Il Vice Presidente della Società Europea di Cardiologia Josè Luis Zamorano all’Exchange Meetings 2020 a Madrid: «L’età del possibile evento cardiaco si abbassa all’aumentare del colesterolo nel sangue. Occorre controllare il livello nel sangue con statine e altri farmaci». I costi sanitari per le malattie cardiovascolari ammontano a 111 miliardi di euro all’anno nel Vecchio Continente
Le malattie cardiovascolari continuano ad essere una delle principali cause di mortalità nel mondo. Basti pensare che ogni anno muoiono per queste patologie quattro milioni di persone nella sola Europa. Il problema non è ormai più solo un tema medico, ma anche di costi sanitari che ammontano a 111 miliardi di euro all’anno nel Vecchio Continente per la presa in carico delle persone colpite da queste patologie.
L’unico modo per fronteggiare la minaccia cardiovascolare è ridurre i fattori di rischio, laddove possibile. A lungo si è parlato di uno dei fattori di rischio principali, il colesterolo, anche se negli ultimi anni l’attenzione su questo aspetto sembra essere un po’ scemata. Anche di questo si è discusso a Madrid in occasione dello Scientific Exchange Meetings 2020 organizzato dalla casa farmaceutica nipponica Daiichi Sankyo.
La connessione tra colesterolo e problemi cardiaci è ormai un fatto acclarato: secondo i dati dell’OMS nel mondo un terzo degli attacchi ischemici sono attribuiti all’eccesso di colesterolo LDL nel sangue e l’ipercolesterolemia causa 2,6 milioni di morti nel mondo (il 4,5% dei morti).
Il colesterolo LDL (quello “cattivo”) è direttamente implicato nello sviluppo dell’aterosclerosi, malattia molto pericolosa che colpisce le arterie: i dati sottolineano che una persona su sette in Europa ha un alto livello di colesterolo LDL.
«La aterosclerosi è una delle malattie più pericolose che ci sono perché ha un’alta mortalità e la dislipidemia ha un ruolo molto importante nella genesi della placca: per questo è uno dei fattori di rischio più importanti – spiega a Sanità Informazione Josè Luis Zamorano, Vice Presidente della Società Europea di Cardiologia -. I pazienti con rischio alto o molto alto sono chiamati a mantenere basso il livello di colesterolo LDL nel sangue. Inoltre l’età del possibile evento cardiaco si abbassa all’aumentare del colesterolo nel sangue».
Ma chi sono le persone ad alto rischio? A stabilirlo è uno SCORE (Systematic Coronary Risk Estimation) una mappa del rischio che permette di sapere con precisione i soggetti che hanno più probabilità di sviluppare la malattia.
«Le ultime evidenze sottolineano che nei pazienti con rischio alto e molto alto il colesterolo LDL deve essere sotto i 55 mg per decilitro e deve essere ridotto del 50% rispetto al valore di partenza» sottolinea Zamorano. In base a questa mappa le persone con un rischio molto alto (superiore al 10%) sono quelle che hanno una aterosclerosi documentata, una familiarità, una stabile angina pectoris, che hanno avuto un ictus o una ischemia transitoria, che soffrono di diabete e hanno degli organi danneggiati.
Ad alto rischio sono invece coloro che hanno familiarità, un colesterolo totale maggiore di 310 mg per decilitro, una pressione maggiore di 180/110 e un colesterolo LDL maggiore di 190 mg per decilitro. Inoltre anche chi soffre di diabete da più di dieci anni. Il rischio è moderato per chi, soprattutto sotto i 50 anni, ha il diabete da meno di dieci anni senza altri fattori di rischio.
Chi è classificato tra quelli che hanno un rischio alto o molto alto deve tenere a bada il colesterolo LDL in primis con una dieta corretta e poi con un trattamento farmacologico adeguato. «Al momento la cura principale è rappresentata dale statine da prendere alla più alta dose tollerata. Qualora non si raggiungano i risultati sperati, si può pensare ad un’azione combinata con ezetimibe e all’impiego degli inibitori PCSK9» spiega ancora Zamorano.
Tuttavia recenti studi hanno evidenziato che il 70-80% dei pazienti che prendono le statine non riesce a raggiungere i risultati sperati nel contenimento del colesterolo LDL. La colpa è principalmente degli effetti collaterali, che costringono a ridurre la dose di statine: dagli effetti muscoloscheletrici alla mialgia fino alla cefalea senza contare coloro che sono allergici alle statine. Su questo fronte una speranza arriva dall’acido bempedoico, una molecola che riduce la sintesi del colesterolo da prendere sempre in associazione alle statine e indicato per le persone con rischio alto e molto alto. Dagli studi finora effettuati sembra avere una tollerabilità maggiore di queste agendo su fattori diversi. Il farmaco è al momento in attesa del via libera alla commercializzazione dall’EMA e dalla FDA americana.
Pochi giorni fa il Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) ha espresso parere positivo per l’autorizzazione all’immissione in commercio sia dell’acido bempedoico che dell’associazione fissa di acido bempedoico/ezetimibe.
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