Salute 16 Luglio 2020 15:04

Cricelli (Simg): «Ripensare assistenza domiciliare dopo Covid, formare i medici di famiglia per la prescrizione di nuovi farmaci»

Con la telemedicina si è trovato un modo efficace per affiancare l’assistenza a domicilio. Il presidente Simg Claudio Cricelli parla del futuro nella medicina del territorio: «Con Aifa al lavoro per formare i medici di famiglia a prescrivere nuovi farmaci, anti-diabetici e per Bpco»

Chiamata in prima linea da un’emergenza che l’ha cambiata per sempre, la medicina territoriale ha sperimentato nuovi approcci costretti dal distanziamento. Teleconsulto, ricette virtuali e un’assistenza riorganizzata, con una diversa divisione dei ruoli con l’ospedale. Sanità Informazione ne ha discusso le buon pratiche da portare alle prossime fasi con Claudio Cricelli, presidente della Simg (Società italiana di medicina generale).

Cricelli, cosa si sono trovati ad affrontare i medici di famiglia durante l’emergenza?

«Una delle principali modalità che è andata in sospensione è stato l’accesso domiciliare dei medici, non era possibile accedere al domicilio dei pazienti in maniera sicura. Un po’ perché mancavano i dispositivi di protezione, ma soprattutto perché abbiamo scoperto che buona parte degli interventi a domicilio potevano essere vicariati o anche sostituiti da interventi a distanza. Ora che la normalità dovrebbe ricominciare molti si stanno chiedendo se la medicina generale ricomincerà a erogare le stesse prestazioni del passato, in particolare gli interventi a domicilio. Su questo bisogna essere estremamente chiari: tutte le cose inutili e superflue che venivano fatte prima devono essere completamente risolte e non più erogate come una volta».

L’assistenza va quindi ripensata, dottor Cricelli?

«Noi dobbiamo continuare ad accedere al domicilio, soprattutto delle persone anziane e fragili, ma non per erogare delle prestazioni pro forma, delle prestazioni retoriche. Non andare a casa del paziente solo per rassicurarlo. Tutto questo non serve, è costoso e non produce risultati. Noi dobbiamo imparare a sostituire gli interventi domiciliari con interventi in cui il paziente sta al proprio domicilio e noi riusciamo a interagire. Dobbiamo fornire al paziente il maggior numero di strumenti che siano in grado di rivelare i parametri vitali, i sintomi e i segni. Continuando con l’assistenza e il tele-monitoraggio a distanza con strumenti di telemedicina e di teleconsulto».

Cosa deve restare delle modalità pre-Covid?

«Cosa deve restare? L’assistenza ai pazienti fragili, ma ai quali bisogna garantire non l’assistenza formale, spesso inutile, di un medico o di un infermiere. Ma tutti quegli strumenti che aiutano il paziente senza spostarsi dal proprio domicilio, ad avere una relazione positiva. È chiaro che il contatto fisico diretto con il paziente non può essere sostituito, perché è un contatto relazionale. Perché riguarda la relazione diretta e la capacità di comunicare del paziente che ovviamente non può essere sostituita, non al 100% ma nemmeno all’80%, dalla presenza fisica. Però sia chiaro, la visita domiciliare spesso era un atto retorico, che veniva fatto per rassicurare. Covid-19 ci ha dimostrato che può essere efficacemente sostituita da molti altri strumenti e che la maggior parte delle volte entrare in una casa, che non era un accesso sicuro senza dispositivi di protezione individuale, può essere oggi affiancato, non sostituito, da tecniche che abbiamo imparato e che stiamo sviluppando in maniera sempre più efficace».

Anche la gestione dei farmaci è cambiata, presidente Cricelli

«Tra le novità più importanti accadute in questi mesi, da una parte la dematerializzazione della ricetta, cioè la scomparsa della ricetta fisica e del viaggio che il paziente doveva fare per farsela prescrivere, andare a ritirarla e poi andare a prendere i farmaci. L’altra grande cosa che è avvenuta è che quel sistema per cui alcuni farmaci potevano essere prescritti solo dallo specialista in qualche maniera è stato sospeso. I piani terapeutici sono stati affidati alla medicina generale perché li prolungasse e, sopratutto, alcune classi di farmaci in particolare i farmaci anti-coagulanti orali sono stati temporaneamente affidati alla prescrizione del medico di famiglia».

Come hanno reagito i medici di famiglia?

«Questa è una novità assoluta, ma ha posto un altro problema: come fanno i medici a prescrivere dei farmaci che non conoscono? Quindi si è aperta anche la immediata necessità di cominciare la formazione e l’informazione su questi farmaci nuovi da parte delle aziende farmaceutiche, nei confronti dei medici di famiglia. Noi abbiamo sostenuto un principio: non bisogna prescrivere a tutti i costi solo perché ti è consentita la prescrizione, si prescrive solo quando il medico è ben informato e ben formato, conosce perfettamente quei farmaci, è in grado di prescriverli con sicurezza al paziente. Quindi il percorso che abbiamo delineato è: innanzitutto formare i medici su molecole che noi non conosciamo e che prima venivano prescritte solo dagli specialisti e dall’ospedale, solo quando il medico avrà acquisito una sufficiente consapevolezza e conoscenza potrà cominciare a prescriverli in sicurezza per sé e per i suoi pazienti. Ed è un percorso che con Aifa abbiamo già attivato e che sarà destinato nell’immediato futuro ad essere esteso ad altri farmaci, come per esempio i farmaci anti-diabetici e i farmaci per il trattamento della Bpco».

 

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