«È stata oggi definita una nuova malattia che prima del Covid non esisteva e prende il nome di PASC (sequele post-acute del Covid 19)». Vediamo di cosa si tratta con il Presidente della Società Italiana di Cardiologia Ciro Indolfi
Gli esperti dell’American College of Cardiology l’hanno identificato con il termine PASC (Sequele Post Acute da Sars-CoV-2). In parole semplici, un long Covid di tipo cardiovascolare. Un problema che riguarda il 10-30% dei pazienti contagiati, anche quattro mesi dopo la guarigione. Sintomi tipici? Dolore al petto, palpitazioni e alterazioni del battito. Ed anche stanchezza e difficoltà respiratorie.
A fotografare l’impatto e le conseguenze dell’infezione sul cuore, anche uno studio condotto in Lombardia su quasi 50mila persone e pubblicato sul Journal of Internal Medicine. L’indagine a distanza di tempo, della prima ondata pandemica nella regione più colpita d’Europa, ha rivelato che circa il 10% di pazienti ospedalizzati ha avuto un nuovo ricovero. E, più in generale, le visite mediche sono raddoppiate rispetto al pre-pandemia, le spirometrie si sono moltiplicate di 50 volte nelle persone che erano state in terapia intensiva. Gli elettrocardiogrammi si sono più che quintuplicati nei pazienti curati nelle rianimazioni e oltre che raddoppiati in quelli ricoverati nei reparti non intensivi. Il trend è simile per le Tac del torace, cresciute di 32 volte nei dimessi dai reparti più critici. E di 5,5 volte in quelli ricoverati nei reparti di normale degenza. Anche gli esami del sangue sono aumentati moltissimo, in tutti i gruppi, anche in chi il Covid l’ha gestito a domicilio.
Nell’intervista a Sanità Informazione, Ciro Indolfi, Presidente della Società Italiana di Cardiologia (Sic) definisce il PASC e chiariscein cosa consiste l’interessamento cardiovascolare dopo l’infezione acuta. «Nel 10-30 % dei soggetti guariti dal Covid-19 – spiega il professore – si presenta, nei mesi successivi, una sintomatologia caratterizzata da dolore al petto, palpitazioni, tachicardia e alterazioni del battito. Ma anche fatica, stanchezza e difficoltà respiratorie quando si effettua un esercizio fisico. È stata oggi definita una nuova malattia che prima del Covid non esisteva e prende il nome di PASC (sequele post-acute del Covid-19)».
«Esistono due tipi di PASC. Il primo – precisa Indolfi – più grave chiamato PASC-CVD quando i test diagnostici individuano una vera e propria patologia cardiovascolare». La consulenza cardiologica si consiglia a chi ha malattie cardiovascolari note con sintomi nuovi o in peggioramento e se il paziente ha avuto complicanze cardiache documentate durante l’infezione da Sars-CoV-2. «E poi c’è un secondo tipo di PASC-CVS o sindrome PASC cardiovascolare. In questo caso, invece, gli esami diagnostici standard non identificano una malattia cardiaca specifica ma sono presenti sintomi tipici come tachicardia, intolleranza all’esercizio, dolore toracico e mancanza di respiro. In presenza di queste manifestazioni persistenti – aggiunge – si raccomanda una valutazione cardiologica di base. Va eseguita precocemente per determinare se, per questi pazienti, siano necessarie ulteriori indagini o terapia medica specifica».
In presenza della sindrome PASC, cioè quando non c’è una malattia cardiologica classica ma ci sono sintomi come tachicardia, intolleranza all’esercizio e/o decondizionamento, ovvero una riduzione della capacità di allenamento rispetto a prima del contagio, è bene seguire le indicazioni del professore. «Inizialmente è opportuno l’esercizio in posizione sdraiata o semi-sdraiata, come ciclismo, nuoto o canottaggio, per poi passare all’esercizio in posizione eretta man mano che migliora la capacità di stare in piedi senza affanno. Anche la durata dell’esercizio dovrebbe essere inizialmente breve (da 5 a 10 minuti al giorno), con aumenti graduali man mano che la capacità funzionale migliora».
Nella sindrome PASC «può essere utile l’assunzione di sale e liquidi, per ridurre i sintomi come tachicardia, palpitazioni e/o ipotensione ortostatica. Ovviamente, una dieta sana e bilanciata con verdura, frutta e pesce è sempre raccomandata».
«Nei casi più gravi – sottolinea il professore – quando vi sono anomalie agli esami di laboratorio, all’Ecg o all’eco è possibile, sotto controllo cardiologico, assumere farmaci. Sono molto utili beta-bloccanti, calcio-antagonisti, ivabradina, cortisone o altri farmaci, che però, ribadisco, devono essere prescritti dal medico». Ed è al medico di famiglia o allo specialista che ci si deve rivolgere in caso di comparsa o al perdurare di sintomi e segni cardiovascolari dopo 4 o più settimane dalla guarigione dal Covid-19. E’ importante non trascurare sintomi e segni cardiaci.
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