Con la pandemia e il distanziamento, il numero di pazienti che ha consultato internet per una diagnosi è aumentato moltissimo. Lo sfogo di un medico di famiglia: «I pazienti arrivano in studio già con una diagnosi fatta da sé, chiedendo farmaci e ricette. Non possiamo battere internet in velocità, ma per conoscenza del paziente sì»
La pandemia ce lo ha fatto intendere molto bene: la medicina avrà sempre più bisogno della tecnologia per raggiungere i propri pazienti. I lockdown e il distanziamento in generale hanno spinto tanti medici (e tanti pazienti) a guardare a questo nuovo approccio con fiducia, scoprendo persino che alle volte risulta più efficace dei metodi tradizionali. Insieme però a tutte le novità positive, la tecnologia da qualche anno ha dato ai medici di famiglia un nuovo nemico: il dottor Google.
Disponibile 24 ore su 24, questo onnisciente e velocissimo supereroe è il primo riferimento a cui oltre la metà dei pazienti si rivolge. Ancora prima di chiamare il proprio medico, comodamente seduti sul proprio divano, si è sempre pronti a trascrivere con precisione i propri sintomi sulla barra di ricerca e a leggere il risultato con uno scarto di qualche secondo. «Prima era tutto un “dottore mi fa male qui, che sarà?”, invece adesso ci si confronta con una diagnosi già certa, almeno secondo loro». Lo dice con un misto tra rammarico e ironia un medico di famiglia abruzzese che fa questo lavoro da 30 anni.
«Vengono in studio, aspettano il loro turno e poi dicono: “Ho visto su internet che ho questa malattia, mi dovrebbe prescrivere questo farmaco” – prosegue -. Spesso non accettano neppure repliche, si fidano ciecamente di quello che hanno letto e di fronte ai miei dubbi qualcuno assume atteggiamenti scostanti». I “pazienti di Google” non vogliono essere smentiti, quella pagina li ha convinti anche se spesso non è così affidabile come può sembrare.
La falsa convinzione che se una notizia è online debba essere vera, specie quando si tratta di salute, è quanto di più dannoso possa venire da internet. Non solo svaluta la preparazione del medico di famiglia, sostituito da siti non sempre affidabili, ma convince il paziente di avere patologie spesso più gravi rispetto alla realtà. «Complice sicuramente la pandemia, senti pazienti sempre più stressati e in ansia, sicuri di avere malattie molto gravi e molto rare, convinti di quello che hanno letto online», conferma il medico.
«Ricordo una paziente terrorizzata dalla certezza di avere un tumore alla gola – racconta – che mi chiamò piangendo perché riconosceva tutti i sintomi su Google. Le chiesi di stare calma e venire per una visita, alla fine era mononucleosi, ma in studio arrivò con un attacco di panico in corso». Dopo lo scampato pericolo la signora ha promesso al dottore di non googlare più i suoi sintomi, ma è «una goccia nel mare» ribadisce lui stesso.
Alcuni pazienti poi, durante il periodo più intenso di Covid-19, per paura di recarsi in studio hanno saltato totalmente la visita e cominciato addirittura una terapia guidati solo da internet. «Per fortuna prima di prendere un farmaco almeno una telefonata la fanno quasi tutti – commenta il mmg – ma mi è capitato questo ragazzo molto giovane che aveva smesso una terapia da me prescritta perché “secondo Google dava segni di miglioramento”. In questi casi è difficile non arrabbiarsi».
Oltre ad auto-diagnosticarsi qualcosa di troppo grave, con internet si rischia anche il contrario. Sottovalutare sintomi apparentemente di poca importanza e sentirsi rassicurati da un sito che consiglia integratori. «Questo è stato in realtà il mio più grande timore durante il lockdown invernale – concorda il medico -. Tenere sotto controllo tutti i miei pazienti era molto difficile e ho chiesto più volte di chiamarmi a qualsiasi ora per un dubbio o per sintomi inspiegabili. Poi quando ancora non si conoscevano bene le manifestazioni di Covid-19 ho chiesto di chiamarmi sempre, ma sa quante telefonate ho ricevuto che sono cominciate con: “Dottore ho il Covid”? Diagnosticato da internet, chiaramente».
Il medico abruzzese non si fa illusioni, sa bene che internet continuerà a far parte della vita di tutti noi, compresi i suoi pazienti. Quello che chiede però è di non dimenticare che c’è una figura, familiare appunto, a cui rivolgersi se si sente di non stare bene. «Rivolgetevi al vostro medico curante invece di convincervi di avere una malattia tropicale – insiste -. Non sottovalutate gli anni di studio e formazione che impieghiamo per curarvi».
Ai colleghi medici che sperimentano la stessa situazione con i propri pazienti consiglia di essere sempre più presente, con tutti i mezzi disponibili. «Noi medici di famiglia – conclude – siamo la prima linea del paziente. Battere internet in velocità è impossibile, dobbiamo puntare sulla precisione con cui conosciamo il paziente. Ci sono tanti nuovi mezzi tecnologici di cui approfittare, le chat in cui scambiarsi foto. Dobbiamo anche noi scollarci dalle retorica dello studio e spostarci dove serviamo di più, anche online».
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