Bufale o no, il web va dosato coscientemente e con giudizio. Ecco il monito del giornalista e scrittore Walter Gatti che sottolinea quanto rispetto al passato «sia cambiato il rapporto tra camice bianco e assistito»
«In questi anni l’utilizzo del Web ha profondamente trasformato la vita quotidiana di uomini e donne, intervenendo sul vissuto contemporaneo oltre che sulle sue forme di comunicazione. Anche il parlare di “salute” oggi non è possibile se non nella consapevolezza di quanto Internet stia cambiando antropologicamente il presente di chi è malato e di chi cura». Queste le parole che Walter Gatti mette nero su bianco nel suo libro ‘Sanità e web’ in cui racconta come si è evoluto il rapporto tra medicina e comunicazione nel corso degli anni.
«Internet ha cambiato il modo di essere medico e malato in Italia» spiega il giornalista in esclusiva ai nostri microfoni. «Fino a perlomeno 10-15 anni fa, il rapporto tra medico e paziente, la cosiddetta alleanza terapeutica, era di coppia. Infatti era il medico che indossava le vesti paterne e guidava il paziente a gestire la malattia. Negli anni, da un certo punto di vista, l’informazione di carta stampata, ma anche quella televisiva, ha modificato questa relazione. Poi l’ingresso di internet ha decisamente rivoluzionato le dinamiche consolidate, facendo sì che la relazione a due diventasse una sorta di ‘ménage à trois‘. Infatti oggi il paziente, spesso e volentieri, ha delle armi che non sa bene come utilizzare: le ha scaricate, le ha stampate, le ha prese su siti a volte specializzati a volte non particolarmente affidabili».
In questi mesi si è scatenata una polemica sui vaccini nella quale ha svolto un ruolo di protagonista il web. Informazioni, spesso poco attendibili, in circolazione su siti e social, hanno generato allarmismo. Cosa ne pensa?
«Le informazioni on line circolano, si radicano e diventano richiami per tutti, soprattutto quando rispondono a “bisogni di pancia” e colgono necessità ed echi “scandalistici”. Basta pensare a cosa è successo negli ultimi anni attorno alla vicenda stamina che toccava in modo dolorosissimo la salute, in quel caso la salute dei bambini. Ecco, questo è un esempio per dire che, dal caso stamina al caso vaccini, si verificano situazioni che sviluppano fenomeni ‘contro cultura’, una cultura non più medico-scientifica ma popolare. Segnalerei anche un altro aspetto: se il mondo medico-scientifico, il mondo delle agenzie e delle istituzioni comunicasse meglio, riuscisse a rispondere di più alle domande che il cittadini pone, probabilmente questo sarebbe un antidoto alla circolazione incontrollata delle informazioni online».
Quindi c’è anche una carenza di informazioni da fonti autorevoli che porta le persone a prendere spunto da altre realtà che possono essere a rischio?
«Può essere una carenza o comunque ci deve essere l’approdo a una fase più matura della gestione della comunicazione attraverso i sistemi on line. Quando alcuni anni fa esplose la psicosi dell’influenza suina, il fenomeno provocò degenerazioni che ad oggi viviamo con il caso vaccini. Ecco, in quella fase, quando si diffuse l’allarme suina, le agenzie internazionali non furono assolutamente in grado di comunicare la notizia nel modo corretto».
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