In Italia ogni anno si registrano 40.000 nuovi casi di linfedema. Di questi, almeno la metà interessa pazienti sottoposti all’asportazione di linfonodi in seguito all’insorgenza di tumori. Questa asportazione determina poi stasi linfatica e quindi gonfiore cronico delle braccia o delle gambe. L’incidenza è in crescita. A spiegarlo è Marzia Salgarello, chirurgo plastico presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRRCS e presidente Beautiful After Breast Cancer (BABC) Italia Onlus, in occasione del World Lymphedema Day, la giornata mondiale del linfedema, che si celebra oggi, Per l’occasione la Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva-rigenerativa ed Estetica (Sicpre) organizza un evento a Bari nella sede dell’Università Aldo Moro.
Il linfedema è una patologia caratterizzata da un aumento di volume degli arti, braccia o gambe, e più raramente dei genitali. Nella maggior parte dei casi, il linfedema è secondario a interventi di asportazione dei linfonodi, la linfoadenectomia ascellare o inguinale, ma esistono anche forme congenite o infettive o post-traumatiche. “Il linfedema dell’arto superiore è una complicanza non rara degli interventi di mastectomia e svuotamento ascellare per carcinoma della mammella”, spiega Salgarello. “È una malattia cronica e ingravescente. Questo vuol dire che accompagnerà la paziente per tutta la vita. La buona notizia, però, è che oggi possiamo fare molto per il linfedema, sia grazie a terapie fisiche, che vedono fisiatri e fisioterapisti in prima linea – continua – con la fisioterapia decongestiva, il bendaggio e l’utilizzo di un indumento compressivo su misura che va cambiato ogni 6 mesi, sia grazie alla chirurgia plastica con tecniche di microchirurgia e super microchirurgia, quali quelle utilizzate per le anastomosi linfatico-venose”.
“In una persona sana la linfa viene scaricata nel sangue venoso dopo un lungo percorso che attraversa i canali linfatici di tutto il corpo ed i linfonodi fino al collo”, spiega Salgarello. “Dopo l’asportazione dei linfonodi per terapia oncologica, però, la linfa non può essere scaricata e pertanto ‘intasa’ i tessuti dell’arto interessato. Se occorre, s’interviene con la chirurgia microscopica di altissima specializzazione, con le anastomosi linfatico-venose, ovvero mini bypass tra i piccoli linfatici superficiali – prosegue – e le piccole vene del tessuto sottocutaneo allo scopo di riversare la linfa direttamente nel sangue venoso. Tali bypass si effettuano tramite incisioni di circa 2 centimetri, paragonabili ai tagli praticati per togliere un neo. L’impatto sul paziente è perciò minimo. Un’altra possibilità chirurgica è il trapianto dei linfonodi da una sede all’altra. Ma questa è una chirurgia più elaborata anche per il paziente, da applicare in casi selezionati”.
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