Salute 15 Marzo 2021 13:15

Long Covid, Corsico (pneumologo): «Conseguenze polmonari per un terzo dei pazienti»

«La maggior parte continua ad avere problemi respiratori ma ci possono essere conseguenze neurologiche – spiega il professor Corsico -. Anche in pazienti che hanno gestito la malattia a casa riscontriamo effetti a livello polmonare nonostante l’infezione sia stata superata senza la necessità di un ricovero»

Long Covid, Corsico (pneumologo): «Conseguenze polmonari per un terzo dei pazienti»

Hanno sconfitto la malattia da mesi e vorrebbero tornare alla vita di prima ma per loro il Covid non è ancora un brutto ricordo. Sono i pazienti dichiarati guariti dal SARS-CoV-2 ma che continuano a presentare sintomi debilitanti: stanchezza cronica, fiato corto, scarsa memorizzazione, insonnia e, soprattutto, problemi respiratori.

In molti ospedali sono stati costituiti ambulatori specifici per monitorare le vittime del Long Covid con esami obiettivi. Il professor Angelo Maria Corsico, Direttore dell’Unità operativa complessa di pneumologia del Policlinico San Matteo di Pavia, tira le file di un anno di Covid-19 tra effetti a lungo termine, terza ondata e nuove varianti.

Quali sono gli effetti a lungo termine del Covid-19?

«Ci sono delle sequele che possono rimanere dopo l’infezione da SARS-CoV-2. Ce l’aspettavamo perché le precedenti infezioni da SARS avevano fornito dati simili. Circa un terzo dei pazienti che necessitano di ospedalizzazione può avere delle conseguenze a lungo termine a livello polmonare che possono essere documentate radiologicamente e anche dalle prove di funzionalità respiratoria. Ma anche in pazienti che hanno gestito la malattia a casa e poi vengono in ospedale per una visita pneumologica richiesta da un MMG, riscontriamo delle conseguenze a livello polmonare nonostante l’infezione sia stata superata senza la necessità di un ricovero. Quello che può conseguire è una fibrosi polmonare che però non è una fibrosi progressiva, quindi grazie al tempo e alle terapie è suscettibile di un certo grado di miglioramento. Gli effetti riscontrati in modo più eclatante sono a livello polmonare perché è l’organo bersaglio del virus. La maggior parte dei pazienti continua ad avere problemi respiratori ma ci possono essere anche delle conseguenze neurologiche».

Qual è la gestione terapeutica del Long Covid?

«Presso il San Matteo di Pavia è attivo un ambulatorio post Covid che intercetta i pazienti tre mesi dopo le dimissioni. In questo ambito vengono fatti i classici esami cardiologici, la spirometria, l’esame radiografico del torace e l’ecografia del torace. Ci sono alcuni soggetti con sequele non trascurabili che vengono agganciati e seguiti nel tempo, sottoposti eventualmente alle Tac e ad altri esami specifici in modo individuale. In questo caso non c’è più un percorso strutturato, a seconda delle esigenze, ci si fa carico del problema».

Forte impatto terza ondata sugli ospedali

«La terza ondata che stiamo vivendo si è inserita sulla coda della seconda e ricorda molto la prima, in termini di pressione sulle strutture ospedaliere, sui pronto soccorso e sui reparti di degenza. Stiamo assistendo a un afflusso importante, la differenza sostanziale rispetto alla prima e alla seconda ondata è che in quei casi noi partivamo da un numero di pazienti con Covid già ricoverati sia nei reparti che in terapia intensiva che era molto vicina allo zero. Chiaramente nella prima ondata non ce n’erano e nella seconda avevamo ormai completamente svuotato i reparti dopo l’estate. Adesso, invece, questa ondata si inserisce in una situazione nella quale ci sono ancora dei degenti che erano stati infettati nella seconda ondata».

 

Sintomi simili, maggiore esperienza

«Le manifestazioni della malattia sono gli stessi: nei pazienti che necessitano di ricovero c’è un interessamento polmonare con una polmonite interstiziale generalmente bilaterale che è la caratteristica di questa infezione virale. Poi, ci può essere l’interessamento di altri organi. Fortunatamente, oggi abbiamo una maggiore esperienza nel gestire questi pazienti sia negli ospedali che sul territorio. È più semplice, sia pure nella complessità della situazione, prenderli in carico e gestirli. Nella prima ondata ci sono stati momenti in cui avevamo quasi tutti i pazienti con il casco per risolvere l’insufficienza respiratoria, oggi non è così. I pazienti vengono trattati prima e guariscono prima e meglio».

Quale è l’impatto delle varianti?

«L’impatto delle varianti lo conosciamo dal punto di vista epidemiologico ma non sul singolo paziente perché non tutti i tamponi vengono sequenziati. Per conoscere a pieno tutte le nuove varianti sarebbe necessario un sequenziamento ma questo al momento non è un obbiettivo raggiungibile, sarebbe uno sforzo eccessivo per i laboratori e provocherebbe un rallentamento nei tempi per ottenere il risultato dei tamponi. Individuare la variante è utile soprattutto dal punto di vista epidemiologico per cercare di contenere i focolai: se si allungano i tempi per avere le risposte dei tamponi questo obbiettivo viene meno. E’ inutile dare una risposta di un sequenziamento dopo una settimana perché a quel punto non è più possibile contenere il focolaio. La strategia che consigliamo di seguire è di chiedere un sequenziamento ad una piccola percentuale di tamponi che servono esclusivamente a dare un segnale, quindi ad individuare i focolai delle varianti più note, quella inglese, quella brasiliana e quella sudafricana».

La variante inglese è più letale?

«Dal punto di vista clinico, una volta che il paziente viene ricoverato, la variante inglese non sembra avere una maggiore gravità. Secondo i dati epidemiologici, però, ha una maggiore velocità di trasmissione, quindi aumenta il numero dei contagiati. E se aumenta il numero totale dei pazienti contagiati aumenta, di pari passo, anche il numero totale delle vittime».

Gli anticorpi sono protettivi contro la variante inglese?

«I dati disponibili ci confermano che sia gli anticorpi naturali che si sono sviluppati a seguito di una prima infezione da coronavirus con la variante non mutata sia quelli che si sviluppano dopo la vaccinazione sono protettivi contro la variante inglese. L’unica preoccupazione che abbiamo in questo momento è che aumenta il numero dei contagiati e le varianti hanno una maggiore capacità di diffondere».

È vero che c’è un calo dell’età dei pazienti ricoverati?

«All’inizio avevamo notato un’età più giovane rispetto alle ondate precedenti, ma gli ultimi ricoveri sono ancora di pazienti anziani. Vaccinare le persone anziane è importante non tanto perché questo arresta la circolazione del virus ma perché protegge gli ospedali da un sovraccarico di lavoro».

Ci sono stati casi di reinfezione da Covid-19?

«Nuovamente infettati direi di no; ci sono stati casi di pazienti che non avevano risolto completamente e che sono risultati nuovamente positivi a distanza di tempo e dopo aver avuto più tamponi negativi. Si tratta del riemergere dell’infezione che non era stata completamente risolta. C’è anche da dire che i tamponi molecolari sono talmente sensibili che sono in grado di trovare tracce del virus anche quando questo è inattivato. Può essere che l’infezione, di fatto, sia superata ma che rimangono ancora le tracce della battaglia che c’è stata. Non è una ricaduta, il virus non è più attivo ma non è stato smaltito dall’apparato respiratorio e se ne trovano i segni».

 

Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato

Articoli correlati
Nasce il progetto PMLAb per i pazienti COVID-19 immunocompromessi
La gestione del paziente immunocompromesso con COVID-19 richiede una particolare attenzione, che si concretizza con le Profilassi Pre-Esposizione con anticorpi monoclonali. A questo scopo è nato il progetto Prevention Management LAboratory (PMLAb), presentato oggi a Roma
Covid: le varianti sono emerse in risposta al comportamento umano
Le varianti del virus Sars-CoV-2 potrebbero essere emerse a causa di comportamenti umani, come il lockdown o le misure di isolamento, le stesse previste per arginare la diffusione dei contagi. Queste sono le conclusioni di uno studio coordinato dall’Università di Nagoya e pubblicato sulla rivista Nature Communications. Utilizzando la tecnologia dell’intelligenza artificiale e la modellazione matematica […]
Long Covid: rischio sovrastimato? Comunità scientifica divisa
Tracy Beth Høeg dell’Università della California, San Francisco, e il suo team di ricerca hanno affermato che c'è una buona probabilità che il Long Covid sia stato sovrastimato. Le conclusioni del loro lavoro hanno sollevato un polverone di polemiche all'interno della comunità scientifica
Long Covid: più vicini a un test del sangue per la diagnosi
I pazienti con Long Covid presentano chiare differenze nella funzione immunitaria e ormonale rispetto alle persone senza sindrome post-infezione. Questo significa che nel plasma potrebbero esserci molecole specifiche in grado di aiutarci a identificare coloro che hanno il Long Covid da chi no
Long Covid: il rischio aumenta quanto più a lungo dura l’infezione
Anche la durata dell'infezione è un importante fattore predittivo del Long Covid, responsabile della persistenza dei sintomi anche dopo settimane e mesi dalla fine della malattia. A dimostrarlo è uno studio italiano
di V.A.
GLI ARTICOLI PIU’ LETTI
Salute

Sanità Informazione sospende gli aggiornamenti per la pausa natalizia. Grazie e auguri a tutti i lettori!

Sanità Informazione sospende gli aggiornamenti per la pausa natalizia e, ringraziando tutti i suoi lettori, augura a tutti feste serene dando appuntamento al 7 gennaio 2025
Advocacy e Associazioni

Disabilità: ecco tutte le novità in vigore dal 1° Gennaio 2025

L’avvocato Giovanni Paolo Sperti, in un’intervista a Sanità Informazione, spiega quali saranno le novità in tema di legge 104/1992, indennità di accompagnamento e revi...
Advocacy e Associazioni

Natale, successo virale per il video dei ragazzi dell’Istituto Tumori di Milano

Il video di ‘Palle di Natale’ (Smile, It’s Christmas Day), brano scritto e cantato dagli adolescenti del Progetto giovani della Pediatria dell’Int, in sole 24 ore è stat...
Advocacy e Associazioni

Amiloidoisi cardiaca: “L’ho scoperta così!”

Nella nuova puntata di The Patient’s Voice, Giovanni Capone, paziente affetto da amiloidosi cardiaca racconta la sua storia e le difficoltà affrontate per arrivare ad una diagnosi certa. ...
Prevenzione

Ecco il nuovo Calendario per la Vita: tutte le vaccinazioni secondo le ultime evidenze scientifiche

Il documento affronta tutti gli strumenti per la prevenzione, dai vaccini contro il COVID-19 agli strumenti per combattere l’RSV, passando per i vaccini coniugati contro lo Pneumococco e quello ...