Il Presidente Sinuc affida il suo pensiero a Sanità Informazione a margine del convegno “Gli integratori alimentari nell’attuale quadro normativo” che si è svolto al Ministero della salute. «È importante identificare le fasce di popolazione, sia sana che malata, in cui è possibile che la somministrazione dell’integratore abbia un effetto positivo e misurabile sul mantenimento della salute o sulla prevenzione di alcune patologie degenerative»
Districarsi nel mondo degli integratori e dei multivitaminici è piuttosto complesso. Quel che è sicuro, però, è che le principali patologie cardiovascolari sono “prevenibili” attraverso un’alimentazione varia, sana ed equilibrata. Una vita sregolata e una dieta inadeguata, infatti, oltre a incidere sul benessere psico-fisico, sono considerati fattori di rischio per l’insorgenza di numerose malattie croniche che sono un peso anche per il nostro sistema sanitario.
L’’ultimo report dell’Istat fotografa un aumento dell’aspettativa di vita e una riduzione della natalità. Ma vivere di più non significa vivere bene. Aumentano, infatti, fattori di rischio e patologie croniche. Quello di cui è certo il professor Maurizio Muscaritoli, Professore Ordinario di Medicina Interna alla Sapienza di Roma, Direttore UOD Coordinamento Attività di Nutrizione Clinica e Presidente della Società Italiana di Nutrizione Clinica e Metabolismo (Sinuc) è che se vogliamo vivere bene dobbiamo mangiare bene e, solo in caso di necessità, assumere integratori alimentari come supplemento di una dieta regolare.
Professore, oggi parliamo di integratori alimentari; lei ha detto che, in linea di massima, uno stile di vita corretto e un’alimentazione sana possono aiutare a mantenere uno stato di salute buono. Tuttavia, in Italia, ci sono gravi carenze di vitamina D e C nella popolazione. Ci può spiegare meglio di cosa si tratta?
«La vitamina D è importantissima per il metabolismo dell’osso e per il mantenimento della normale densità ossea. Alterazioni o bassi livelli circolanti di vitamina D dimostrano che la produzione o l’assunzione non sono sufficienti. Questo va relazionato al fatto che la vitamina D si produce nell’organismo per effetto dei raggi ultravioletti e l’esposizione ai raggi solari è il principale meccanismo attraverso il quale il nostro organismo ottiene la vitamina D. Siccome l’esposizione ai raggi solari può essere insufficiente per vari motivi, questo può determinare in Italia, ma molto di più in altri paesi a bassa insolazione come ad esempio i paesi del nord d’Europa, bassi valori di vitamina D. Ecco, questo è uno dei casi in cui è indicata la supplementazione di vitamina D attraverso gli integratori. Effettivamente, il miglior modo per ottenere quello che ci serve è mantenere un’alimentazione sana e corretta ma l’aderenza vera e propria alla dieta è molto è difficile. Chi consuma, effettivamente, cinque porzioni di frutta e verdura al giorno come prescritto dalla piramide alimentare della sana e corretta alimentazione? In Italia, molte poche persone, una percentuale più bassa di ciò che si può credere. Ci sono tutta una serie di condizioni che possono interferire con l’assorbimento delle vitamine, che è più difficile, ad esempio, nei soggetti anziani e per questo, fornire una supplementazione esogena con l’integratore può essere necessaria per mantenere i normali livelli vitaminici».
Quindi professore, il ruolo dell’integratore qual è? Supporto o integrazione alla dieta solo quando serve davvero?
«Questo è un punto molto dibattuto. Qualcuno pensa che, se il 100% va bene, il 120% è meglio. Ma non è sempre così. Il fatto è che molto spesso noi siamo al 40% o 50% perché la nostra alimentazione o stile di vita non sono adeguati. Io non penso che gli integratori debbano essere assunti da tutti. Penso che sia importante identificare le fasce di popolazione, sia sana che malata, in cui è possibile che la somministrazione dell’integratore abbia un effetto positivo e misurabile sul mantenimento della salute o sulla prevenzione di alcune patologie degenerative».