La definizione, ora, dovrebbe essere adottata da tutte le agenzie ed istituzioni sanitarie per semplificare la diagnosi, che ha spesso forti ricadute sulla vita economica e sociale e la salute dei pazienti
“Una condizione cronica relativa all’infezione con il virus del Covid presente per almeno tre mesi in forma continua o alternata, tra remissione e ritorno dei sintomi, o come malattia progressiva che affligge uno o più organi”. È questa la definizione di long Covid messa a punto dalla prestigiosa Accademia nazionale delle scienze Usa, dopo anni di test, analisi e dibattiti sull’argomento. Definizione che, ora, dovrebbe essere adottata da tutte le agenzie ed istituzioni sanitarie per semplificare la diagnosi, che ha spesso forti ricadute sulla vita economica e sociale e la salute dei pazienti.
L’Accademia non specifica i sintomi necessari alla diagnosi, in quanto ne sono stati elencati oltre 200, e la nuova definizione non richiede la conferma di alcun test di laboratorio, né prove dell’infezione iniziale. La conclusione raggiunta dagli esperti viene dall’elaborazione delle informazioni raccolte da più di 1.300 esperti di diverse discipline mediche, psicologiche e dai pazienti stessi. Il rapporto dell’Accademia era stato richiesto dal dipartimento apposito del ministero della salute statunitense.
Sino ad ora ogni agenzia e istituzione sanitaria americana (come i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie, la Food and drug administration e il National Institute of health) opera sulla base di una diversa definizione di cosa sia il long Covid, creando confusione nel trattamento dei malati. Se la nuova definizione verrà approvata dagli Stati Usa e a livello federale come si prevede, per i pazienti di apriranno una serie di benefici in termini di copertura sanitaria, richieste di invalidità, accesso a cure mediche più veloci e appropriate.
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