Salute 25 Gennaio 2021 07:32

La danza modifica la sostanza grigia. Il neurologo: «Aumenta la plasticità cerebrale e protegge dal decadimento cognitivo»

Per gli anziani benefici associati: Cappa (Sin): «Partecipare alle lezioni di ballo migliorerà la vita sociale, l’apprendimento di qualcosa di nuovo sarà un toccasana per la mente e l’esercizio fisico per il sistema cardiovascolare»

di Isabella Faggiano

La danza può cambiare il cervello: da un lato quello dei ballerini professionisti, dall’altro quello dei principianti che nel ballo possono trovare un vero e proprio elisir di giovinezza. Sulla neuroscienza della danza, nel corso degli ultimi decenni, sono stati pubblicati una serie di studi che ci aiutano a capire meglio perché balliamo e come la danza impegna e cambia il cervello umano.

Guardare danzare attiva il cervello

«Alcuni studi hanno dimostrato che osservando dei ballerini danzare nel nostro cervello si attivano i neuroni a specchio, una classe di neuroni motori che si attiva involontariamente sia quando un individuo esegue un’azione finalizzata, sia quando lo stesso individuo osserva quella medesima azione compiuta da qualcun altro», spiega Stefano Cappa, professore di neurologia allo IUSS di Pavia e presso la Fondazione Mondino, membro della Società Italiana di Neurologia (Sin). Altre ricerche, poi, hanno aggiunto qualcosa in più: «L’attivazione del cervello cambia a seconda che ad osservare siano ballerini esperti o persone che di danza non sanno nulla», sottolinea il docente.

Imparare a danzare modifica il cervello

Ma al di là delle attivazioni temporanee di alcune zone del cervello nel momento in cui si osserva un balletto, gli studi che potrebbero rivoluzionare l’utilizzo della danza con finalità terapeutiche hanno indagato i cambiamenti che possono derivare dall’apprendimento di questa espressione artistica. «Imparare a danzare, così come accade per diverse tipologie di apprendimento, ha un impatto sulla struttura del cervello. Si modifica sia la sostanza grigia, che i fasci di fibre che connettono tra loro le parti corticali del cervello, con un impatto importante sulla plasticità cerebrale», spiega lo specialista. Il ballo, infatti, secondo uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, può migliorare la memoria e prevenire la comparsa di demenza man mano che si invecchia. L’attività aerobica sembra anche contrastare la perdita di volume dell’ippocampo, la parte del cervello che controlla la memoria.

Per l’apprendimento non è mai troppo tardi

Ma c’è un grande interrogativo a cui gli scienziati cercano di trovare una risposta certa: queste modificazioni sono presenti solo nel cervello di coloro che praticano la danza fin da piccoli o possono crearsi anche cominciandone l’apprendimento da adulti o durante la terza età? «Alcuni dati raccolti finora ci inducono a pensare che il danzare o l’imparare a farlo possano avere un effetto protettivo rispetto al declino cognitivo», dice Cappa.
Uno studio condotto su uomini di terza età, pubblicato sempre sul New England Journal of Medicine, ha dimostrato che ballare aiuterebbe a contrastare l’insorgenza dell’Alzheimer, tanto che alcuni soggetti che ne sono affetti avrebbero recuperato alcuni ricordi ballando musiche a loro familiari.

Una catena di benefici

Ovviamente è difficile valutare gli effetti della danza in sé, poiché da questa discendono altri fattori ugualmente utili a contrastare l’invecchiamento del nostro cervello. «Immaginiamo un anziano che decida di iscriversi ad un corso di ballo – spiega il neurologo -. Partecipare alle lezioni avrà un’influenza positiva sulla sua vita sociale, così come l’apprendimento di qualcosa di nuovo sarà un toccasana per la mente e l’esercizio fisico per il sistema cardiovascolare e lo stato di salute in generale». Serviranno ulteriori studi, più ampi, per chiarire se questo effetto positivo è di natura puramente preventiva, perché ci protegge dal decadimento cognitivo, o se può essere utile per rallentare gli effetti di un declino già in corso. E se danzare non è nelle vostre corde, niente paura. «Che sia un cruciverba, un sudoku o una lezione di lingua straniera, l’apprendimento di qualcosa di nuovo farà sempre bene al nostro cervello. Ad una condizione, però – conclude Cappa -, che al dovere si associ sempre il piacere».

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