Il corso Fad realizzato dal provider di Consulcesi Club affronta gli aspetti relativi all’assistenza domiciliare dei positivi al Sars-Cov-2, dalla diagnosi alla negativizzazione. Rossi (Uscar Lazio): «Terapie inappropriate possono causare un peggioramento della patologia»
La recente circolare del Ministero della Salute stabilisce le modalità di gestione domiciliare dei pazienti Covid da parte di MMG e pediatri di libera scelta, sulla base delle evidenze scientifiche attuali. In stretta collaborazione con il personale delle USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale) infatti, svolgono un ruolo cruciale nella gestione dei malati Covid-19. Per questo necessitano di indicazioni chiare e aggiornate.
Il corso Fad “La gestione del paziente Covid-19 nel setting domiciliare” del provider di Consulcesi Club Sanità in-Formazione descrive le fasi e gli stadi della malattia, elencando i compiti dei MMG, dei PLS e delle USCA. I clinici, infatti, devono scegliere le terapie più adatte sulla base del grado di rischio del paziente, seguendo le indicazioni ministeriali.
«I pazienti a domicilio affetti da Covid-19 sono la stragrande maggioranza – spiega al nostro giornale Emanuele Nicastri (Dir. Unità malattie infettive dello Spallanzani), responsabile scientifico del corso Fad – per cui dobbiamo gestirli monitorando strettamente i loro parametri vitali. Poi, suggeriamo lo stile di vita da seguire e le strategie non farmacologiche: la mobilità all’interno dello spazio di isolamento e la corretta alimentazione. E, in caso di febbre elevata, dolori muscolari e tosse una serie di farmaci come gli antipiretici e gli antinfiammatori per cercare di lenire questi sintomi iniziali».
Monitorare i parametri vitali spetta alle Uscar. «Misuriamo la frequenza respiratoria, cardiaca, febbre e saturazione dell’ossigeno» precisa Fabrizio Rossi, altro responsabile scientifico del corso Fad. Pediatra, medico di medicina generale e vicecoordinatore USCAR Lazio, Rossi sottolinea che è il MMG a richiedere la visita domiciliare con l’intervento delle Uscar.
«Il medico Uscar si limita alla valutazione clinica del paziente e riferisce al medico di base che gestisce la terapia farmacologica. Possiamo intervenire con terapie di sostegno, come l’utilizzo dell’ossigeno ed eseguire un’eventuale ecografia polmonare. Si fa con un banale ecografo portatile collegato a uno smartphone o un tablet. Valuta la condizione respiratoria del paziente e la presenza di addensamenti interstiziali da polmonite virale». L’ecografo portatile è un’arma importante per individuare in modo precoce e con affidabilità se c’è un’infezione polmonare e aumentare così le probabilità di guarigione.
«Il medico Uscar – prosegue Rossi – in base ai dati clinici può valutare la necessità di un ricovero o consigliare il mantenimento della terapia stabilita dal medico di base». La presa in carico tempestiva del paziente Covid è importante quanto la personalizzazione delle cure: «La saturazione sotto al 92% è rischiosa – aggiunge Rossi – ma bisogna valutare anche se il malato è anziano e ha altre patologie. Avere linee guida precise sulle terapie domiciliari dei pazienti affetti da Covid-19 è fondamentale altrimenti si rischia di causare un peggioramento della patologia».
Vigile attesa, sorveglianza clinica attiva con monitoraggio costante delle condizioni cliniche e farmaci appropriati. Le indicazioni del Ministero sono condivise interamente da Nicastri. «Il MMG è la persona più adatta a carpire una variazione nei parametri vitali, in particolare nella saturazione. Nel giovane adulto può oscillare tra 97 e 98 – spiega – se scende a 94-95 va monitorato più spesso. Potrebbe essere trattato in ospedale con gli antivirali, il cortisone, l’eparina. Tutti farmaci deputati alla gestione ospedaliera. L’anziano con obesità marcata – BMI superiore a 35 – o comorbidità importanti cardiovascolari e neurologiche deve essere tenuto sotto controllo per giovare del trattamento con anticorpi monoclonalinei primi tre giorni dall’esordio dei sintomi».
Ospedale e domicilio. Nicastri ci tiene a precisare che si tratta di due strumenti terapeutici e anche non farmacologici diversi: «Se anticipo l’utilizzo del cortisone nella fase a domicilio posso prolungare la fase antivirale e il paziente può peggiorare. Validi studi inglesi evidenziano che il cortisone prescritto in pazienti che non fanno ossigeno determina un peggioramento in termini di mortalità del 19%».
La formazione dei professionisti sanitari su questo tema è d’obbligo. In questi mesi, infatti, sono state sollevate perplessità e polemiche sulla gestione delle terapie domiciliari. «È fondamentale sia per quanto concerne le linee guida da seguire e applicare sia per quanto riguarda la protezione dei colleghi stessi e la capacità di intervento – aggiunge Stefano Marongiu, coordinatore infermieristico Uscar Lazio -. L’obiettivo è cercare di definire uno schema che poi diventi abituale nei confronti della cittadinanza. È indispensabile per poter riuscire a uniformare e utilizzare al meglio sia le risorse che le professionalità delle quali si dispone» conclude.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato