grado di riequilibrare il testosterone sia nel genere maschile che femminile. Gli effetti possono essere tarati attraverso la quantità somministrata e la durata del trattamento – dice Unfer – . Non si tratta, dunque, solo di una medicina che tiene conto del genere del paziente, maschio o femmina, ma anche della sua condizione individuale (età, peso corporeo, situazione fisiopatologica), così da ottenere una terapia sempre più precisa ed efficace». Non è un caso dunque se, nell’ultimo anno l’attività dell’EGOI si è molto concentrata sul D-chiro-inositolo e in particolare sul suo coinvolgimento nella sintesi degli ormoni steroidei. La scoperta che questo isomero dell’inositolo potesse ridurre i livelli dell’enzima aromatasi, regolando il rapporto tra estrogeni e androgeni, ha permesso di ipotizzare nuove soluzioni terapeutiche per tutte quelle condizioni patologiche che possano beneficiare di una riduzione degli estrogeni e di un sostegno dei livelli di testosterone. «In ambito femminile, questo costituisce il razionale d’uso del D-chiro-inositolo negli stati di iperestrogenismo che caratterizzano ad esempio le donne che soffrono di iperplasia endometriale, endometriosi, adenomiosi e poliposi endometriale oppure nelle donne che dalla perimenopausa in poi vedono scemare il loro desiderio sessuale a seguito del calo del testosterone. Grazie a questa molecola naturale – conclude Vittorio Unfer – è possibile avere un’arma in più per migliorare la qualità di vita nella delicata fase di transizione da età fertile a menopausale e per la gestione di quelle manifestazioni ginecologiche frequenti in questo stesso periodo della vita della donna».
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