“Sammy-seq”, “base-editing” e farmaci che rallentano la progressione della patologia: ecco le tre scoperte che hanno rivoluzionato il trattamento della progeria, la patologia dell’invecchiamento precoce
A chi gli chiede se ha paura, risponde di no. Almeno non più. Da quando è entrato a far parte del team di ricercatori che studiano la progeria, malattia da cui è affetto sin dalla nascita, Sammy Basso, ha smesso di temerne le conseguenze. La progeria è una malattia genetica rarissima caratterizzata dalla comparsa di un invecchiamento precoce nei bambini e ne colpisce uno ogni 4-8 milioni nati. Il termine progeria deriva dal greco e significa, per l’appunto, “prematuramente vecchio”.
Sammy, 25 anni, già laureato in scienze naturali con il massimo dei voti e specializzato in biologia molecolare, ha ricevuto la diagnosi di progeria a due anni. «Studiare la progeria mi aiuta a capire quello che sta accadendo al mio corpo: trovare una spiegazione per me è molto più rassicurante del non sapere. All’inizio temevo che da paziente sarebbe stato difficile essere uno scienziato obiettivo, capace di guardare i dati, lasciando le emozioni in disparte. E, invece, posso affermare con sicurezza che finora ci sono riuscito. Anzi, la componente emotiva ha rappresentato la spinta ideale per fare sempre meglio e di più», assicura il giovane.
La progeria è causata da una mutazione del gene chiamato Lmna. Questo gene produce la proteina Lamin-A, che costituisce il sostegno strutturale che unisce il nucleo di una cellula. Sarebbe la mancanza della proteina Lamin-A a rendere il nucleo instabile, e l’instabilità cellulare a portare al processo di invecchiamento precoce. «Quando ho ricevuto la diagnosi, 23 anni fa – racconta Sammy – le cause della patologia erano del tutto sconosciute. Non esistevano esami del Dna che la potessero accertate, né trattamenti in grado di rallentarne il decorso. La diagnosi non poteva che basarsi su sintomi visibili». I bambini malati di progeria nascono in apparenza sani, ma già dai primi mesi di vita si possono riscontrare alcuni sintomi: indurimento della pelle, reticolo venoso molto evidente, insufficienza del grasso sottocutaneo, scarsa crescita staturo-ponderale. Verso i 18-24 mesi iniziano ad essere evidenti, poi, anche i primi segni di invecchiamento accelerato «E, una volta evidenziata la malattia – aggiunge Sammy -, vent’anni fa, non si poteva fare altro che prenderne atto e conviverci».
Ma nel giro di un decennio sono comparsi i primi segni di speranza. «A dodici anni sono stato sottoposto ad alcuni trattamenti. E questo è stato il momento più difficile della mia vita. Si accendeva una luce nella mia vita, ma contemporaneamente dovevo combattere con tutti gli effetti collaterali dei farmaci che stavo assumendo», ricorda il venticinquenne.
Da quel momento, la ricerca ha fatto passi da gigante, fino al “Sammy-seq”, una tecnologia innovativa basata sul sequenziamento del Dna, mirata a classificare la struttura in base ad alcuni parametri chimico-fisici della molecola. Utilizzando questa tecnologia sulle cellule dei pazienti affetti da progeria, i ricercatori hanno identificato delle alterazioni della struttura tridimensionale del Dna che sono all’origine del suo malfunzionamento. Il Sammy-seq, acronimo di “Sequential Analysis of MacroMolecules accessibilitY” è anche un omaggio proprio a Sammy Basso.
«Attualmente, i riflettori della scienza – spiega Sammy – sono puntati anche sulla relazione tra progeria e infiammazione. Inoltre, la progeria e l’invecchiamento naturale hanno molto in comune. Infatti, i bambini con progeria sono geneticamente predisposti a malattie del cuore, infarto, angina-pectoris, pressione alta, insufficienza cardiaca, cuore ingrossato, tutte malattie tipiche delle persone anziane. Quindi, studiare la correlazione tra la progeria e queste patologie potrebbe rivelare informazioni utili anche al trattamento di quei pazienti che ne soffrono a causa di un invecchiamento naturale».
Anche nel campo della ricerca farmaceutica c’è molto fermento: «L’anno scorso – racconta il giovane scienziato – è stato approvato il primo trattamento contro la progeria. Non si tratta di una cura risolutiva ma di una terapia in grado di rallentare la progressione della malattia». Tuttavia la possibilità di giungere ad un trattamento capace di curare la malattia non è un’ipotesi fantascientifica.
«Già da qualche anno diversi gruppi di ricerca stanno studiando l’editing genomico come possibile strategia terapeutica», dice Sammy. Un studio, che porta la firma di David Liu, pioniere dell’editing genomico, e di Francis Collins, direttore del NIH – ha dimostrato, in studi preclinici su topi, la possibilità di usare la tecnica di “base-editing” per modificare in maniera precisa ed efficace la mutazione del gene che causa la progeria. «Partecipare ai congressi scientifici e sentir parlare di una concreta possibilità di cura è sicuramente la gioia più grande che possa aver provato nella mia vita. L’obiettivo a cui puntiamo, attraverso il “base-editing”, è di intervenire laddove è presente la mutazione per renderla sana». Arriverebbe, così, il giorno più bello della vita di Sammy e di chi come lui, 4 persone in Italia e 190 nel mondo (anche se i casi in alcuni Paesi potrebbero essere stimati), vorrebbe poter cambiare le pagine di un destino già scritto.
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