Il Piano oncologico, appena varato dal Ministero della Salute, non convince le associazioni dei pazienti. Per Elisabetta Iannelli (FAVO) «manca una visione strategica a monte», mentre per Francesca Traclò (AIMAC) «il sistema è intrappolato sui numeri e le prestazioni e non si guarda alla qualità delle cure». Polemiche per la scomparsa dell’esenzione 048 temporanea e per l’assenza di riferimenti all’assistenza psicologica
La strada del Piano oncologico nazionale 2022 – 2027 parte subito in salita. Appena varato dal ministero della Salute, e ora all’attenzione della Conferenza Stato – Regioni, il Piano rischia di partire con la netta insoddisfazione delle associazioni dei pazienti. Il nodo non è tanto il merito delle azioni, su cui c’è ampia condivisione, ma l’assenza di un vero e proprio cronoprogramma in cui siano indicate le risorse destinate all’attuazione oltre a indicatori di monitoraggio e di governance. A complicare il quadro la retromarcia nell’ultima versione sull’esenzione temporanea dal ticket per sospetto diagnostico, presente invece nelle versioni precedenti.
Per l’avvocato Elisabetta Iannelli, Segretario Generale della FAVO, Federazione delle Associazione di Volontariato in Oncologia – serve un cambio di passo: «Occorre un cronoprogramma con stanziamenti specifici di risorse, indicatori di verifiche, chiunque fa una programmazione declina così un piano – spiega a Sanità Informazione -. Abbiamo contribuito alla stesura di queste 130 pagine e le condividiamo. Ma così è solo un documento tecnico scientifico che rischia di diventare un libro dei sogni. Questa nostra annotazione è stata inviata al Ministero e ai direttori generali, offriamo piena collaborazione per raggiungere l’obiettivo. Così com’è non so se le Regioni lo approveranno».
In fase di discussione, dal ministero non sono arrivate indicazioni precise sulle risorse ma solo una generica volontà di attingere dalle risorse della Mission 6 del PNRR: «Il problema – spiega Iannelli – è che se non c’è una visione strategica e una programmazione strategica a monte, a valle ogni regione fa quello che può. Le regioni non si assumeranno un impegno di spesa più che rilevante senza avere un riferimento certo nei finanziamenti. Il riferimento al PNRR, del resto, ormai ha poco senso dato che i fondi stanno per finire».
La delusione più grande è quella riferita all’esenzione 048 temporanea per i ticket dal piano. «Fino alla penultima versione c’era, poi è sparita – spiega Iannelli -. Oggi esiste solo in Piemonte: quando c’è un sospetto diagnostico per cui si sospetta un tumore, si viene sottoposti a una serie di ulteriori esami che spesso sono anche esami costosi come le risonanze magnetiche per avere conferma della diagnosi. Dato che ancora non c’è la certezza della patologia e quindi non c’è esenzione per patologia, tranne che in Piemonte gli esami sono a pagamento. In questo momento, tra liste di attesa sempre pi lunghe e screening saltati per il Covid, l’esenzione 048 temporanea rappresenta una misura oltre che di civiltà sociale e sanitaria anche di sostegno alle famiglie che tendono a rinviare gli esami perché non hanno i soldi».
Insoddisfazione si registra anche sul fronte dell’assistenza psicologica: al Ministero hanno sottolineato la novità del bonus psicologo ma la misura non convince le associazioni che reclamano un sostegno strutturale assumendo un numero ben determinato di psicologi dedicati all’assistenza dei malati oncologici.
Le critiche sono condivise dal mondo delle associazioni. Per Francesca Traclò, Componente del direttivo di AIMAC (Associazione Italiana Malati di Cancro) e delegata AIMAC al tavolo di lavoro del Piano oncologico del Ministero della Salute, il Piano così com’è rischia di essere un mero adempimento burocratico: «È chiaro ed evidente che non si sarebbe andati da nessuna parte. Un piano ha un senso se viene costruito con chi poi lo deve mettere in pratica. Nella costruzione del gruppo di lavoro c’erano le associazioni dei malati e le società scientifiche, ma poche direzioni sanitarie, le regioni avevano una rappresentanza limitata. Siamo partiti che di fatto già sapevamo che non saremmo andati lontani».
«Il Piano è stato un adempimento burocratico non la volontà di fare qualcosa di diverso – aggiunge Traclò -. Se vogliamo cambiare l’oncologia dobbiamo dire verso quale direzione dobbiamo andare. Nel Piano questo non è chiaro. Bisogna stabilire un meccanismo di governance. Se diciamo di voler fare la digitalizzazione, mi devi poi dire chi lo fa, come lo fa, chi controlla, come superiamo i limiti del fascicolo sanitario elettronico. Non si può cambiare la sanità con gli atti amministrativi».
«Io sono una malata metastatica che si reca spesso in ospedale – spiega Traclò -. Le condizioni ospedaliere sono peggiorate. Si cura la malattia ma non la persona. Una scelta perdente sia per i costi della sanità che per le prognosi. Il Piano dovrebbe essere rifatto da capo. Non serve una rivoluzione, decidiamo cosa cambiare ma facciamolo sul serio. C’è una emergenza vera, concreta e reale. I pazienti vogliono rassicurazioni sul fatto che i prossimi cinque anni li dedichi a cambiare l’oncologia perché è necessario. Il sistema è così intrappolato sui numeri e le prestazioni che non si guarda alla qualità delle cure, ciò che fa la differenza. Serve un piano di 20 pagine, non di 200, in cui si decidono gli obiettivi del governo che vanno condivisi dalle regioni e si stabiliscono poche cose».
Punta il dito contro l’assenza di risorse certe anche Davide Petruzzelli, Presidente dell’Associazione Lampada di Aladino (malattie oncoematologiche) e coordinatore gruppo di lavoro Favo neoplasie ematologiche. «Dovevamo fare un esercizio che era quello di recepire quello che l’Europa ha concepito nel Piano oncologico europeo e declinarlo secondo le nostre necessitò mettendoci le risorse – spiega a Sanità Informazione -. Territorialmente dovremmo assumere infermieri e medici, lei mi dice dove li andiamo a trovare se nelle università abbiamo ancora il numero chiuso?».
Per Petruzzelli il piano «è un bellissimo documento tecnico, ma non sappiamo come finanziarlo. Le reti oncologiche regionali vanno finanziate. In Lombardia hanno aperto una rete sulla nutrizione clinica che coinvolgerà anche l’oncologia ma non è finanziata. Una rete non finanziata vuol dire che non ci saranno i soldi per il nutrizionista. Tanta buona volontà ma di fatto si tradurrà in qualche cosa che avrà un impatto molto inferiore a quello atteso».
Resta poi il nodo della riforma della sanità territoriale e quale impatto avrà sui malati oncologici: «Questo PNRR è l’ultima occasione che passa, ho come la sensazione che se andrà come va il piano oncologico sarà un’occasione mancata. La territorialità non ha una modellistica di presa in carico dei pazienti. Non sappiamo nelle case di comunità quali pazienti oncologici riusciremo a prendere in carico e quali servizi saranno assicurati. Ad esempio, al ministero ancora non sono convinti che serva il supporto psicologico per la malattia oncologica, quando tutta la letteratura ce lo racconta. Non è stato investito un centesimo in vent’anni, il sistema Paese non crede nel supporto psicologico. Stiamo traslocando dei servizi dagli ospedali ma noi non sappiamo se il paziente oncologico potrà avere aiuto dal territorio».
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