Il Policlinico universitario romano, anche durante la pandemia, è rimasto accanto alle donne garantendo esami e cure. «Con l’ampliamento dell’attività ambulatoriale abbiamo accolto circa 70-80 donne: il 30% di queste avevano una diagnosi di tumore al seno». L’intervista a Vittorio Altomare, responsabile Breast Unit UCBM
Aperto la mattina, dal lunedì al giovedì, senza obbligo di prenotazione e con la sola impegnativa del medico di famiglia. È l’ambulatorio di senologia del Campus Bio-Medico di Roma: un percorso riservato e sicuro, un’ancora di salvezza, attivato in piena emergenza Covid-19, per tutte le donne con diagnosi sospetta o verificata di tumore al seno e bisognose di accertamenti e cure tempestive. Uno specialista senologo, affiancato da un radiologo, prende in carico la paziente sottoponendola a tutti gli accertamenti clinico-strumentali necessari (mammografia, tomosintesi, ecografia mammaria, core biopsy, ago aspirato) nella stessa giornata.
Molte donne, in questi mesi, hanno rimandato visite e controlli per timore del contagio da Covid-19 o per difficoltà oggettive ad essere ricevute nelle strutture di riferimento. Ma il cancro al seno è curabile soprattutto se diagnosticato precocemente. Ed è per questo che l’impegno del Campus Bio-Medico di Roma per la salute delle donne è stato costante e concreto anche durante la pandemia con l’ampliamento dell’ambulatorio specialistico e il mantenimento di servizi e prestazioni sicure per la diagnosi precoce. Ne abbiamo parlato con il professor Vittorio Altomare, responsabile della Breast Unit UCBM.
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Professore, la pandemia ha pesantemente danneggiato i pazienti oncologici: addirittura si parla di diagnosi diminuite del 30 % nei mesi di lockdown. Anche per questo avete pensato ad uno sforzo assistenziale e organizzativo in più?
«Esattamente. Ci siamo resi conto, sin dall’inizio del lockdown, che molte pazienti per le quali la mammografia o l’eco avevano evidenziato anche delle anomalie, si son trovate con tutte le strutture di riferimento ferme e in seria difficoltà. Il rischio che molte di queste donne, giustamente prese dall’emergenza Covid, trascurassero questo aspetto o comunque lo rinviassero ben oltre forse i limiti della chiusura di due-tre mesi era e continua a rimanere molto alto. Ecco perché il policlinico Campus Bio-Medico ha voluto aprire questo ambulatorio open, cioè libero, senza obbligo di prenotazione, ma accessibile alle donne che hanno una diagnosi sospetta con la richiesta del medico di famiglia. Nella stessa giornata in cui la paziente viene presa in carico siamo in grado di fare tutti gli esami necessari: la mammografia, l’ecografia e l’ago aspirato, per poter dire in 24 ore alla donna se ha o non ha un tumore al seno. Chiaramente, una volta effettuata la diagnosi la prendiamo in carico per iniziare il percorso di cura adeguato. Tutto questo in un periodo di emergenza come quello che abbiamo vissuto e continuiamo a vivere si è rivelato estremamente importante: da quando abbiamo ampliato l’attività ambulatoriale abbiamo accolto circa 70-80 donne: il 30% di queste avevano una diagnosi di tumore al seno. Ci siamo sentiti in obbligo di intervenire anche perché, anche se si sono aperte un po’ le maglie del lockdown, resta il timore delle pazienti oncologiche di recarsi negli ospedali per il rischio di infezione: abbiamo creato percorsi di cura assolutamente sicuri e indipendenti da quelli dei pazienti Covid. Le donne non rischiano venendo da noi per essere curate: abbiamo un percorso dedicato sia per la diagnosi che per chemioterapia e radioterapia».
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Gli esperti invitano alla prudenza e alla responsabilità, però in ambito oncologico la diagnosi precoce e gli screening rimangono fondamentali. Da una parte è necessario recuperare il tempo perso nei mesi di lockdown e dall’altra prestare massima attenzione per evitare il contagio delle pazienti oncologiche che sono pazienti a rischio. Come coniugare i due aspetti?
«Noi invitiamo le donne, in generale, a riprendere le attività di screening e di controllo annuali. Mi riferisco alle donne che stanno bene, che non hanno necessità di urgenza, ma è bene che ricomincino con le visite periodiche di routine in centri sicuri senza far passare troppo tempo, perché questo sì che può comportare un ritardo di diagnosi precoce. Noi per anni abbiamo spinto le donne a fare prevenzione: rischiamo di perdere il vantaggio che in questi anni faticosamente abbiamo guadagnato. Il rischio di contagio c’è, esiste, è vero, è anche evidente che le strutture ospedaliere in qualche modo hanno un rischio aumentato perché circola più gente, ma il Campus Bio-Medico su questo è stato rigorosissimo: mascherina, igiene delle mani e distanziamento sociale sono fondamentali anche nelle realtà ambulatoriali delle strutture ospedaliere».
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