In pandemia i “cinguettii” hanno ostacolato le vaccinazioni. Lo dimostra un’enorme revisione di dati scientifici internazionali pubblicati su social media e vaccini anti-Covid condotta dai ricercatori dell’Università Cattolica. Ecco i risultati
Da Twitter a YouTube, dai “cinguettii” ai video-post, così l’informazione corre sui social. Ed anche la disinformazione. A dimostralo, uno studio internazionale sulla relazione tra social media e vaccini. «È Twitter il social media più utilizzato per l’analisi dei contenuti sugli atteggiamenti della popolazione nei confronti della vaccinazione Covid-19 – spiega la professoressa Fidelia Cascini, ricercatrice presso il dipartimento di Scienze della Vita e Sanità Pubblica, Sezione di Igiene dell’Università Cattolica, campus di Roma, che ha condotto lo studio in collaborazione con il New York Medical College e l’Università di Belgrado -. La letteratura dimostra che anche gli altri social media, più in generale, hanno avuto un ruolo determinante nel diffondere disinformazione e notizie complottistiche che hanno indebolito le campagne vaccinali anti-Covid e quindi in qualche modo favorito nei fatti la pandemia»,
«Lo studio, pubblicato sulla rivista eClinicalMedicine (edita da The Lancet) – continua la professoressa -, è una revisione sistematica di tutti i lavori pubblicati sul tema a livello internazionale, dall’inizio della pandemia fino al 13 marzo 2022». I ricercatori hanno passato al setaccio gli studi che riportavano i risultati su vaccini contro il Covid-19 e gli atteggiamenti e le opinioni raccolti sui social media che avevano come oggetto le vaccinazioni anti-Covid.
Dai social, e soprattutto da Twitter, sono emersi atteggiamenti prevalentemente esitanti rispetto alla vaccinazione. «Tra le principali motivazioni di posizioni no-vax, le preoccupazioni riguardo la sicurezza e l’efficacia del vaccino, che per molti sarebbe stato approvato troppo in fretta. Non mancano nemmeno i sentimenti di sfiducia per l’inefficacia delle vaccinazioni contro le nuove varianti e per le controversie sui presunti ingredienti tossici, dalle tossine al mercurio», dice la docente.
Ma la catena di disinformazione innescata dai frequentatori dei social non finisce qui: sono stati il serbatoio anche di disinformazione e complottismi. «Ne sono un esempio le fake news secondo le quali i vaccini sarebbero stati usati per il controllo della popolazione tramite microchip pianificato da Bill Gates. O ancora, quelle sugli effetti negativi della vaccinazione che provocherebbero cancro, sterilità, e molto altro». E come se non bastasse i seminatori di disinformazione sono stati più costanti di coloro che hanno diffuso notizie scientificamente valide.
«Dalla revisione è emerso anche che il movimento anti-vax è stato guidato principalmente da utenti di Twitter politici e non medici, con meno del 10% di questi utenti provenienti dalla comunità medica – continua Fidelia Cascini – Questo indica anche il problema dell’inattività o scarsa attività degli operatori sanitari nell’affrontare la disinformazione sul Covid-19 e nella diffusione di prove scientifiche per combattere questo problema. Il ruolo chiave di Twitter emerso dal nostro studio – aggiunge la professoressa – lo identifica come possibile “mezzo sentinella” che può essere usato per esplorare l’opinione pubblica sulla vaccinazione in modo specifico, il che spiega ulteriormente il suo frequente uso negli studi inclusi nella revisione sistematica».
Il risultato di questo lavoro potrebbe essere utile all’individuazione di strategie di salute pubblica. «Le conclusioni alle quali siamo giunti attraverso il nostro studio di revisione rappresentano delle importanti linee di indirizzo per garantire una corretta comunicazione scientifica che sia percepita come autorevole e per prevenire la disinformazione sulle piattaforme dei social media. Dirigere le misure di intervento per ridurre al minimo la disinformazione e utilizzare i social media come strumenti per comprendere i comportamenti e le percezioni della popolazione rispetto a temi sanitari importanti e cogenti – conclude la docente – è diventato un obiettivo fondamentale e irrinunciabile della sanità pubblica».
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