Salute 31 Luglio 2020 14:56

Chi è Je.suis.doc, medico su TikTok da 40mila follower: «Così ho avvicinato i giovani alla medicina»

Clip mimate e sequenze musicali per interagire con gli adolescenti e parlare di salute. Carlo Esposito: «TikTok mi ha permesso di catturare l’attenzione dei giovanissimi in modo semplice e immediato»

Chi è Je.suis.doc, medico su TikTok da 40mila follower: «Così ho avvicinato i giovani alla medicina»

Medicina nel quotidiano: no consulenze, solo informazione. Si presenta così Carlo Esposito – alias je.suis.doc – su TikTok, il social del momento. Il medico 26enne, con la passione per la cardiologia e l’esperienza lavorativa iniziata in RSA durante la pandemia, è riuscito ad avvicinare i più giovani alla salute a ritmo di musica, parlando la loro lingua nei luoghi che più apprezzano: i social network.

Ed è così che durante il lockdown ha iniziato a pubblicare video musicali su TikTok che parlano di reflusso, anemia, cefalea, pressione alta e bassa. Ma anche di come affrontare al meglio il test d’ingresso a Medicina e degli ostacoli che si incontrano per diventare medico. Tra sequenze e transizioni, nel giro di un mese tocca quota 40 mila follower. Sono numeri da far concorrenza ai classici influencer. Ma l’intento non era quello di farsi pubblicità, bensì di «fare prevenzione, educazione e informazione sanitaria». «I social hanno grandi potenzialità – spiega nell’intervista al nostro giornale – che possono essere sfruttate anche nell’ambito della salute».

Dottor Esposito, iniziamo dal suo percorso: perché ha deciso di essere medico e qual è stata la sua esperienza universitaria?

«Sin da piccolo volevo fare il medico, in particolare il cardiologo, perché mia nonna era affetta da una patologia cardiologica. Medicina era l’unica cosa per cui mi sentivo portato. Ho fatto il test per entrare, il primo anno è andata male, semplicemente non avevo studiato; sono entrato direttamente il secondo anno. La difficoltà del test è arginabile con uno studio alle spalle, anche se poi è tutto soggettivo. Fortunatamente sono riuscito a non perdere l’anno perché l’università di Tor Vergata dava la possibilità di seguire corsi singoli propedeutici ai fini della prova d’ammissione».

Favorevole o contrario al numero chiuso?

«Favorevole. Soprattutto adesso c’è una grandissima richiesta per medicina, secondo me un po’ per moda un po’ per passione. Mi rendo conto che molte persone non hanno la giusta motivazione per diventare medici. Per questo sono d’accordo con il modello alla francese: fare una valutazione durante il percorso formativo per capire se gli studenti siano realmente preparati ad affrontare un percorso difficile. Medicina non è per tutti».

Ha intenzione di frequentare la scuola di specializzazione in cardiologia?

«Mi sono laureato nei sei anni previsti e poi ho passato il concorso per la medicina generale. Ho avuto un ottimo tutor che mi ha insegnato tanto ma per me la priorità rimane la cardiologia, è la mia passione e ne ho avuto la riprova lavorando in reparto. Quest’anno ci siamo scontrati con l’emergenza Covid-19; teoricamente, nel post-laurea, avremmo dovuto seguire i tirocini abilitativi per poi sostenere il famoso esame di Stato che ora è stato abolito e siamo stati abilitati d’ufficio. Sono due mesi che lavoro in una RSA che è stata aperta per garantire ulteriori posti letto, gestiamo la degenza dei pazienti post-Covid. L’impatto all’inizio è stato difficile, ma l’organizzazione è ottima, siamo muniti di tutti i DPI previsti per legge e prima di iniziare abbiamo seguito una specifica formazione».

Cosa pensa dell’imbuto formativo?

«È una problematica gestita male: non capisco perché l’Italia non possa fare come la Francia dove le borse vengono stanziate in base al numero dei partecipanti. Per come è stato formulato il bando di ammissione per le scuole di specializzazione sembra ci sia la paradossale finalità di demoralizzare i partecipanti. Personalmente, se voglio partecipare alla specializzazione devo rinunciare alla borsa di medicina generale – e questo lo capisco – ma la stessa cosa non accade a un giovane medico che frequenta una scuola di specializzazione e può concorrere per le altre lasciando la borsa per cui era entrato l’anno precedente. In più, il bando precisa che per partecipare non si deve essere venuti a contatto con pazienti Covid nei 14 giorni precedenti l’esame. E noi che lavoriamo nelle RSA o in USCA? Al riguardo, mi aspetto precisazioni».

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Come è nata l’idea dei video musicali di divulgazione scientifica su TikTok e perché?

«È nata con l’utilizzo di questo social durante la quarantena; mi dispiaceva il fatto che avesse un grande potenziale ma fosse sfruttato per cose futili. Il mio obiettivo era fare divulgazione medico-scientifica per combattere l’ignoranza dei giovani soprattutto su alcuni argomenti importanti. Ad esempio, le malattie sessualmente trasmissibili sono state il tema che ha avuto maggior successo perché li riguarda da vicino. Il mio scopo era informare in maniera semplice su tematiche all’ordine del giorno un po’ per tutti: malattie autoimmunitarie, disturbi di personalità, melanoma, fibromialgia, anemia da ferro, carenze di ormoni tiroidei, cefalea, pressione alta e bassa. Appena ho iniziato a parlare di salute, ho notato un gran riscontro da parte delle persone. Nell’arco di un mese e mezzo sono arrivato a 35 mila follower e lì ho toccato con mano il potenziale del social degli adolescenti. Il mio intento non era guadagnare follower né fare consulenze né tantomeno farmi pubblicità; ho tolto tutti i miei riferimenti. Volevo avvicinare i giovani alla salute parlando la loro stessa lingua. Mi sono occupato anche del Covid, in merito ai comportamenti da seguire per prevenire il contagio. E così sono stato contattato dall’azienda TikTok per partecipare al progetto #ImparaConTikTok e pubblicare video a tema».

È stato mai contattato dai suoi follower a scopo medico?

«Preferivo spiegare tutto nei commenti: non facevo mai diagnosi anzi rimandavo al medico di famiglia o specialista. Ho trovato molti commenti positivi sia sotto i video che in privato e una paziente, in seguito al video sulla cefalea, si è allarmata di alcuni sintomi e si è rivolta al neurologo. E io ho raggiunto il mio obiettivo: fare prevenzione, educazione e informazione sanitaria».

Solo consensi o anche critiche?

«Purtroppo, sono stato anche vittima di cyberbullismo: ho ricevuto critiche e insulti a livello personale anche da parte di colleghi che non approvavano il mio modo di fare informazione su un social, un canale non istituzionale. Concordo sul fatto di promuovere campagne informative su canali ufficiali, ma anche sui social si può fare divulgazione. Sono dell’idea che ogni social se sfruttato al meglio può essere un mezzo di comunicazione adatto ed efficace. Per un medico, l’obiettivo deve essere arrivare a coinvolgere più persone possibili. E TikTok mi ha permesso di colpire l’attenzione dei giovanissimi in modo semplice e immediato, catturare la loro curiosità e avvicinare la popolazione alla medicina».

 

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