Salute 27 Gennaio 2021 10:35

La chirurgia robotica per protesi compie 10 anni

Piergiuseppe Perazzini, primo chirurgo ad aver portato la tecnica in Italia: «Era il 27 gennaio 2011 e il primo intervento venne fatto al ginocchio. In dieci anni abbiamo prodotto numeri, perfezionato tecnologie e permesso di raggiungere traguardi importanti. Il futuro? Adottare questa tecnica per tutte le articolazioni umane»

di Federica Bosco
La chirurgia robotica per protesi compie 10 anni

Compie dieci anni il primo intervento di chirurgia robotica per protesi in Italia. Era il 27 gennaio del 2011 e il dottor Piergiuseppe Perazzini, chirurgo ortopedico e responsabile della Clinica San Francesco di Verona, dopo aver appreso la tecnica in Florida, a Fort Lauderdale, realizzò il primo intervento con protesi mono compartimentale mediale di un ginocchio.

Chirurgia robotica per protesi, Italia prima in Europa

«Utilizzai una procedura innovativa per primo in Europa – spiega Perazzini ricordando con nitidezza il prestigioso traguardo –. Quel giorno realizzai ben tre interventi, con il supporto di specialisti provenienti dagli Stati Uniti perché in Italia il personale non era ancora preparato. Ci volle tutto il giorno per concludere tre interventi che oggi siamo in grado di realizzare in poche ore. Ma quel giorno segnò un cambio di passo, tanto che alla fine del 2011 gli interventi complessivi furono 67 per poi continuare ad implementarli numericamente negli anni successivi. E allora si trattava solo di metodica compartimentale del ginocchio».

Aperta la porta dell’innovazione, l’Italia e il dottor Perazzini non si sono più fermati. «Nel 2012 abbiamo adottato la tecnologia robotica nella sostituzione di protesi totale dell’anca e nel 2017 nella sostituzione totale del ginocchio. Quindi oggi siamo in grado di adottare questo tipo di applicazione a tre tipi di sostituzione, parziale o compartimentale e totale di ginocchio e di anca».

In dieci anni oltre 3000 interventi e una scuola di chirurgia robotica

In dieci anni di interventi sono stati realizzati dal dottor Perazzini 1753 protesi parziali al ginocchio, 713 totali e 1050 protesi totali all’anca, ovvero un terzo di tutti gli interventi effettuati con questa tecnica in Italia. Un traguardo che pone il primario veneto tra i maestri della chirurgia robotica.

«È una grande soddisfazione per me dire che abbiamo aperto una strada. Ho creduto in una filosofia che ha delle metodiche diverse rispetto a quelle tradizionali, meno invasiva, più precisa e con risultati importanti. Questo ruolo mi è stato riconosciuto anche dai colleghi, tanto che abbiamo avviato una scuola di chirurgia robotica dove abbiamo ospitato colleghi italiani e stranieri. Persino dalla Turchia e dalla Russia sono venuti a conoscere ed approfondire questa metodica. Attualmente siamo centro regionale e italiano».

L’interpretazione dei dati

Dieci anni di intenso lavoro che hanno prodotto numeri, perfezionato tecnologie e permesso di raggiungere traguardi importanti. «L’esperienza acquisita in questi anni, e poi implementata con l’utilizzo della robotica, mi ha permesso di capire quando è indicato usare un tipo di impianto e quando è necessario cambiare una parte o tutta l’articolazione. Questa esperienza non si acquisisce solo per sentito dire, ma nasce da un intenso lavoro che tiene conto della percezione del danno, della resistenza dei tessuti, della deformità, e riguarda una serie di esami che vengono fatti al paziente nella prima visita».

«L’interpretazione dei dati, che è la fase clou dell’intervento – continua Perazzini -, è strettamente nelle mani del chirurgo che decide come correggere i difetti e di conseguenza come modificare l’impianto, come sviluppare il programma per poi avvalersi di un ottimo esecutore, che è lo strumento robotizzato. Dopodiché entra in gioco la tecnologia che permette rapidità del gesto e nel bilanciamento attraverso il braccio robotico, ma è il chirurgo che stabilisce come utilizzare la protesi e come correggere i difetti».

Riproduzione in 3D dell’articolazione

La robotica applicata alla chirurgia negli ultimi anni ha sviluppato diversi modelli: per l’articolazione del ginocchio e dell’anca si utilizza un’apparecchiatura che prima dell’intervento realizza una mappatura, acquisisce i dati di movimento e di tensione, fa un’analisi dello stato dell’articolazione attraverso cui si definisce la fase di bilanciamento. «Gli squilibri legamentosi – prosegue Perazzini – vengono corretti modificando il posizionamento della protesi virtualmente su un software di cui è dotato il sistema. Le immagini Tac che riproducono l’articolazione vengono quindi analizzate in 3D e la protesi viene modificata e personalizzata in base alle caratteristiche del singolo paziente».

Un braccio robotico guidato dal chirurgo

Definito su video la condizione dell’articolazione, il braccio robotico con una sega o una fresa come terminale, guidato dal chirurgo, eseguirà l’intervento. «Dalla riproduzione in negativo dell’osso da scolpire, il robot avrà i riferimenti per lavorare e creare lo spazio dove incassare la protesi – spiega il primario della clinica San Francesco -. Una volta terminato il posizionamento della protesi si verifica che sia corretto il funzionamento e si procede con la riabilitazione».

Robot e riabilitazione

Non solo chirurgia 4.0. Nella clinica San Francesco la robotica è stata inserita anche nel percorso riabilitativo post-intervento in grado di garantire la ripresa dell’attività in tempi record e con migliori risultati. «Abbiamo una piattaforma robotizzata che permette di conoscere perfettamente il punto di partenza del paziente, ovvero i tempi per sollevarsi da una fase di inginocchiamento, o ancora che tipo di risposta ha ad una instabilità di movimento, di studiare un programma di recupero e di verificare dopo un certo numero di mesi, fino all’anno, quanto è stato recuperato nella mobilità, nella stabilità e nella reattività dell’articolazione».

Il futuro della robotica? Articolazione di spalla, colonna vertebrale e caviglia

Se la robotica 4.0 è già una realtà, il futuro riserverà tante altre conquiste nella chirurgia, come sottolinea lo stesso Perazzini: «Il percorso evolutivo permetterà di migliorare la tecnica di lavorazione e di acquisizione di dati cosicché la chirurgia robotica sarà utilizzata, nell’arco di una decina d’anni, in quasi tutte le articolazioni del corpo umano. La prossima sarà la spalla, poi la colonna vertebrale e la caviglia. Si arriverà ad un impiego per tutte le articolazioni con un sistema di bilanciamento e di allenamento in modo da avvicinare sempre più il posizionamento della protesi alla conformazione del paziente».

 

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