La storia di Fulvio D.A., soggetto ad altissimo rischio rimasto paucisintomatico: «Quell’ora di trattamento ha cambiato il mio destino»
Lo sa bene il rischio che ha corso Fulvio D.A., cinquantenne napoletano impiegato in una ditta edile. Lo aveva capito subito che quei brividi di freddo all’improvviso, in piena notte, di ritorno da una trasferta di lavoro, potevano significare un punto di non ritorno per chi, come lui, l’ago della bilancia non lo vedeva scendere da tempo sotto i 130 chili.
Fulvio D.A. ha fiducia nella scienza, nella medicina ufficiale, e si mantiene informato: motivo per cui sa bene che le sue condizioni fisiche rappresentano una delle più frequenti cause di decesso in caso di infezione da Covid-19. E oggi sa anche che probabilmente deve alla scienza e alla ricerca il fatto di aver superato la malattia indenne, praticamente asintomatico, grazie alla terapia con gli anticorpi monoclonali. Il destino ha voluto che lui fosse un candidato ideale da sottoporre al trattamento: contagiato, con alto fattore di rischio, ma in condizioni ancora discrete. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per ascoltare la sua esperienza.
«Non so come abbia fatto a contrarre il virus, sono sempre stato attento – esordisce -. Fatto sta che nella notte tra il 30 e il 31 marzo ho iniziato ad avere dei brividi di freddo, inconfondibili: ero febbricitante. Il termometro segnava 38.5, ho preso una Tachipirina e la mattina sono andato immediatamente a fare un tampone. Che è risultato positivo. Mi metto subito in quarantena, fortunatamente ho un appartamento piuttosto grande e ho potuto isolarmi. Sono riuscito a non contagiare nessuno, né i miei colleghi né mia moglie, e questo è stato un grande sollievo».
«Sono stato subito assistito da remoto dal mio medico di famiglia e in presenza dalle USCA, in modo puntuale e costante. La mia saturazione si stava un po’ abbassando – continua a raccontare – e sono stato aiutato con una bombola di ossigeno, probabilmente anche in quanto soggetto a rischio: peso 130 chili, rientro quindi nella categoria degli obesi».
«Questo fattore, unito al fatto che non presentavo ancora sintomi severi, ha fatto sì che il personale USCA facesse richiesta per candidarmi al trattamento a base di anticorpi monoclonali. La mattina dopo – prosegue – sono stato contattato dall’Ospedale del Mare di Napoli per l’adesione al trattamento. Non ci ho pensato due volte a rispondere di sì: ho sempre avuto fiducia nella scienza, e nelle mie condizioni sapevo che potevo solo trarne giovamento. Insomma – osserva – se avevo un’occasione per non rischiare di finire intubato da lì a pochi giorni, era quella. Meglio coglierla al volo. Il giorno dopo sono stato prelevato da un’ambulanza e portato all’Ospedale del Mare».
«È stato rapido e indolore – afferma Fulvio D.A. -. Mi hanno praticato l’infusione tramite flebo, è durata un’oretta. Successivamente sono stato un paio d’ore sotto controllo, con l’infermiere seduto di fronte a me, per accertarsi che non insorgessero effetti collaterali. Passate le due ore, sono stato riaccompagnato a casa con l’ambulanza. Dopodiché sono stato bene».
«È vero, ero paucisintomatico prima di iniziare il trattamento. Ma innanzitutto, date le mie condizioni è probabile che mi sarei aggravato. Ma la cosa per me sorprendente è stata che nel giro di pochissimi giorni mi sono negativizzato. La maggior parte delle persone che conosco – osserva – che ha contratto il Covid in maniera anche asintomatica o paucisintomatica, ha impiegato settimane per vedere finalmente il tampone negativo. Ad oggi semplicemente mi è stato sconsigliato di fare attività fisica per un po’ e di adottare alcuni accorgimenti nella posizione durante il sonno, per non stressare i polmoni e favorire l’ossigenazione. Ma sto bene – aggiunge – e sono guarito senza complicazioni: una rarità per un soggetto fragile come me. E tutto questo lo devo alla ricerca. Il vaccino? Mi hanno detto che in quanto paziente Covid dovrò aspettare alcuni mesi – conclude – ma appena sarà il mio turno correrò a farlo. Qualunque esso sia».
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