Salute 9 Aprile 2025 10:09

Ipoacusia, chi ne soffre ha un rischio maggiore di insufficienza cardiaca

Lo dimostra uno studio su oltre 160mila persone seguite per 11 anni e mezzo: i livelli di ipoacusia sono significativamente associati al rischio di sviluppare la patologia soprattutto nei partecipanti che non portano apparecchi acustici
Ipoacusia, chi ne soffre ha un rischio maggiore di insufficienza cardiaca

Avere difficoltà ad ascoltare l’altro non significa solo rischiare l’isolamento sociale. La perdita dell’udito può avere conseguenze anche sulla salute fisica, in particolare su quella del nostro cuore. Un ampio studio a lungo termine, pubblicato sulla rivista Heart e condotto presso la Southern Medical University a Guangzhou, in Cina, ha dimostrato che la perdita dell’udito è legata ad un rischio maggiore di sviluppare insufficienza cardiaca. I ricercatori hanno attribuito un ruolo chiave, nell’associazione osservata, al disagio psicologico causato dal problema di udito. Le conclusioni degli scienziati chiamano in causa un’ampia fetta della popolazione se si considera che l’ipoacusia è un problema sempre più comune, soprattutto con l’avanzare dell’età. Secondo i più recenti dati del Censis, in Italia, la prevalenza dei problemi uditivi è stimata intorno al 12,1% della popolazione, circa sette milioni di italiani con ipoacusia, con una significativa differenziazione tra le classi di età e un aumento significativo con l’invecchiamento (da percentuali che non superano il 10% della classe di età 13- 45 anni al 25% di chi ha dai 61 agli 80 anni, fino al 50% tra gli over 80).  Gli studiosi evidenziano, inoltre, anche un parallelo aumento della prevalenza dell’insufficienza cardiaca, che colpisce circa 64 milioni di persone in tutto il mondo.

Altri fattori di rischio: isolamento sociale e disagio psicologico

Per esaminare il legame tra perdita dell’udito e insufficienza cardiaca, i ricercatori hanno usato i dati di 164.431 individui contenuti nella UK Biobank, 4.369 dei quali usavano apparecchi acustici. L’età media dei partecipanti era di 56 anni, tra cui 89.818 (circa il 55%) donne, e nessuno soffriva di insufficienza cardiaca. Ad ognuno è stata misurata la capacità uditiva attraverso specifici test. I 160.062 partecipanti che non portavano apparecchi acustici sono stati suddivisi in tre gruppi in base ai risultati ottenuti dai test audiometrici. Nel primo gruppo sono confluiti le persone con una performance uditiva ‘normale’, ovvero 140.839 pari all’88% del totale. Il secondo gruppo, classificato come ‘insufficiente’ ha raccolto 16.759 individui, il 10,5%. La prestazione uditiva di 2.464, il 1,5%, è stata, infine, classificata come ‘scarsa’. I ricercatori hanno tenuto conto anche dell’isolamento sociale e del disagio psicologico, nonché della tendenza alla depressione di tutti i soggetti coinvolti nello studio.

Meno a rischio chi utilizza un apparecchio acustico

Tutti i partecipanti sono stati seguiti per circa 11 anni e mezzo. Durante questo periodo, 4.449 (quasi il 3%) dei partecipanti hanno sviluppato un’insufficienza cardiaca. I livelli di ipoacusia erano significativamente associati al rischio di sviluppare la patologia nei partecipanti che non portavano apparecchi acustici. Rispetto ai soggetti con udito normale, il rischio di sviluppare un’insufficienza cardiaca era rispettivamente del 15% e del 28% maggiore per coloro che avevano un udito insufficiente e scarso. Sono risultati influenti anche altri fattori come: l’isolamento sociale, il disagio psicologico e la tendenza a depressione, specie nei partecipanti che non indossavano apparecchi acustici, rappresentando rispettivamente il 3%, il 17% e il 3% dell’aumento del rischio di sviluppo di insufficienza cardiaca. Secondo i ricercatori la perdita dell’udito può essere considerata “un fattore predittivo precoce e sensibile di malattie cardiovascolari, compresa l’insufficienza cardiaca”.

 

 

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