Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte in Italia. Intervista a Ciro Indolfi, Presidente della Società Italiana di Cardiologia, che ci spiega tutti i rischi di chi assiste con particolare trasporto ad una finale e di chi pratica sport dilettantistico senza l’adeguata preparazione
L’Italia è campione d’Europa. Battuta in finale l’Inghilterra ai rigori. Una gioia enorme, un’emozione indescrivibile per gli appassionati di calcio del nostro Paese che non provavano qualcosa del genere dal 2006. Un’emozione, però, che può generare disturbi cardiovascolari anche gravi nei soggetti predisposti. Ma come fare per evitare che uno stress per il nostro apparato cardiocircolatorio ci rovini la festa (e la vita)?
«La nostra esperienza –, spiega Ciro Indolfi, presidente SIC (Società Italiana di Cardiologia) –, ma anche la letteratura sul tema, ci dicono che durante una partita importante i casi di infarto miocardico acuto aumentano. Ciò accade in particolare in soggetti con malattia coronarica aterosclerotica nei quali un forte stress emotivo provoca il rilascio di catecolamine (adrenalina e noradrenalina) che a loro volta provocano un aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca. Questa condizione può portare, in alcuni casi ed eventi acuti come un infarto o una aritmia».
Una metanalisi ha dimostrato che gli spettatori di partite di calcio hanno avuto un aumento del rischio di infarto miocardico fatale e non fatale ma non di ictus acuto. Mentre uno studio effettuato in Nuova Zelanda durante i tornei di Coppa del Mondo di Rugby ha dimostrato un aumento del 20% dei ricoveri per sindrome coronarica acuta nonché un aumento dei ricoveri per scompenso cardiaco.
Ma l’aumento delle catecolamine che si associa ad uno stimolo così forte, come può essere la partecipazione emotiva ad un evento come le partite della nazionale italiana, può portare problemi solo a persone predisposte, cioè in soggetti con stenosi coronariche chiamate vulnerabili o instabili nei quali si può formare un trombo acuto in seguito ad aggregazione piastrinica.
Certo, magari si potrebbe non essere consapevoli di essere predisposti a questo tipo di problemi. In questo caso, è bene analizzare la propria situazione anche con l’aiuto di un medico: «Fumatori, diabetici, persone (tendenzialmente di sesso maschile) con colesterolo alto o ipertese, ma anche e soprattutto chi ha avuto già un evento di questo tipo, come un infarto, devono sapere che sono a rischio cardiovascolare più alto se partecipano ad un evento che genera una forte compromissione emotiva». Per questo l’attenzione deve essere massima.
Un altro fattore importante, però, è il grado di partecipazione all’evento. Per dire, c’è chi guarda una partita dell’Italia con il fiato sospeso, che non stacca gli occhi dallo schermo, che ieri sera ai rigori ha esultato come se avesse vinto 100 milioni di euro al Superenalotto, e chi lo fa con distacco, magari giocando nel frattempo al cellulare. Queste ultime, anche se cardiopatiche, non corrono rischi perché il coinvolgimento emotivo è troppo ridotto per causare problemi di salute.
Chi sa che una partita lo coinvolgerà emotivamente molto più del necessario, insomma, deve fare molta attenzione: «Per i cardiopatici – spiega il Presidente SIC – è bene seguire con precisione la terapia che gli è stata prescritta dal proprio cardiologo, per chi ha la pressione alta il consiglio è quello di assumere le medicine per l’ipertensione prima della gara. È bene non sospendere i farmaci come i beta-bloccanti (che riducono gli effetti delle catecolamine) o l’aspirina (che ha un effetto antiaggregante piastrinico). Questo aiuta ad evitare brutte conseguenze».
Sembrerà banale dirlo, ma fare attività fisica saltuaria, specialmente se questa richiede un importante sforzo fisico, può essere rischioso. Passare dal divano o da un lavoro statico, magari davanti al Pc, alla partitella del mercoledì sera con gli amici, senza passare da allenamenti o da uno stile di vita più movimentato e tale da non rendere così traumatico lo sforzo, può portare a complicazioni cardiovascolari anche importanti.
«Anche qui – spiega ancora Indolfi –, non tutti sono a rischio. Una persona in salute, senza precedenti cardiovascolari, può giocare senza problemi. Mi riferisco invece alle persone già predisposte a questo tipo di problemi: cardiopatici, diabetici, ipertesi, fumatori, ecc. o persone che hanno già avuto sintomi come difficoltà nella respirazione o dolore toracico».
Per chi è consapevole di soffrire di questi disturbi, oltre a cercare di condurre (ma quello vale sempre) uno stile di vita corretto e dinamico, il consiglio è quello di consultarsi precedentemente con il proprio medico, il quale potrà dire se è idoneo a fare un certo tipo di sforzo oppure no. «Ed è bene che il medico lo consultino anche persone che non pensano (o non sanno) di soffrire di determinate patologie». Insomma, come tutti gli sportivi, prima di buttarsi da zero in uno sforzo fisico anche impegnativo è bene sottoporsi alle visite mediche idonee.
«Esistono ad esempio – continua Indolfi – alcune attività come lo sci nel quale si associano due fattori: l’intensità dell’esercizio fisico e il freddo». Anche in questo caso, dunque, si consiglia, «soprattutto agli uomini con più di 40-50 anni, di non effettuare uno sport di questo tipo senza essersi prima sottoposti ai controlli necessari». Bisogna dunque aspettare l’ok del cardiologo e solo «se questi dà il semaforo verde si può praticare attività fisica». Vietato dunque effettuare un’autodiagnosi e dire a se stessi “sto bene, non ho mai avuto nessun problema quindi posso giocare a calcetto o sciare”. Sbagliato. «Basta vedere quante persone muoiono mentre fanno jogging, ad esempio».
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, le malattie cardiovascolari rappresentano ancora la principale causa di morte in Italia, in quanto responsabili del 44% di tutti i decessi. In particolare, la cardiopatia ischemica è la prima causa di morte in Italia (il 28% di tutti i decessi), mentre gli accidenti cerebrovascolari sono al terzo posto con il 13%, dopo i tumori.
«Chi sopravvive a un attacco cardiaco diventa un malato cronico», sostiene ancora l’ISS. La malattia «modifica la qualità della vita» e comporta «notevoli costi economici per la società». In Italia, poi, secondo i dati Istat la prevalenza di cittadini affetti da invalidità cardiovascolare è pari al 4,4 per mille. Il 23,5% della spesa farmaceutica italiana (pari all’1,34 del prodotto interno lordo) è destinata a farmaci per il sistema cardiovascolare.
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