Iannelli (FAVO): «Un malato di cancro su tre è in età lavorativa. Queste misure sono più urgenti che mai. Per le patologie oncologiche, così come per altre malattie gravi, non esiste una normativa organica»
Sono oltre 3 milioni e settecentomila le persone che oggi, grazie ai progressi della ricerca scientifica, vivono dopo la diagnosi di tumore. Tra questi circa un terzo è in età lavorativa. Così, affinché possa essere migliorata la qualità della vita dei malati di cancro e dei lungoviventi oncologici, affermato il diritto alla cura, alla riabilitazione bio-psico-sociale ed alla piena ed effettiva inclusione sociale e lavorativa FAVO, in rappresentanza delle centinaia associazioni di volontariato e di pazienti oncologici federate, ha partecipato ad un’audizione informale nell’ambito dell’esame delle proposte di legge (C. 153 Serracchiani, C. 202 Comaroli, C. 844 Gatta e C. 1128 Rizzetto e Lucaselli), recanti disposizioni sulla conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche.
«Le persone malate e guarite dal cancro incontrano anche ostacoli sul lavoro – dice Francesco De Lorenzo, presidente Favo, a Sanità Informazione -. Gli studi indicano che la condizione lavorativa delle persone con diagnosi oncologica, spesso, peggiora sensibilmente negli anni dopo l’esordio della malattia e durante i trattamenti antitumorali. Per questo, le misure per facilitare l’integrazione sociale e il reinserimento nel luogo di lavoro, compresa una valutazione iniziale e l’adattamento delle condizioni di lavoro per i malati di cancro, dovrebbero essere parti integranti del percorso dei pazienti».
Altrettanto spesso i lavoratori malati oncologici, acuti e cronici, ed i caregiver lavoratori non conoscono le norme che li tutelano, dai congedi ai permessi retribuiti, fino a flessibilità sul lavoro, assegni e pensioni o contributi previdenziali. «È di fondamentale importanza, quindi, – spiega il segretario generale Favo, Elisabetta Iannelli, in un’intervista a Sanità Informazione – che i diretti interessati, i loro familiari ma anche gli operatori socio-sanitari che si prendono cura dei malati oncologici, conoscano le procedure ed i diritti del malato oncologico in ogni ambito ed in particolare quelli assistenziali, previdenziali e lavorativi». (Per saperne di più consultare il libretto su “I diritti del malato di cancro”)
Per gli esponenti di FAVO gli strumenti di tutela indicati nelle diverse proposte di legge, discusse nel corso dell’audizione, sono certamente idonei a garantire in concreto la piena ed effettiva inclusione dei lavoratori subordinati pubblici e privati malati di cancro. «È apprezzabile l’intento di introdurre e rinforzare forme di sostegno per i lavoratori con P. IVA, per i quali la diagnosi ed i trattamenti oncologici rappresentano un evento che pone a forte rischio la prosecuzione dell’attività lavorativa e che può essere causa di impoverimento e marginalizzazione sociale», aggiunge Iannelli. Tuttavia, affinché la legge possa avere gli effetti sperati, sarebbe necessario provvedere ad un’integrazione delle proposte di legge.
Ecco alcuni dei suggerimenti avanzati da FAVO, durante la sua audizione. Tra le prime richieste quella di «rendere omogeneo il periodo di comporto per tutti i lavoratori dipendenti ed equiparare lavoratori privati e pubblici, con l’obbligo per il datore di lavoro di comunicare al lavoratore, con almeno trenta giorni di anticipo sulla scadenza, che il periodo di comporto sta per scadere. Sarebbe necessario – dice Iannelli – prevedere un periodo di “comporto lungo” indennizzato e coperto da contribuzione previdenziale (aggiuntivo rispetto al periodo di comporto ordinario) per tutti i lavoratori subordinati pubblici e privati affetti da patologie oncologiche, croniche o ingravescenti, sottoposti a terapie salvavita. Inoltre, prevedere forme di contribuzione figurativa nei periodi di aspettativa non retribuita finalizzata alla mera conservazione del posto di lavoro».
Tra le richieste della Favo anche «l’esclusione, per tutti i lavoratori pubblici e privati, dal computo del periodo di comporto dei giorni di ricovero ospedaliero o di day hospital per terapie salvavita e dei giorni di assenza dovuti agli effetti collaterali di dette terapie. Nonché la previsione esplicita del divieto di lavoro in orario notturno per i lavoratori malati, la revisione del congedo retribuito di 30, fruibile anche per visite, esami e terapie di tipo riabilitativo, la previsione dell’equiparazione dei giorni di assenza per visite specialistiche, per esami diagnostici anche di sorveglianza attiva e di follow up, e per trattamenti riabilitativi ai giorni di assenza per malattia. Ancora – aggiunge Iannelli – aumento del periodo previsto per il riconoscimento dell’indennità di malattia per i lavoratori autonomi affetti da patologie oncologiche e iscritti alla Gestione separata INPS, la previsione di un atto di indirizzo alle casse di previdenza ordinistiche delle libere professioni, affinché garantiscano in modo omogeneo interventi minimi a sostegno del reddito professionale». Tra le altre proposte anche quella di coinvolgere le associazioni dei pazienti e di volontariato oncologico nelle attività di approfondimento ed istruttoria governativa e/o parlamentare al fine di individuare le soluzioni più idonee e valorizzazione del ruolo delle associazioni nell’informazione ai malati e caregiver sui rispettivi diritti sul lavoro.
Che le richieste avanzate da FAVO corrispondano ad esigenze reali lo dimostra una ricerca promossa e realizzata dalla stessa Federazioni tra oltre mille pazienti e altrettanti caregiver. Dallo studio è emerso che oltre il 70% dei cittadini colpiti da cancro ha delle difficoltà finanziarie. Per il 30% la malattia ha influito negativamente sulla carriera in termini di mancato avanzamento, riduzione dell’orario di lavoro da full-time a part-time, ricollocazione in altro ambito professionale e, nei casi più drammatici, perdita del lavoro. Tra i pazienti oncologici infatti, la popolazione attiva diminuisce a seguito della diagnosi dal 51% al 39%. I pazienti (e ancor più i caregiver oncologici) più penalizzati in termini di disagio economico rilevante sono i lavoratori autonomi, liberi professionisti, commercianti, artigiani che non sono adeguatamente tutelati e non hanno diritto a sostegni economici né ad agevolazioni fiscali o contributive che potrebbero, almeno in parte, compensare la perdita economica causata dalla patologia oncologica, ad eccezione di alcune forme settoriali e sporadiche di assistenza da parte delle rispettive enti/casse previdenziali. Ma non è tutto: anche per i caregiver le difficoltà da affrontare non sono affatto poche. Il 40% dei prestatori di cura dei pazienti oncologici subisce un disagio economico, che diventa rilevante per specifiche categorie tra cui i liberi professionisti ma anche i lavoratori fragili, cioè coloro che hanno contratti a tempo determinato o forme flessibili.
«Considerando che un malato di cancro su tre è in età lavorativa, queste misure sono più urgenti che mai – dice Iannelli -. Per le patologie oncologiche, così come per altre malattie gravi, non esiste una normativa organica che tuteli i lavoratori malati, come invece è previsto specificatamente con la normativa per la tubercolosi (legge 1088/70; legge n. 429/75 e legge n. 88/87). Tali diritti e sostegni economici devono applicarsi sia nella fase acuta di malattia che nella fase di follow up e riguardare sia i lavoratori malati sia i caregiver lavoratori, ma anche le persone sane ad alto rischio genetico di malattia oncologica derivante da mutazione genetica accertata (ad es. BRCA, Lynch). È necessario che sanità, assistenza e previdenza collaborino, non solo per restituire ai malati oncologici la serenità che ha un impatto sulla qualità della vita e sulla prognosi – conclude il segretario Favo – ma anche per il benessere sociale ed economico del paese».
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