Salute 3 Febbraio 2023 12:07

La lotta ai tumori deve superare anche povertà e burocrazia

Schillaci: “In arrivo 20 mln per Piano nazionale”. Nel nostro Paese gli stili di vita scorretti sono più frequenti fra i cittadini che affrontano difficoltà finanziarie: il 37% fuma, il 45% è sedentario e il 17% obeso. È quanto emerso al Convegno nazionale Aiom “Close the Care Gap” al Senato

La lotta ai tumori deve superare anche povertà e burocrazia

Il gap nell’adesione ai programmi di screening oncologici che ancora permane fra Nord e Sud va colmato. Serve quindi un grande piano di sensibilizzazione per recuperare le lacune esistenti. Non solo, nel nostro Paese, più del 50% del tempo di ogni visita oncologica è assorbito da adempimenti burocratici. Un tempo prezioso sottratto ai pazienti, ma una soluzione alla criticità c’è: basterebbe assumere nuovo personale che risolva questi aspetti, come figure amministrative e paramediche, biologi o data manager in grado di supportare il personale sanitario durante le visite, per accorciarne la durata e aumentarne il numero. «Meno tempo dedicato a compilare moduli significa più ore a disposizione per le visite dei pazienti».

A lanciare l’allarme l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) nel corso del Convegno nazionale “Close the Care Gap” organizzato oggi al Senato, al quale è intervenuto il Ministro della Salute Orazio Schillaci. Un Convegno che si svolge alla vigilia della Giornata Mondiale contro il Cancro (World Cancer Day), che si celebra il 4 febbraio. L’obiettivo dell’evento è proprio sensibilizzare i cittadini sulle differenze nell’accesso alle cure.

Le dichiarazioni del ministro Schillaci

«Il Piano oncologico nazionale è uno strumento strategico, arriveranno 20 mln di euro con il decreto Milleproroghe che rafforzeranno il Piano. Le cui centralità sono il malato, il superamento delle disuguaglianze e gli strumenti per colmare il care gap, senza dimenticare l’implementazione delle reti oncologiche» ha detto il ministro della Salute, Orazio Schillaci che ha ricordato come il cancro sia una patologia prevedibile e curabile. «Stiamo predisponendo iniziative per promuovere gli screening ed i corretti stili di vita – ha aggiunto – a partire dalle scuole elementari perché la prevenzione è fondamentale. L’obiettivo è assicurare lo stato di benessere che la nostra Costituzione tutela per i cittadini italiani».

Uno degli scogli da superare sono quindi le disuguaglianze socioeconomiche. In particolare, i bassi livelli di istruzione e reddito che contribuiscono ad aumentare i decessi per cancro: in Europa il 32% delle morti per cancro negli uomini e il 16% nelle donne sono associati alle disparità. Le persone meno istruite e più povere adottano stili di vita scorretti, eseguono con scarsa frequenza gli screening, non accedono ai sistemi sanitari e troppo spesso arrivano alla diagnosi di tumore in fase già avanzata. Ecco perché colmarle anche nel nostro Paese diventa impellente.

I dati

In tutto il Pianeta, ogni anno, si stimano 18 milioni di nuovi casi di tumore e sono quasi 10 milioni i decessi. «In uno studio pubblicato recentemente – afferma Saverio Cinieri, Presidente Aiom –è stato evidenziato che, in Europa, il rischio di morire di cancro aumenta progressivamente al diminuire del livello socioeconomico. Le neoplasie che più risentono del gradiente sociale sono quelle del polmone, stomaco e cervice uterina. Più si comprendono i processi biologici, i fattori di rischio e i determinanti della salute che favoriscono l’insorgere dei tumori, più efficaci diventano la prevenzione, la diagnosi e il trattamento. Vanno contrastati i principali fattori di rischio, tenendo conto di tutti i determinanti della salute, tra cui istruzione e status socioeconomico. Serve una visione a 360 gradi, che includa anche le condizioni di disagio dei cittadini, per non lasciare indietro nessuno».

In Europa circa un terzo delle morti per tumore negli uomini è associato a disuguaglianze socioeconomiche (si arriva a quasi la metà nell’Europa dell’Est), per le donne questa proporzione è uno a sei (una su quattro nell’Europa dell’Est). «L’Italia, come altri Paesi mediterranei, sembra soffrire meno delle disuguaglianze sociali nei tumori – continua il Presidente Cinieri -. Ma vi sono aree su cui servono interventi urgenti, a partire dalla sensibilizzazione dei cittadini sui corretti stili di vita. Nel 2022, in Italia, sono state stimate 390.700 nuove diagnosi di cancro. Il 40% dei casi può essere evitato agendo su fattori di rischio modificabili. In particolare, il fumo di tabacco è il principale fattore di rischio, associato all’insorgenza di circa un tumore su tre e a ben 17 tipi di neoplasia, oltre a quella del polmone. Le differenze sociali nel fumo, che vedono più esposte le persone con minori risorse economiche o basso livello di istruzione, nel nostro Paese si mantengono nel tempo ampie e significative, a fronte di una riduzione che coinvolge di più gli individui meno svantaggiati».

Nel 2021 l’abitudine tabagica fra i cittadini che dichiarano di affrontare molte difficoltà economiche ad arrivare alla fine del mese è stata pari al 37% e analoga a quanto si osservava nel 2008, mentre fra chi non ha problemi finanziari la quota di fumatori è scesa dal 27% al 20% fra il 2008 e il 2021.

Non solo. «Secondo stime del ‘World Cancer Research Fund’, il 20-25% dei casi di tumore è attribuibile a un bilancio energetico troppo ricco, legato al binomio eccesso ponderale e sedentarietà – sottolinea Francesco Perrone, Presidente eletto Aiom-. In Italia, il 31% dei cittadini è sedentario e il 10% è obeso, ma queste percentuali raggiungono, rispettivamente, il 45% e il 17% fra coloro che sono in difficoltà economiche o presentano un basso livello di istruzione. È necessario potenziare le azioni volte a diffondere l’adozione consapevole di uno stile di vita sano e attivo in tutte le età, integrando cambiamento individuale e trasformazione sociale, attraverso lo sviluppo di programmi di promozione della salute».

La to do list del 2023

Servono più sforzi anche per implementare i programmi di screening. «Nel 2021 – continua Perrone – si è osservato un ritorno ai dati pre-pandemici per quanto riguarda la copertura dei programmi di prevenzione secondaria. Ma non basta, perché restano ancora troppe differenze regionali. In particolare, nel 2021, al Nord i valori di copertura della mammografia hanno raggiunto il 63% rispetto al 23% al Sud. Per lo screening colorettale (ricerca del sangue occulto nelle feci) il dato è del 45% rispetto al 10%. Nello screening cervicale, al 41% delle Regioni settentrionali fa da contraltare il 22% di quelle meridionali. Il divario Nord-Sud era già evidente prima della pandemia, ma molte Regioni meridionali non sono ancora riuscite a recuperare i ritardi accumulati durante l’emergenza sanitaria. È necessario un impegno straordinario per migliorare i livelli di adesione in queste aree. Per quanto riguarda, ad esempio, la ricerca del sangue occulto nelle feci per l’individuazione del tumore del colon-retto si può prevedere il coinvolgimento dei farmacisti. Per colmare il divario territoriale, la nostra società scientifica lancerà nelle prossime settimane una grande campagna di sensibilizzazione rivolta alle Regioni del Sud».

Troppa burocrazia

Troppa burocrazia. Un’altra forte criticità, che rischia di compromettere la qualità delle cure, riguarda gli adempimenti burocratici che assorbono più della metà del tempo di ogni visita oncologica. «Una ricerca svolta in 35 strutture ospedaliere, per un totale di 1469 pazienti visitati, ha mostrato che, durante un appuntamento, per 11 minuti dedicati alla visita della persona, ulteriori 16 vengono spesi per la compilazione di moduli, prenotazione di appuntamenti, visite, esami, letti e poltrone per ricoveri o day hospital, prescrizioni, invio di e-mail – spiega Rossana Berardi, membro del Direttivo Nazionale Aiom – Un dato che probabilmente è addirittura sottostimato, perché molti centri dedicano giorni fissi a queste attività».

«La scarsità dei clinici è diventata una vera emergenza, causata da molti fattori: la pandemia, il numero chiuso delle Facoltà di Medicina mantenuto per troppi anni, l’alto numero di pensionamenti e il blocco del turnover – continua Berardi –. Le Regioni potrebbero affrontare questa situazione e liberare i clinici dalle attività burocratiche. Come AIOM proponiamo un modello di affiancamento di nuovo personale agli oncologi. Figure amministrative e paramediche, biologi o data manager in grado di supportare il personale sanitario durante le visite, per accorciarne la durata e aumentarne il numero. Meno tempo dedicato a compilare moduli significa più ore a disposizione per le visite dei pazienti. Si tratta di una soluzione concreta, con effetti immediati e misurabili sull’emergenza, che comporterebbe una valorizzazione del lavoro del clinico e una ricaduta positiva su tutto il sistema».

«Il numero chiuso nelle Facoltà di Medicina è stato la regola per anni e oggi ne paghiamo il prezzo – conclude il Presidente Cinieri -. Ci vorranno anni perché i nuovi iscritti possano iniziare a lavorare e a coprire il vuoto che si è creato. Mancano medici di famiglia, professionisti nei Pronto Soccorso e nei reparti ospedalieri, specialisti negli studi. Nei prossimi anni, molti clinici oggi attivi andranno in pensione. È necessario attivarsi con proposte concrete di politica sanitaria. Sollevare i medici dalle attività amministrative permetterebbe di tamponare la situazione prima che si aggravi ulteriormente. Chiediamo maggior attenzione per affrontare la pandemia di cancro, più spazi fisici e più professionisti in staff, comprese figure di aiuto come gli psiconcologi, data manager e case manager”.

 

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