In particolare per chi soffre di diabete il rischio aumenterebbe del 41%, del 48% per coloro che hanno carenza di alcune proteine nel fluido cerebrospinale. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista JAMA Network Open
Diabete e carenza di alcune proteine nel fluido cerebrospinale accelerano l’invecchiamento. A scoprirlo sono stati gli esperti della Johns Hopkins University, lavorando con la coorte Biomarkers for Older Controls at Risk for Dementia (BIOCARD). In particolare per chi soffre di diabete il rischio aumenterebbe del 41%, del 48% per coloro che hanno carenze proteiche. Lo studio, pubblicato sulla rivista JAMA Network Open, rivela come alcuni fattori siano collegati ad una più rapida riduzione del volume cerebrale e ad una progressione più veloce dalle normali capacità cognitive al declino cognitivo lieve (MCI).BIOCARD è stato avviato presso i National Institutes of Health nel 1995, per poi proseguire presso la Johns Hopkins University dal 2015 al 2023.
In totale hanno partecipato 185 persone con un’età media di 55 anni, 116 donne (63%) e 69 uomini (37%), tutte cognitivamente normali all’inizio dello studio. Tra questi, 60 partecipanti hanno sperimentato la progressione verso l’MCI durante il periodo di follow-up, inclusi otto che hanno sviluppato demenza dopo l’insorgenza dei sintomi dell’MCI. I partecipanti hanno effettuato scansioni cerebrali e test del liquido cerebrospinale per 20 anni, misurando i cambiamenti nelle strutture cerebrali e i livelli delle proteine associate all’Alzheimer. I risultati hanno mostrato che alti tassi di riduzione della materia bianca e l’allargamento dei ventricoli cerebrali (spazi pieni di liquido) erano predittori significativi di una progressione precoce verso il declino cognitivo.
Nello specifico, l’atrofia della materia bianca era associata ad un rischio maggiore dell’86% e l’allargamento ventricolare a un rischio maggiore del 71% di progredire verso l’MCI. Gli individui con diabete hanno mostrato un rischio medio maggiore del 41% di passare da una cognizione normale all’MCI rispetto a quelli senza diabete. E ancora, un basso rapporto tra i peptidi amiloidi β Aβ42 e Aβ40 nel liquido cerebrospinale era associato ad un rischio maggiore del 48% di sviluppare l’MCI. Quando i partecipanti presentavano sia il diabete, sia un basso rapporto Aβ42/Aβ40, il loro rischio di progredire verso l’MCI aumentava del 55%, dimostrando che questi due fattori insieme accrescono significativamente la probabilità di declino cognitivo. Questi risultati indicano che, riconoscendo la presenza di un rischio elevato, è possibile ottimizzare strategie di intervento preventivo per ritardare o auspicabilmente prevenire l’insorgenza del declino mentale.
“Questa analisi ha caratterizzato i tassi di variazione dei volumi anatomici del cervello nel tempo e le loro associazioni con i fattori di rischio vascolare e i biomarcatori del liquido cerebrospinale per la patologia della malattia di Alzheimer, nonché le capacità di queste misure di stimare la progressione dalla cognizione normale all’MCI”, scrivono i ricercatori nelle conclusioni della pubblicazione. Andando oltre i risultati studi precedenti, questa ricerca “ha dimostrato che gli individui con tassi di variazione più elevati nei volumi della sostanza bianca avevano maggiori probabilità di sviluppare l’insorgenza dei sintomi dell’MCI nel tempo. Questi risultati evidenziano che i cambiamenti di volume della sostanza bianca sono strettamente associati alla funzione cognitiva nell’invecchiamento, suggerendo che la degenerazione della sostanza bianca può svolgere un ruolo cruciale nel declino cognitivo”, aggiungono gli studiosi. Le conclusioni dei ricercatori evidenziano, dunque, “l’importanza di identificare gli individui che hanno un’accelerazione dell’atrofia cerebrale, così da ottimizzare le strategie preventive per la progressione verso l’MCI”.
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