Il lockdown ha messo in standby milioni di prestazioni sanitarie che ora devono essere recuperate. Per Moccia (Cittadinanzattiva) bisogna tornare al Piano nazionale «che stabilisce tempi massimi per esami e visite». Interpellanza della Grillo a Speranza: «Siano illustrate le modalità di monitoraggio dei tempi di attesa»
La sanità post emergenza Covid rischia di essere travolta dall’enorme numero di prestazioni non erogate durante il lockdown con le liste di attesa che ovunque in Italia hanno visto un aumento esponenziale. Alla denuncia del presidente dell’Ordine dei Medici di Roma Antonio Magi che qualche giorno fa parlava di «un milione di prestazioni da recuperare e liste di attesa ancora in parte congelate» nella Capitale, si sono aggiunte notizie simili da diverse parti d’Italia.
In Sardegna l’associazione pensionati delle Acli, la Fap, ha denunciato che visite ed esami sull’isola hanno subìto un aumento medio di 100 giorni; in Campania, secondo quanto riportato da Il Mattino, sono 30mila le prestazioni ambulatoriali e di ricovero accumulatesi durante il lungo stop del lockdown. A completare il quadro i numeri offerti sul Corriere della Sera da Dataroom, secondo cui in questi mesi sono saltati 12,5 milioni di esami diagnostici, 20,4 milioni di analisi del sangue, 13,9 milioni di visite specialistiche e oltre un milione di ricoveri: secondo il Centro di ricerca in economia e management in Sanità- Crems, in assenza di provvedimenti mirati, la durata della lista di attesa d’ora in avanti sarà dai 3 ai 4,1 mesi con il raddoppio del tempo necessario per ottenere una prestazione.
«La questione delle liste d’attesa è tornata a farsi complessa. Complice la pandemia, le attese per accedere alle prestazioni ambulatoriali programmabili sono oltre i limiti. Non va affatto bene: rallentare diagnosi e prevenzione non può mai essere giustificato, nemmeno da situazioni straordinarie come questa», spiega a Sanità Informazione l’ex ministro della Salute Giulia Grillo, da sempre attenta alla tematica. Durante il suo incarico a Lungotevere Ripa è stato approvato il Piano nazionale per le liste di attesa (PNGLA) e nella legge di Bilancio 2019 per il triennio 2019-21 sono stati messi a disposizione delle regioni importanti risorse, 350 milioni ad hoc per il potenziamento dell’infrastruttura tecnologica e digitale dei Cup delle Regioni.
«Per monitorare la situazione, è stato anche istituito l’Osservatorio nazionale sulle liste d’attesa durante il mio mandato da ministro della Salute – ricorda Giulia Grillo – con il compito di supportare le Regioni e le Province Autonome nell’implementazione delle disposizioni contenute nel PNGLA 2019-2021. Ho quindi chiesto al ministro Speranza con un’interpellanza depositata lo scorso 3 febbraio, che siano illustrate le modalità di monitoraggio dei tempi di attesa delle prestazioni ambulatoriali, le modalità e i tempi con i quali il ministero della Salute intende mettere a disposizione di tutti i cittadini i dati oggetto di monitoraggio del PNGLA e una relazione dell’Osservatorio nazionale sulle liste di attesa che riporti gli interventi effettuati dall’Osservatorio ed il rilevamento delle criticità, per singola Regione e Provincia Autonoma, rispetto all’implementazione del PNGLA. Ricordo che quel Piano aveva tantissime novità fra cui l’obbligo per il pubblico di farsi carico del costo della prestazione resa nel privato se non si era stati in grado di rispettare i tempi di attesa».
Alle parole di Giulia Grillo fanno eco quelle delle associazioni dei pazienti. «Il problema era preesistente ma ora serve un piano straordinario per smaltire il ritardo, con un occhio alla tecnologia» spiega a Sanità Informazione Francesca Moccia, vicesegretario generale di Cittadinanzattiva e membro dell’Osservatorio nazionale sulle liste di attesa voluto dalla Grillo.
«La pandemia – continua Moccia – non ha sospeso il bisogno di assistenza dei cittadini. Noi abbiamo lanciato l’allarme sin dall’inizio chiedendo di occuparci soprattutto dei malati cronici e degli oncologici. Registriamo anche il fatto che alcune aziende sanitarie si stanno ponendo seriamente il problema: noi in questa fase abbiamo chiesto di utilizzare tutti gli spazi e i macchinari proprio per ritornare a regime. Crediamo tuttavia che per smaltire tutto l’arretrato ci vorranno almeno sei mesi-un anno. È importante, ad esempio, che si utilizzino i week-end. L’Osservatorio a breve si dovrebbe riunire, ovviamente in questa fase anche gli incontri si sono fermati. Attendiamo con urgenza che riprenda il suo lavoro anche se più che monitorare ora bisogna agire».
L’allungamento dei tempi di attesa per una visita o un esame non è solo un problema organizzativo: a rimetterci potrebbe essere la salute di tante persone. «La condizione di alcune persone con patologie importanti cambia se non gestisci con tempestività la diagnosi e la terapia – ricorda Moccia -. Pensiamo al ritardo nella diagnosi di un malato oncologico. È molto importante il tema della diagnostica. Senza dimenticare gli interventi chirurgici ora rallentati. C’è bisogno di un grande investimento di struttura, personale e utilizzo dei tempi».
Il punto di riferimento per Cittadinanzattiva è la legge nazionale. «C’è una situazione straordinaria ma dobbiamo ritornare a quello che ci dice il Piano di governo nazionale che stabilisce tempi massimi per esami e visite. Bisogna tornare a quello, applicarlo e monitorare che sia applicato. Dove questo non avviene bisogna intervenire in modo massiccio per garantire poi alle persone l’accesso alle prestazioni. Questa è anche l’occasione per ammodernare il SSN con le nuove tecnologie: le cure a distanza sono centrali per investire bene le risorse che abbiamo e anche per poter curare bene le persone. Un percorso di presa in carico in cui l’investimento pubblico è ben calibrato e molto attento agli sprechi che non possiamo permetterci».
Nei giorni scorsi Giulia Grillo si è appellata al ministro della Salute Speranza affinché segua personalmente la questione: «Se ci si attiva sin da subito, con un’azione coordinata fra Ministero e Regioni, si potrà evitare ogni risvolto negativo. Gli strumenti ci sono e adesso è il momento di metterli in atto. Penso anche a strategie d’emergenza come la possibilità di mettere a bando le prestazioni, specie per la diagnostica» chiarisce Grillo.
Quando però le chiediamo se sa come le Regioni abbiano speso i fondi per le liste di attesa messi in campo nel 2019 anche lei alza le mani: «Lo stavo chiedendo a lei ma forse entrambi dovremmo chiederlo al Ministro».