Uno studio italiano sulla leucemia mieloide acuta ha permesso di sviluppare particolari cellule geneticamente modificate (CAR-CIK) in grado di agire contro il microambiente tumorale, composto anche da cellule sane che proteggono e fanno proliferare le cellule malate
Come agenti infiltrati, le cellule leucemiche sono in grado di allearsi con alcune sane dal sangue che, come se fossero loro complici, le aiutano a proliferare e le difendono dalle terapie. In pratica le cellule malate possono contare su un microambiente tumorale che le protegge e fa loro da scudo. Per contrastare questo fenomeno, che si verifica in particolare nella leucemia mieloide acuta (LMA), i ricercatori della Fondazione Tettamanti hanno sviluppato in laboratorio una versione geneticamente modificata dei linfociti T, il tipo di globuli bianchi che ha specifiche funzioni difensive. Le cellule così modificate sono in grado di riconoscere e aggredire sia quelle leucemiche, sia la particolare categoria di cellule sane che le protegge, ovvero le mesenchimali stromali (MSC). Il lavoro, pubblicato sulla rivista Frontiers in Immunology, è stato sostenuto dalla Fondazione AIRC.
Per ottenere questi risultati i ricercatori hanno dotato i linfociti T di una doppia arma: due differenti proteine capaci di intercettare e interagire con altre due proteine che si trovano rispettivamente sulla superficie delle cellule leucemiche (il marcatore CD33) e sulle mesenchimali stromali o MCS (il marcatore CD146). Le seconde offrono protezione alle prime. I dati derivano da esperimenti in vitro. Innanzitutto, hanno confermato che le MSC cercano di intralciare le terapie e per questo indicano la necessità di utilizzare strategie di attacco sinergico per contrastare più efficacemente la leucemia mieloide acuta.
I linfociti T utilizzati nello studio sono cellule CAR-CIK (Cytokine-Induced Killer) e rappresentano una ulteriore e necessaria evoluzione della terapia CAR-T (Chimeric Antigen Receptor T cell), finalizzata a contrastare patologie molto complesse e aggressive come la leucemia mieloide acuta. Se nella terapia CAR-T i linfociti T sono prelevati dai pazienti e modificati, con le CAR-CIK i linfociti T sono estratti dal sangue di un donatore attraverso un processo più semplice e meno costoso, che non richiede l’utilizzo di vettori virali (i virus inattivati, utilizzati nelle CAR-T per modificare il DNA dei linfociti e renderli cellule-farmaco contro il tumore).
«Per un trattamento efficace della leucemia mieloide acuta è necessario superare alcuni ostacoli, come il microambiente tumorale che circonda le staminali leucemiche e le cellule leucemiche più mature (o blasti)», spiegano Marta Serafini, capo Unità Cellule staminali e Immunoterapia della Fondazione Tettamanti – IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza, e Sarah Tettamanti, ricercatrice della Fondazione Tettamanti. «Tale microambiente è creato e regolato dall’interazione bidirezionale continua tra le stesse cellule leucemiche e le cellule non ematopoietiche del midollo osseo. Queste ultime non portano alla formazione degli elementi del sangue (globuli rossi, globuli bianchi, mastociti, piastrine ecc.) ma contribuiscono in vario modo alla sopravvivenza e alla moltiplicazione delle cellule ematopoietiche, comprese quelle geneticamente alterate che portano allo sviluppo della leucemia. Per questo il microambiente tumorale sembra essere un bersaglio terapeutico promettente, verso cui indirizzare nuove strategie di trattamento per combattere la leucemia mieloide acuta, in aggiunta all’aggressione diretta delle cellule leucemiche».
«Tra i diversi tipi di cellule non ematopoietiche di supporto presenti nella nicchia del microambiente tumorale – spiega Andrea Biondi, direttore scientifico della Fondazione Tettamanti e dell’IRCSS San Gerardo dei Tintori di Monza – le mesenchimali stromali (MSC) sembrano avere un ruolo chiave nel proteggere le cellule leucemiche e nel promuoverne la proliferazione. Ciò avviene tramite innumerevoli meccanismi che chiamano in causa il rilascio di sostanze, aumentando la sopravvivenza delle cellule tumorali. Per disinnescare questo meccanismo, lo studio è stato concepito in due fasi: nella prima, sono state create le cellule CAR-CIK ‘bispecifiche’ con i due recettori CD33/CD146; nella seconda, è stata valutata la capacità antileucemica di queste cellule CAR-CIK in esperimenti con cellule in coltura».
«I risultati confermano che nonostante le CAR-CIK riescano a colpire le cellule malate, il loro microambiente – sottolinea Biondi – influisce sulla loro funzionalità. L’azione delle cellule CAR-CIK dovrà essere quindi verificata in esperimenti con animali di laboratorio. Tali studi aiuteranno anche a comprendere meglio i meccanismi che creano e mantengono la nicchia del microambiente tumorale nel midollo osseo dei pazienti con leucemia e, su queste basi, a perfezionare l’approccio terapeutico per ottimizzarne l’efficacia».
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