Secondo un documento dell’Iss, sono quattro gli scenari possibili per l’epidemia in inverno. Il 3, in cui ci troviamo ora, significa iniziali segnali di sovraccarico per il sistema sanitario e chiusure locali da prevedere. Quando aspettarsi il 4?
Durante l’ultima conferenza congiunta tra Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità sul monitoraggio del contagio, il direttore dell’Iss Silvio Brusaferro ha parlato di “scenario 3” in riferimento all’Italia. La definizione parte da un documento di classificazione preparato dall’istituto e diffuso agli inizi di ottobre, che delinea quattro fondamentali situazioni di diffusione del virus. Il numero 3 è considerato di gravità “medio-alta” e originariamente individuato per una fase invernale più avanzata. L’epidemia in questo sembra aver sorpreso molti: solo a inizio mese, infatti, l’Italia era appena entrata nello “scenario 2” e si pensava certamente di avere più tempo.
La classificazione pensata dall’Iss si basa prima di tutto sull’indice Rt, il tasso di riproduzione del virus. Ovvero quante persone è in grado di contagiare una persona infetta. Sappiamo che, per essere sotto controllo, bisogna che si mantenga sotto l’1 ma in Italia questa soglia è stata sorpassata da almeno tre settimane. Attualmente l’indice si aggira intorno all’1,5 in quasi tutte le Regioni, superandolo in alcune. Mentre la media nazionale resta di poco sotto.
Lo “scenario 3” delineato da Brusaferro prevede, secondo il documento, una «limitata capacità di limitare il potenziale di trasmissione di Sars-CoV-2 con misure di contenimento/mitigazione ordinarie e straordinarie». La crescita dei casi è classificata come più rapida, ed è infatti da tre settimane che i numeri raddoppiano. Quella «crescita esponenziale» riportata anche da Oms ed Ecdc. In aggiunta una «mancata capacità di tenere traccia delle catene di trasmissione», testimoniata dal 33% dei nuovi contagiati privi di link epidemiologico secondo le stime. A significare che molti cluster sfuggono all’individuazione del contact tracing.
Infine «iniziali segnali di sovraccarico dei servizi assistenziali, in seguito all’aumento di casi a gravità clinica elevata». Anche in questo caso, sebbene il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia assicuri che 10mila nuovi posti in terapia intensiva sono attivabili da subito, gli ospedali italiani annunciano il sovraccarico. Molti sono tornati Covid Hospital, sospendendo per la seconda volta le attività regolari. Altri, come il Cotugno di Napoli, hanno annunciato il “tutto pieno” e dirottato i malati su altre province.
Nel documento Iss si specifica che, con l’andamento previsto per questo scenario, il sovraccarico dei servizi dovrebbe avvenire in 2-3 mesi di crescita costante. «Qualora l’epidemia – si aggiunge – dovesse diffondersi prevalentemente tra le classi di età più giovani, come osservato nel periodo luglio-agosto 2020, e si riuscisse a proteggere le categorie più fragili (es. gli anziani), il margine di tempo entro cui intervenire si potrebbe allungare anche di molto». Nonostante l’età media si stia rialzando, per il momento le categorie più fragili sembrerebbero in gran parte preservate dalla seconda ondata. È a questo – e non, come erroneamente si era attribuito, a un virus “più mansueto” – che si deve il numero per ora ancora controllato di decessi. A fronte di oltre 26mila contagi, ieri i morti sono stati 211.
Le attività del governo, in collaborazione con il Comitato tecnico-scientifico, vanno ora nella direzione prevista dal documento. «È presumibile – si legge infatti – che molte Regioni/PA siano classificate a rischio alto, anche se sono possibili situazioni di rischio inferiore, almeno se si dovesse riuscire a limitare la trasmissibilità nelle aree con trasmissione sostenuta in un breve periodo, limitando quindi la trasmissione interregionale». Negli ultimi giorni le indiscrezioni vorrebbero Giuseppe Conte allo studio di nuove limitazioni per le attività commerciali e di un’ulteriore pressione per lo smart-working, ma rimanendo cauto sul lockdown. Sulle chiusure ora la scelta è affidata ai governatori regionali e ai sindaci: al centro della cronaca restano Milano e Napoli.
«Se la situazione di rischio alto dovesse persistere per un periodo di più di tre settimane, si rendono molto probabilmente necessarie misure di contenimento più aggressive», conclude il documento. La prima settimana di novembre sarebbe la terza in crescita costante.
Cosa succede se si arriva allo “scenario 4”? Se i valori di Rt regionali dovessero risultare in modo prevalente e significativo superiori a 1,5, si entrerebbe ufficialmente nello scenario più grave. Questa situazione è la più simile a quella dello scorso marzo. Sovraccarico dei servizi sanitari e assistenziali, fallimento del contact tracing e crescita elevata. Il punto di non ritorno in questo caso potrebbe essere raggiunto in un mese e mezzo massimo. Anche proteggere gli anziani si rivelerebbe impossibile, dati i valori di trasmissibilità.
Lo “scenario 4” sarebbe l’anticamera al lockdown generale come unico modo per rallentare la curva epidemiologica. Le scuole tornerebbero a chiudere definitivamente e la mobilità ad essere limitata. I luoghi più esposti potrebbero diventare zone rosse localizzate fino all’estensione provinciale e regionale delle chiusure. Ora l’obbiettivo delle restrizioni resta addolcire la curva e guadagnare tempo.
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