Salute 11 Maggio 2021 12:04

L’immunità nei guariti Covid dura almeno 8 mesi. Lo studio di San Raffaele-Iss

Lo studio dei ricercatori del San Raffaele con l’Iss parla chiaro: fino a otto mesi di immunità per i guariti da Covid, indipendentemente da gravità della malattia, età e precedenti patologie. L’importante è produrre anticorpi nei primi 15 giorni

L’immunità nei guariti Covid dura almeno 8 mesi. Lo studio di San Raffaele-Iss

Fino a otto mesi di anticorpi neutralizzanti dopo Covid-19, indipendentemente da età, patologie e gravità della malattia. I ricercatori dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, hanno raccontato i dati in uno studio pubblicato su Nature Communications. Dai risultati su 162 pazienti con la malattia da nuovo coronavirus hanno anche dedotto l’importanza della formazione di anticorpi nei primi 15 giorni per evitare un decorso grave.

La scienza italiana unisce i tasselli per dare informazioni su uno dei punti interrogativi principali di questi mesi. Quanto dura l’immunità dopo la guarigione? Avere avuto una forma leggera significa perderla più rapidamente? La risposta è: l’immunità dura almeno otto mesi indipendentemente dallo sviluppo della malattia e dalle caratteristica del paziente.

I team di ricerca

L’Unità di Evoluzione e Trasmissione Virale dell’Irccs San Raffaele diretta da Gabriella Scarlatti ha lavorato con i ricercatori del San Raffaele Diabetes Research Institute di Lorenzo Piemonti, sviluppando un test per anticorpi che sfrutta la tecnica di uno usato per il diabete di tipo 1. I ricercatori del Centro per la Salute Globale e del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), coordinati da Andrea Cara e Donatella Negri, sfruttando le competenze e le tecniche già impiegate per lo studio dei vaccini anti-HIV, hanno lavorato in stretto contatto con il gruppo di Gabriella Scarlatti per sviluppare un nuovo metodo per la valutazione degli anticorpi neutralizzanti contro Sars-CoV-2.

I metodi dello studio

Sono stati coinvolti nello studio 162 pazienti positivi al virus, con sintomi di vario livello ed entità, arrivanti al Pronto soccorso del San Raffaele durante la prima ondata di pandemia. I primi campioni di sangue risalgono a marzo-aprile 2020, gli ultimi a novembre 2020. Il gruppo di pazienti è composto al 67% da maschi, con un’età media di 63 anni. Il 57% soffriva di una seconda patologia oltre al Covid-19 al momento della diagnosi, l’ipertensione (44%) e il diabete (24%) le più frequenti. Su 162 pazienti, 134 sono stati ricoverati.

Gli scienziati si sono assicurati prima di tutto del fatto che i pazienti avessero sviluppato anticorpi specifici e neutralizzanti contro Sars-CoV-2, e poi hanno indagato sulla riattivazione degli anticorpi per i coronavirus stagionali, come il raffreddore, con l’intento di verificare se ci fosse un impatto sulla risposta contro Sars-CoV-2. «Questi anticorpi riconoscono parzialmente il nuovo coronavirus e possono riattivarsi a seguito del contagio, pur non essendo efficaci nel neutralizzarlo», spiega Gabriella Scarlatti. Si temeva «che la loro espansione potesse rallentare la produzione degli anticorpi neutralizzanti specifici per Sars-CoV-2, con effetti negativi sul decorso dell’infezione».

I risultati dello studio

Il primo risultato importante è stata la dimostrazione che una formazione precoce di anticorpi neutralizzanti è correlata a un maggiore controllo del virus da parte del corpo e, a lungo andare, con una maggiore sopravvivenza dei pazienti. Nei primi 15 giorni il 79% dei coinvolti nello studio li aveva prodotti. I restanti sono risultanti a maggior rischio per le forme gravi della malattia, indipendentemente da altri fattori come l’età o lo stato di salute.

La presenza degli anticorpi neutralizzanti, pur con una riduzione nel tempo, è risultata molto persistente: a otto mesi dalla diagnosi erano solo tre i pazienti che non mostravano più positività al test. Inoltre, la riattivazione di anticorpi pre-esistenti per i coronavirus stagionali non ha alcuna influenza nel ritardare la produzione degli anticorpi specifici per Sars-CoV-2 e non è associata a maggior rischio di decorsi gravi del Covid-19.

I prossimi obiettivi

«Quanto abbiamo scoperto ha delle implicazioni sia nella gestione clinica della malattia nel singolo paziente, sia nel contenimento della pandemia», chiarisce Gabriella Scarlatti. «Secondo i nostri risultati, infatti – conclude – i pazienti incapaci di produrre anticorpi neutralizzanti entro la prima settimana dall’infezione andrebbero identificati e trattati precocemente, in quanto ad alto rischio di sviluppare forme gravi di malattia. Gli stessi risultati ci danno però anche due buone notizie: la prima è che la protezione immunitaria conferita dall’infezione persiste a lungo; la seconda è che la presenza di una pre-esistente memoria anticorpale per i coronavirus stagionali non costituisce un ostacolo alla produzione di anticorpi contro Sars-CoV-2. Il prossimo step è capire se queste risposte efficaci sono mantenute anche con la vaccinazione e soprattutto contro le nuove varianti circolanti, cosa che stiamo già studiando in collaborazione con i colleghi del Iss».

 

Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato

Articoli correlati
Long Covid: scoperto meccanismo autoimmune dietro complicanze cardiache
Nella metà dei casi, i pazienti ricoverati per Covid-19 con conseguente danno cardiaco soffrono di complicanze al cuore per diversi mesi dopo le dimissioni. Un gruppo di ricercatori Humanitas ha studiato il meccanismo all’origine del fenomeno: una reazione autoimmune che potrebbe spiegare la varietà delle manifestazioni - anche non cardiache – del Long Covid. I risultati pubblicati su Circulation.
Se (e quando) fare la quarta dose dopo essere stati positivi al Covid?
Continuare a vaccinarsi contro Covid-19 rimane la strategia più efficace per proteggersi dal rischio di sviluppare una forma grave della malattia. Lo spiega a Sanità Informazione il virologo Fabrizio Pregliasco
Dopo quanto tempo ci si può ammalare di nuovo di Covid-19?
Gli studi indicano che le reinfezioni con Omicron sono più frequenti. Una ricerca suggerisce un intervallo tra i 90 e i 640 giorni, un'altra tra i 20 e i 60 giorni
GB: 74 britannici hanno avuto l’infezione Covid-19 ben 4 volte
Nel Regno Unito 74 persone sono state infettate 4 volte da Covid. Può capitare ad esempio quando emerge una nuova variante contro la quale gli anticorpi di una precedente infezione da Covid sono meno efficaci
Contro Omicron il vaccino J&J è più efficace e duraturo, lo rivela un’analisi Usa
Un'analisi basata sui dati dei CDC mostra che il vaccino J&J è più efficace contro la variante omicron
GLI ARTICOLI PIU’ LETTI
Advocacy e Associazioni

Alzheimer, Spadin (Aima): “Devasta l’economia della famiglia, la sfera psicologica e le relazioni di paziente e caregiver”

La Presidente Aima: “Due molecole innovative e capaci di modificare la progressione della malattia di Alzheimer sono state approvate in diversi Paesi, ma non in Europa. Rischiamo di far diventar...
Salute

Disturbi alimentari, ne soffrono più di tre milioni di italiani. Sipa: “Centri di cura pochi e mal distribuiti”

Balestrieri (Sipa): "Si tratta di disturbi che presentano caratteristiche legate certamente alla sfera psicologica-psichiatrica, ma hanno anche un’importante componente fisica e nutrizionale che...
Prevenzione

Influenza, Lopalco (epidemiologo): “Picco atteso tra la fine di dicembre e l’inizio del nuovo anno. Vaccinarsi subito”

L'epidemiologo a Sanità Informazione: "Vaccinarsi contro influenza e Covid-19 nella stessa seduta: non ci sono controindicazioni, solo vantaggi"