Non succedeva dal 1920 con l’influenza spagnola. La metà delle morti si concentra al Nord. A novembre e dicembre il grande calo di nuove nascite. Si riducono anche i matrimoni al -50,3%
La demografia dell’Italia 2020 parla chiaro. I dati dell’Istat raccontano un evento senza precedenti che ha cambiato ritmi e vite che sembravano ormai collaudati da tempo. Il Covid-19 ci ha costretti a guardare cifre che relegavamo ad almeno 100 anni fa. Lo scorso anno in Italia ci sono stati oltre 700mila morti, l’ultima volta era successo nel 1920. Prima ancora durante la Seconda Guerra Mondiale. A bilanciarli solo 400mila nuovi nati, il numero più basso dall’unità d’Italia.
Quel divario di 300mila unità era stato così profondo solo nel 1918, durante un evento estremamente simile a quello che stiamo vivendo. L’epidemia di influenza spagnola che uccise da sola la metà di quei 1,3 milioni di morti.
Nel commento al rapporto in uscita, Gian Carlo Blangiardo sottolinea come la cifra di 700mila è una stima fatta sui 665mila calcolati e 62mila attribuibili al mese di dicembre. Ciò «porta a prospettare un totale di 726mila decessi su base annua, che corrispondono a una media giornaliera di 1990 casi nel 2020». Con 223 unità in più rispetto al quinquennio precedente.
Anche le differenze regionali, ormai solidificatesi durante gli anni, hanno mostrato di aver subito gli effetti del Covid-19. Se prima il Nord concentrava il 47% delle morti annuali in Italia, nel 2020 si è arrivati al 50,5%. Il Centro ha invece perso 1,3 punti percentuali (era a 20%) e il Sud 2,4 dal 33%.
Per i nuovi nati, «già le risultanze del periodo gennaio-agosto 2020, ossia gli esiti dei concepimenti orientativamente avvenuti – senza alcuna influenza di Covid-19 – nel periodo che va da aprile a novembre del 2019, testimoniano un calo di nati del 2,3%». Un andamento che, mantenuto per il bimestre settembre-ottobre, porterebbe il totale dei nati nei primi 10 mesi del 2020 a 343mila. La vera incognita sono novembre e dicembre, gli unici mesi davvero segnati dall’effetto pandemia sulla fecondità della popolazione.
Era successo già con Chernobyl, quando la nube tossica aveva fatto scendere drammaticamente le nascite nel 1987 per paura degli effetti. Dunque un calo in quei mesi è atteso. «Un valido indizio in tal senso viene fornito da un resoconto provvisorio su un insieme di quindici grandi città per le quali si ha la disponibilità di un dato anagrafico completo e attendibile per l’intero anno 2020 (Figura 2). Nell’ambito di tale insieme, che aggrega circa 6 milioni di residenti e ha dato luogo nel 2019 al 10,6% dei nati in Italia, la frequenza di eventi nel corso del 2020 è diminuita mediamente del 5,21%». Con un calo medio del 3,25% nei primi dieci mesi e un vertiginoso 8,21 a novembre che arriva a un 21,63% a dicembre.
Una drastica riduzione è stata rilevata anche nella migrazioni, con un -17,4%. Una riduzione del 6% degli spostamenti interni rispetto al quinquennio 2015-19 e del 42% e 12% di quelli da e per l’estero. L’unica in controtendenza è la percentuale del Regno Unito, che arriva a +62,8%, probabilmente «dovuto alle regolarizzazioni indotte dalla brexit».
I primi dati sulla nuzialità, disponibili in via provvisoria per il periodo gennaio-ottobre, segnalano per il 2020 circa 85mila matrimoni, a fronte dei 170mila nei primi dieci mesi del 2019 e dei 182mila nello stesso intervallo del 2018. La variazione negativa del numero di matrimoni è stata nel complesso del 50,3% – rispetto al 2019 e a parità di periodo – ma il calo raggiunge la punta del 69,6% se ci si limita a quelli religiosi. Al Sud la riduzione più importante, dove ha avuto effetto l’importante ridimensionamento delle unioni religiose.
Con annesso il rinvio dei concepimenti che ha caratterizzato il 2020 e probabilmente anche il 2021 «si forma la piena convinzione che, a meno di inaspettati e improbabili fattori a supporto della fecondità, difficilmente si ci potrà sollevare in tempi brevi dalla soglia dei 400mila nati toccata nel 2020. In realtà, il timore è che il confine possa ancor più discostarsi, sempre al ribasso, nel bilancio finale del 2021».
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