Secondo FederAnziani ancora manca una linea di sviluppo che renda l’invecchiamento attivo un obiettivo strategico
Volontariato, partecipazione sociale, cura della famiglia, cultura, viaggi: i senior di oggi sono sempre più attivi. Frequentano i social network, comunicano con i nipoti in video conferenza, con gli amici, si conoscono, s’innamorano e si sposano anche in terza età. La spesa degli over 65 in Italia è stimata in 200 miliardi. Ogni anno i senior trasferiscono 38,2 miliardi alle famiglie di figli e nipoti per aiutarle. Ma quando si parla di invecchiamento attivo lo scenario – va detto – è pur sempre di luci e ombre. C’è ancora molto da fare sul piano politico: occorre ancora promuovere una linea di sviluppo strutturale e nazionale. È questo il quadro che emerge in occasione di quella che alcune Regioni del nostro paese hanno già eletto come la Giornata dell’Invecchiamento Attivo. E’ oggi 22 aprile, ricorrenza della nascita di Rita Levi Montalcini.
«Da destinatari a soggetti attivi del volontariato: è questa una piccola rivoluzione avvenuta negli anni. Gli anziani di oggi – spiega FederAnziani in una nota – rispetto al passato, sono sempre più propensi a dedicare con passione il proprio tempo per aiutare gli altri. Oggi uno su 10 (il 9,8%) svolge attività di volontariato, con un trend in aumento. Più uomini (11,4 %) che donne (8,5 %), con numeri più alti nel Nord rispetto al Sud (dati ISTAT, “Invecchiamento attivo e condizioni di vita degli anziani in Italia”, 2020). Un dato in crescita secondo l’Istat, e significativo in un’età che vede anche una maggiore diffusione delle malattie croniche e della fragilità. La maggioranza di loro svolge un’attività che rientra nei tecnici dei servizi sociali (38,1%): il 23% come assistenti sociali, mediatori culturali, educatori e il 15,1 % come volontari tecnici delle attività religiose e di culto (catechisti, assistenti liturgici, animatori). Ma non solo, spesso l’impegno nel volontariato avviene come contabili e organizzatori (14,0 %), istruttori di discipline sportive (9,3 %), o come operatori sanitari specializzati (4,3 %). Un impegno che testimonia la volontà di contribuire alla vita sociale mettendo a frutto le proprie competenze, a cui si affianca l’impegno nella casa, nell’accudimento, spesso, di un coniuge e, ancora più spesso, dei nipoti. Il che non significa, necessariamente, rinunciare anche alla propria quota di tempo libero: sempre secondo l’ISTAT, l’11,7% degli anziani praticano attività fisica, a volte con una costanza e una dedizione che fa invidia ai loro nipoti».
«Non solo balli e corsi di ginnastica. Oggi i centri anziani sono sempre più la testimonianza di una voglia di aggregazione, da una parte, di impegno sociale, ma anche di formazione continua. Corsi che vanno dall’educazione digitale ai temi della salute, delle malattie croniche, dei sani stili di vita. I centri anziani – continua – cercano di essere oggi sempre più dei moderni luoghi di socializzazione a misura di un’età silver tendenzialmente più attiva e curiosa che in passato. Una rete solida, che non si arrende neanche di fronte alle avversità. E’ l’esempio di quanto è avvenuto con la pandemia che ha visto, da un lato, gli anziani come soggetti più vulnerabili. Dall’altro anche come i più resilienti, con i centri anziani che hanno saputo subito riorganizzarsi mettendosi in rete attraverso le tecnologie digitali. Riprogrammando le proprie attività, i corsi, attraverso le piattaforme di video conferenza, esattamente come i nonni hanno imparato ad usare questi canali nelle fasi di isolamento per restare in contatto con figli e nipoti». Fino a diventare protagonisti dei social, anche più dei loro nipoti, imparando ad usarli con pertinenza. E’ l’esempio dei video dell’iniziativa “Guerra di ieri e di oggi”, promossa da Senior Italia FederAnziani, in cui alcuni anziani raccontano sui social l’orrore della guerra che hanno vissuto da bambini in un ponte ideale con la tragedia che si vive oggi in Ucraina, per dire basta a tutte le guerre.
«Più attivi e più presenti nella società: lo dicono anche i numeri dell’economia. I senior oggi vivono più a lungo perché vivono meglio – prosegue – per questo avremo un +63,1% di Over 65 nei prossimi 20 anni. Sono longevi ma anche attivi, tanto che oltre 7 milioni di anziani contribuiscono con proprie risorse economiche al benessere della famiglia, di figli e nipoti, e il valore del loro sostegno alle famiglie dei figli ogni anno, in forma diretta o di acquisti di beni necessari, prodotti e servizi, è pari a 38,2 miliardi. Il 39,9% del totale della ricchezza posseduta dalle famiglie è nelle mani degli over 65. La spesa degli over 65 nel nostro Paese viene stimata in 200 miliardi, ovvero un quinto dell’intero ammontare dei consumi delle famiglie, cifra che entro il 2030, secondo le proiezioni di Confindustria, dovrebbe salire al 25% del totale e nei successivi venti anni al 30%. Negli ultimi cinque anni abbiamo avuto un +38,4% di over 65 che sono andati in vacanza e il +112,3% di loro che ha viaggiato per lavoro. I nonni italiani sono i più occupati in Europa nella cura dei nipoti, mentre i genitori lavorano, durante i loro impegni, nei momenti di emergenza, quando i bambini sono malati, e 27,6 miliardi di euro annui è il valore di questo baby-sitting, un lavoro non pagato che è parte di una vera e propria economia sommersa, decisiva per il nostro paese dato che rappresenta il pilastro del welfare. Tutto questo e altro va considerato quando si parla di Senior Economy (Silver Economy), ovvero economia della longevità, quell’insieme di beni, servizi, consumi, stili di vita che ruotano attorno a questo universo sempre più dinamico, pari a 4.200 miliardi di Prodotto Interno Lordo e 78 milioni di occupati nei vari settori in tutta Europa».
«Quella dell’invecchiamento attivo è una sfida che risponde oggi non solo a un’esigenza della collettività, sul piano socioeconomico e culturale, ma anche a un bisogno specifico degli individui che chiedono di poter essere sempre più attivi in terza età e per questo di aggiungere qualità della vita agli anni – dichiara la Presidente Senior Italia FederAnziani Eleonora Selvi -. C’è ancora molto da fare su questo fronte. È necessario, anzitutto, attivare politiche per l’invecchiamento attivo a livello nazionale e in tutte le regioni, che prevedano strumenti di programmazione, coordinamento e monitoraggio di tali politiche, con il coinvolgimento di tutte le istituzioni e delle organizzazioni pertinenti. Bisogna valorizzare i luoghi di aggregazione, promuovere una progettazione urbanistica inclusiva che favorisca l’invecchiamento attivo. Occorre incentivare il volontariato, il lavoro dei senior con la possibilità di prevedere delle formule di reinserimento lavorativo che consentano la trasmissione di expertise verso le giovani generazioni. Parallelamente, promuovere il contrasto dell’esclusione sociale e della povertà come parte integrante di queste politiche. È la sfida del nostro tempo, e l’unica risposta possibile è quella di inserire il concetto di invecchiamento attivo in tutte le politiche pubbliche come un obiettivo strategico al fine di armonizzare la società e l’economia con i mutamenti demografici e garantire una società per tutte le età».
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