Al Convegno a Roma presenti le principali realtà associazionistiche nel campo della salute. Focus sulla tossicità finanziaria
Abbattere le disuguaglianze e costruire una medicina di comunità sempre più a misura d’uomo. È stato questo il messaggio su cui si è fondata la due giorni del 1 e 2 Ottobre organizzata da AIL (Associazione Italiana contro Leucemie Linfomi e Mieloma), il Convegno nazionale “Curare è prendersi cura. La missione di AIL per una sanità a misura d’uomo”, con il patrocinio del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, della Regione Lazio, del Comune di Roma e del CONI. Un appuntamento importante per riflettere sul crescente ruolo del Terzo settore all’interno della nostra società, su come le Associazioni non profit possano contribuire a ripensare la sanità di domani nel nostro Paese e sul riconoscimento del volontariato sanitario che, soprattutto in questa difficile situazione pandemica, ha offerto quella cura di prossimità che sta modificando la narrazione della Sanità italiana. Al Convegno hanno apportato il loro contributo e la loro esperienza le maggiori realtà del Terzo Settore in ambito sanitario: ad emergere, durante la tavola rotonda, la necessità di favorire una maggiore sinergia ed integrazione tra associazioni e medicina territoriale.
«Dall’esplosione della pandemia – ha affermato il professor Sergio Amadori, presidente nazionale AIL – l’Italia ha potuto contare su una generosità straordinaria, che ha confermato il ruolo insostituibile del Volontariato in campo sociale e assistenziale, coadiuvando e in diversi casi supplendo alle iniziative delle istituzioni pubbliche. Il Volontariato ha dimostrato con i fatti di saper svolgere un ruolo fondamentale all’interno del tessuto sociale ed economico. Né lo Stato – continua Amadori – né le imprese private sono in grado di entrare con la medesima capacità di mobilitazione negli interstizi della società, recuperando e organizzando la capacità e le risorse di solidarietà. Il volontariato è diventato un fattore sociale irrinunciabile: da protagonisti dell’emergenza ad attori imprescindibili nella quotidianità. Di conseguenza – spiega ancora Amadori – il terzo settore non può più essere considerato una “ruota di scorta” della PA in situazioni di emergenza, ma un patrimonio irrinunciabile della società da salvaguardare, curare ed incentivare. Come? Ridefinendo i rapporti con le istituzioni pubbliche, partecipando alla progettazione e co-gestione di un nuovo modello di comunità, promuovendo la costruzione di reti di sviluppo locale, contribuendo alla riorganizzazione dei servizi sanitari territoriali, oltre che, ovviamente, coinvolgendo e formando giovani volontari. Ricordiamo – sottolinea infine il presidente AIL – che durante l’emergenza, in oncoematologia i ritardi si sono verificati solo nel 5% dei casi, perché gli oncoematologi hanno lavorato in modo straordinario per assicurare a tuti diagnosi tempestive e trattamenti in tempo e adeguati, e se ci sono riusciti è anche perché hanno avuto accanto i nostri volontari».
«Uno dei paradigmi che contraddistinguono il livello di civiltà di un Paese – ha affermato Ferruccio De Bortoli, giornalista e presidente dell’associazione Vidas – è il modo in cui questo riesce ad assicurare dignità al malato anche quando non ha più speranza. Sicuramente se dalla pandemia è uscito rafforzato il capitale sociale del Paese è stato soprattutto grazie al terzo settore: le comunità si sono ritrovate più forti e coese sulle basi su cui iniziare a ricostruire. Nel PNRR alla voce “sostenibilità” è compreso anche il concetto di cura: se riusciamo a rendere la società più sostenibile e inclusiva – conclude De Bortoli – dobbiamo fondarci sul volontariato e sul terzo settore, che da sempre sono più avanti delle leggi che dovrebbero ordinarli».
Un altro dei temi affrontati durante il Convegno è stato quello della tossicità finanziaria, un effetto per il quale i pazienti oncologici che durante i trattamenti incorrono in un peggioramento della loro situazione finanziaria hanno meno probabilità di migliorare e di guarire. «È una questione che fino a qualche anno fa era confinata agli Stati Uniti – ha spiegato Il dottor Francesco Perrone, direttore dell’Unità Sperimentazioni Cliniche dell’Istituto dei Tumori di Napoli – dove il sistema sanitario si fonda su criteri di natura privatistica. Tuttavia in Italia, nonostante i malati di tumore vengano presi in carico dalla struttura pubblica, la tossicità finanziaria rileva laddove ci siano dei costi indiretti da sostenere dovuti all’incapacità dei malati e dei caregiver di produrre reddito e dal valore dell’assistenza da essi esercitata. Così come le spese per i farmaci non pagati dal Ssn (perlopiù inutili), per le cure integrative quali fisioterapia, psicoterapia, odontoiatria, ma anche le spese logistiche, per spostarsi ad esempio dalla provincia alla città per effettuare le terapie o i controlli. È fondamentale – ha concluso l’oncologo – sensibilizzare su questo tema tutti gli organi preposti, associazioni comprese, perché prevenire la tossicità finanziaria avrebbe effetti benefici sui pazienti presenti e futuri e sulle loro famiglie».
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