Salute 23 Maggio 2023 14:31

Inquinamento: ecco chi sono i killer micrometrici che avvelenano il nostro organismo

De Gennaro (Sima) «Si chiamano PM2.5, sono particelle con un diametro aerodinamico inferiore ai 2,5 micrometri e per la loro dimensione estremamente ridotta possono oltrepassare gli alveoli polmonari, arrivando a circolare nel nostro sangue»
Inquinamento: ecco chi sono i killer micrometrici che avvelenano il nostro organismo

Galleggiano nell’aria e finiscono nel nostro apparato respiratorio. Nello spazio che ci circonda ci sono delle polveri talmente sottili, invisibili all’occhio umano, da riuscire a penetrare nel nostro organismo e, attraverso gli alveoli polmonari, contaminare il nostro sangue. «Il tragitto delle particelle più piccole è così diretto, senza barriere efficaci, da poter essere paragonato ad un’iniezione endovenosa», spiega Gianluigi de Gennaro, membro del Comitato Scientifico della SIMA (Società Italiana di Medicina Ambientale) e docente di Chimica dell’Ambiente e Valutazione d’Impatto Ambientale presso l’Università Aldo Moro di Bari, in un’intervista a Sanità Informazione. Molte di queste particelle microscopiche, quelle che formano il cosiddetto particolato atmosferico, sono nocive per la salute umana e causano gravi patologie, per lo più croniche, a carico degli apparati respiratorio e cardiovascolare, ma anche tumori e mutazioni genetiche. «E non si tratta di ipotesi o possibilità – aggiunge de Gennaro -. La correlazione tra queste malattie e l’inquinamento atmosferico è ampiamente dimostrata da numerosi e autorevoli studi scientifici».

I bambini italiani si ammalano di cancro il doppio rispetto alla media europea

In età pediatrica, nel nostro Paese, è il cancro la prima causa di morte per malattia. Il numero delle nuove neoplasie pediatriche è doppio rispetto alla media europea, triplo se si considerano soli i casi al di sotto dell’anno di età. In tutto, ogni anno in Italia, sono 2.200 le nuove diagnosi tra bambini e adolescenti. «Affinché si possa invertire la rotta – dice il professore di Chimica dell’Ambiente e Valutazione d’Impatto Ambientale – è necessario, innanzitutto, rimuovere le esposizioni ai cancerogeni, ovvero le sostanze certamente cancerogene per l’uomo (Classe 1 IARC), per le quali occorre attivare mirate azioni di prevenzione primaria, e quelle probabili o sospette cancerogene (Classe 2 IARC), classificate come tali dall’Agenzia Internazionale di Ricerca sul cancro, a cui dovrebbe applicarsi il principio di precauzione sancito nei trattati di funzionamento dell’Unione Europea».

Lo studio: bambini con zainetti in spalla per misurare l’inquinamento

Ma quanto i nostri bambini sono effettivamente esposti all’inquinamento atmosferico? Per rispondere a questa domanda Dyson ha commissionato una ricerca scientifica, realizzata nell’ambito del progetto didattico “La scienza dell’aria”. Nove studenti milanesi hanno trascorso due intere settimane indossando uno zainetto dotato di batteria, Gps e sensori in grado di rilevare agenti inquinanti. In questo modo è stato possibile monitorare non solo l’esposizione all’inquinamento durante il percorso da e verso la scuola, ma anche all’interno della propria casa e negli ambienti confinati normalmente frequentati. Risultato? PM2.5, NO2 e VOC sono i principali inquinanti a cui nostri figli sono quotidianamente esposti.

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Cosa c’è nell’aria che respiriamo

«Le PM2.5 (ovvero particelle con diametro aerodinamico inferiore ai 2,5 micrometri) sono proprio tra quelle particelle che, per la loro dimensione estremamente ridotta, possono oltrepassare i nostri alveoli polmonari, arrivando a circolare nel nostro sangue -, spiega l’esperto della SIMA -. Sono soprattutto gli impianti di riscaldamento domestici (durante la stagione invernale) e le emissioni dei tubi di scappamento delle auto le principali fonti di inquinamento atmosferico in quelle aeree urbane in cui non è presente una particolare attività industriale. Anche se, pure il contatto degli pneumatici con l’asfalto e l’usura dei freni, comprese quelli delle auto “non inquinanti”,  possono generare PM 2.5 e PM 10», aggiunge lo specialista.

Strada che fai, inquinamento che trovi

La concentrazione di queste particelle, infatti, può variare da una strada all’altra, e da un’ora all’altra, a seconda dell’intensità del traffico. Confrontando i dati raccolti attraverso gli zainetti indossati dai bambini che hanno partecipato all’indagine, infatti, è stato possibile indentificare percorsi meno inquinati per raggiungere la scuola e per fare ritorno a casa. «Il biossido di azoto (NO2) rilevato in atmosfera nel corso della stessa ricerca – prosegue il professore De Gennaro – viene sprigionato ogni qual volta vi è una reazione di combustione ad alta temperatura, indipendentemente dal tipo di combustibile, in cui l’aria è comburente (ovvero la miscela contenente ossigeno che agisce come ossidante di un combustibile durante la combustione, ndr)».

L’inquinamento indoor

L’ultimo elemento rilevato dai sensori dagli zainetti sono i VOC ( (volatile organic compounds), tra i principali responsabili dell’inquinamento indoor. «Questi componenti inquinanti possono letteralmente invadere le nostre case, gli uffici, le palestre. Alcuni studi hanno mostrano come l’inquinamento indoor, laddove non si provveda ad un adeguato ricambio dell’aria, possa superare anche di cinque volte quello presente all’esterno. Questi gas, alcuni dei quali nocivi per la salute, possono essere rilasciati durante la cottura dei cibi, soprattutto se non si utilizza una cappa di aspirazione e ventilazione, da prodotti per la pulizia domestica, mobili, pitture e  complementi di arredo», dice de Gennaro.

Aria più pulita: si può

Lo zaino ha rilevato un notevole aumento di PM 2,5 e di VOC durante i momenti di preparazione della cena, in particolare nel caso di cibi fritti. Una concentrazione di VOC è stata registrata anche nei luoghi chiusi, come ad esempio la palestra, probabilmente a causa dei prodotti utilizzati per l’igiene.
Ma una buona notizia c’è. Nel fine settimana, quando i bambini sono stati fuori città per una gita, lo zaino ha registrato significative riduzioni dei livelli di biossido di azoto e della presenza di polveri sottili. «È l’ennesima conferma che la qualità dell’aria che respiriamo dipende esclusivamente dalle azioni di ognuno di noi. E, soprattutto –  conclude de Gennaro – che renderla più pulita si può».

 

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