A pochi giorni dalla Giornata mondiale del donatore di sangue, il direttore del Centro Nazionale Sangue elenca le criticità da risolvere: «Aumentare la raccolta del plasma e la produzione di farmaci plasma derivati e programmare le donazioni per avere sangue a disposizione tutto l’anno»
In Italia, ogni 10 secondi viene effettuata una trasfusione di sangue. Terapie salvavita possibili grazie ad un vero e proprio esercito di donatori formato da un milione e 700 mila individui. È a loro che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha deciso di dedicare il 14 giugno di ogni anno, data in cui dal 2004 si celebra la Giornata mondiale del donatore di sangue. «Il significato di questo giorno – spiega Giancarlo Maria Liumbruno, direttore del Centro Nazionale Sangue dell’Istituto Superiore di Sanità – è proprio quello di ringraziare tutti i donatori che quotidianamente consentono, con il loro gesto altruistico, di effettuare le terapie trasfusionali a 1800 pazienti al giorno. Ogni anno sono 3 milioni le unità raccolte, tra sacche di sangue, di plasma o di piastrine».
La Giornata mondiale del donatore di sangue si celebra ogni anno in un Paese diverso e il 2020 sarebbe toccato proprio all’Italia, ma «a causa della pandemia – continua Liumbruno – i festeggiamenti nella capitale italiana sono rimandati al 2021 e per quest’anno le celebrazioni si svolgeranno attraverso eventi online».
Ma se l’emergenza Covid ha costretto ad un cambio di programma, non ha di certo fermato la catena di solidarietà. «Soltanto in una prima fase della pandemia c’è stato un calo delle donazioni di circa il 12%, legato alle misure di contenimento messe in atto ed al timore di accostarsi agli ambienti sanitari. Ma una volta chiarito che la donazione del sangue è un’attività essenziale – sottolinea il direttore del Centro -, la situazione si è gradualmente sbloccata, addirittura superando l’usuale media di donazioni settimanali che sono passate da circa 48 mila a 56 mila sacche raccolte. Un aumento notevole che ha consentito anche di creare una riserva di sangue. Durante la fase 2 dell’emergenza, poi, le donazione hanno ripreso i loro consueti ritmi».
La pandemia non solo ha sollecitato un maggior numero di donatori, ma ha anche migliorato l’organizzazione della raccolta: «In questo periodo – commenta il direttore del Centro Nazionale Sangue -, laddove non si faceva, sono state programmate le donazioni per evitare l’affollamento delle sale di attesa e di quelle prelievi. Un’ottima e utile abitudine che ci permetterà anche in futuro di scaglionare le donazioni».
Ed è proprio nel sangue, in particolare nel plasma iperimmune, che si troverebbe una delle soluzioni più efficaci alla lotta al Covid-19. «Questa terapia – spiega Liumbruno – attende ancora la pubblicazione di evidenze scientifiche robuste, pertanto viene utilizzata nell’ambito di sperimentazioni cliniche. Probabilmente, a breve la situazione cambierà. Anche per la raccolta del plasma iperimmune è utilizzato un meccanismo di selezione che permette di individuare persone guarite dalla malattia da almeno 14 giorni che siano risultate negative a due diversi tamponi».
E quali sono invece i requisiti necessari per diventare un donatore di sangue abituale? «Innanzitutto è necessario essere in buona salute – dice Giancarlo Maria Liumbruno -. Poi, ci sono delle caratteristiche di dettaglio contenute nelle norme come l’età, compresa tra 18 e 65 anni, un peso minimo di 50 chili, un patrimonio di globuli rossi con valore di emoglobina superiore a 13,5 per gli uomini e 12,5 per le donne, l’assenza di malattie intercorrenti o infezioni. Il consiglio principale per chi vuole diventare donatore è quello di avvicinarsi ad un’associazione o ad una struttura trasfusionale presso gli ospedali pubblici, dove il personale medico provvederà alla selezione e sarà disponibile a fornire tutte le informazioni nel dettaglio, caso per caso. Anche il sangue donato, così come il singolo donatore, è sottoposto ad accurati controlli che ne garantiscono la sicurezza. In Italia, la possibilità di incorrere in una sacca di sangue potenzialmente infetto è di uno a svariati milioni».
Un sistema di donazione, raccolta e trasfusione che funziona: «Così com’è strutturato permette all’Italia di essere autosufficiente per globuli rossi donati da oltre 10-15 anni. Possiamo e dobbiamo fare dei passi in avanti, invece – commenta Liumbruno – per la raccolta del plasma e la produzione di farmaci plasmaderivati, per i quali l’autosufficienza nazionale oscilla tra il 70 e il 75%, a seconda della tipologia di medicinale. Nel 2017 è partito un programma quinquennale mirato proprio all’aumento di produzione dei plasmaderivati, con obiettivi cadenzati anno per anno. Obiettivi raggiunti e superati, ma che non devono farci abbassare la guardia. Un altro problema da tenere sotto controllo è la variazione di raccolta durante alcuni momenti dell’anno. Ad esempio, nel 2019, nel periodo dell’influenza siamo riusciti a non avere flessioni di donazione offrendo la vaccinazione antinfluenzale a tutti i donatori. Dobbiamo impegnarci di più con la programmazione per far sì che anche d’estate e soprattutto durante il mese più critico, quello di agosto, le donazioni non calino. Perché mentre i donatori vanno in ferie – conclude il direttore del Centro Nazionale Sangue – il bisogno di terapie trasfusionali non va mai in vacanza».
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