La causa sarebbe l’aumentata produzione di cortisolo. Perrone Filardi (SIC): «Il rischio aumenta soprattutto per gli over 65. Sfatiamo falso mito del minor bisogno di sonno in terza età»
Brutte notizie per nottambuli e tiratardi: dormire poco (e male) non inciderebbe solo sulla capacità di concentrazione, rendimento e umore ma, stando ai recenti studi, aumenterebbe il rischio subire un infarto del miocardio. In particolare, uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Clinical Cardiology, che ha incluso 153.881 persone che soffrono d’insonnia e 1.030.375 persone che non ne soffrono, provenienti da 6 Paesi diversi e tutte sopra i 18 anni, ha evidenziato un rischio in infarto aumentato fino al 69% nei soggetti insonni. In occasione della Giornata Mondiale del Sonno che cade oggi, 17 marzo, Sanità Informazione ha indagato i legami tra sonno e salute cardiovascolare con il presidente della Società Italiana di Cardiologia, il professor Pasquale Perrone Filardi.
«I dati ci dicono che, soprattutto a partire dai 50 anni, dormire meno di 5 ore a notte comporta in generale una maggiore probabilità di sviluppare malattie croniche di vario ordine e grado, e pluripatologie. E questo è grave considerando che oggi l’insonnia e i disturbi del sonno interessano il 15% della popolazione. Come altri fattori che influenzano il rischio cardiovascolare, anche la qualità del sonno dovrà essere inserita tra le raccomandazioni di prevenzione nell’ambito dello stile di vita».
«Sempre in base agli studi effettuati, il numero ideale di ore di sonno ammonta a 7 -8. Dobbiamo poi considerare che al di sotto delle 5 ore, l’aumento del rischio non solo riguarda in ugual modo uomini e donne, ma incide maggiormente sulla fascia di pazienti over 65. Questo dato ci permette di sfatare un falso mito secondo cui gli anziani necessitano di un minor numero di ore di sonno. Sbagliato: soprattutto nella terza età è importante dormire più di 5 ore a notte».
«Il nesso di causa effetto è probabilmente rappresentato dal cortisolo, conosciuto come l’ormone dello stress, che viene prodotto in quantità maggiori quando si soffre di insonnia a causa di una maggiore stimolazione dell’asse ipotalamo ipofisi. Sappiamo che i livelli elevati di cortisolo sono associati, ed anzi spesso precedono, l’insorgenza di un infarto miocardico. Insomma, il link patogenetico potrebbe essere rappresentato proprio da una aumentata produzione di questo ormone».
«La raccomandazione è di fare il possibile per avere una buona quantità e qualità del sonno, cercando di rispettare il minimo delle 5 ore e possibilmente arrivando a 7-8, soprattutto se si è al di sopra dei 65 anni, ma anche cercando di risolvere quelle problematiche e quei disturbi che alterano la qualità del sonno. È importante iniziare a considerare il sonno come un componente essenziale di uno stile di vita sano, la cui carenza non si manifesta solo con stanchezza e nervosismo ma può avere ripercussioni molto gravi sulla nostra salute».
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