Nella Regione a norma solo 5 depuratori su 150 censiti. Cappiello (Oss. Salute e Sanità Città di Napoli): «I liquami sversati in mare finiscono sulle nostre tavole, rischi incalcolabili per la salute»
Un’estate nera per la Campania, almeno per quanto riguarda l’inquinamento marino. Mentre in tutto il mondo fervono le teorie ambientaliste sul cambiamento climatico e l’importanza di porre in essere tutte le misure per salvaguardare il mondo in cui viviamo, basta restringere il cono di visuale per capire che la rivoluzione deve partire “da casa nostra”. Proprio in Campania, infatti, il guasto ad uno dei principali depuratori regionali, e conseguente sversamento di rifiuti tossici in mare, ha aperto il vaso di Pandora: in tutta la Regione sono regolarmente funzionanti solo 5 depuratori su 150. Tutti gli altri non rispettano la normativa italiana ed europea che dovrebbe regolarli. In più, su un depuratore situato nel capoluogo, dal 2004 è stata aperta una procedura di infrazione dall’Ue. Tutto ciò comporta, oltre a un impatto ambientale catastrofico, conseguenze nefaste sulla salute degli abitanti. Da semplici irritazioni a patologie infettive, fino ad arrivare ai tumori. Ce ne parla ai nostri microfoni Maurizio Cappiello, componente dell’Osservatorio Salute e Sanità – Città di Napoli).
L’inquinamento delle acque e la presenza di plastica nei nostri mari sta sollevando un dibattito piuttosto acceso. In Campania, in particolare, ci sono delle criticità legate all’utilizzo dei depuratori. Che cosa sta succedendo?
Siamo davanti a un problema ormai storico, che ultimamente sta diventando sempre più sentito. Fortunatamente, si sta diffondendo una cultura green, ambientalista, particolarmente radicata tra i giovani, che ci permette di affrontare meglio la questione. Per quanto riguarda la Campania, l’ultima estate è stata una delle più drammatiche in termini di inquinamento marino, in quanto un impianto di depurazione nella zona di Capaccio – Paestum ha riversato centinaia di quintali di plastiche, filtri di biomasse e assorbenti in mare, impattando in modo devastante sull’ecosistema, senza contare gli effetti negativi sulla salute della popolazione in quanto parte di questa plastica viene digerita dai pesci che comunemente consumiamo, finendo quindi nella nostra catena alimentare.
Per quanto riguarda la criticità sui depuratori, sono state violate delle norme specifiche?
In Campania abbiamo circa 150 depuratori censiti. Di questi, solo cinque rispettano la direttiva europea 271/91 e la legge dello Stato 152/99. Queste normative prevedono che i depuratori debbano effettuare un ciclo di trattamento chimico, un ciclo di trattamento biologico e un ciclo di essiccamento dei fanghi. Di fatto, questo iter non viene rispettato. Particolare attenzione poi deve essere posta su un depuratore in particolare, che si trova nella zona di Napoli Est, sottoposto a una procedura di infrazione comunitaria dal 2004, in quanto non risponde a un criterio di trattamento di separazione tra le acque bianche e le acque nere per cui, ad ogni pioggia, si riversano migliaia di litri di liquame in mare, soprattutto nella zona portuale. A tutto ciò, purtroppo, dobbiamo sommare il problema degli impianti industriali che spesso lavorano a nero, dal settore zootecnico alle concerie, che riversano a loro volta centinaia di litri di liquame con un impatto ambientale assolutamente devastante, dal momento che si tratta anche di metalli pesanti come cadmio, cromo e mercurio.
Quali rischi sono contemplati sulla salute della popolazione ?
Ci sono due tipi di rischio. Il primo è correlato alle patologie oncologiche, principalmente afferenti all’apparato gastrontestinale in quanto i metalli pesanti sversati in mare finiscono sulle nostre tavole, e l’effetto tossico cumulativo con il passare degli anni può dar luogo a neoplasie del tratto digerente. In secondo luogo, abbiamo tutta una serie di patologie di tipo dermatologico e le malattie infettive.
Quali provvedimenti sarebbero da prendere a questo punto?
Sarebbe innanzitutto da chiedere una maggiore incisività al ministro dell’Ambiente, Sergio Costa. In secondo luogo far sì che gli impianti di depurazione possano separare acque bianche e acque nere così come viene richiesto dalla normativa vigente. Fare anche un censimento di tutti gli impianti di depurazione abusivi, e procedere a relativa interdizione. Infine, mettere a norma tutti i depuratori regolarmente censiti riportandoli alla loro funzione.