Salute 18 Gennaio 2024 13:24

Longevità, nel 2023 le donne vivranno più di 86 anni, gli uomini (solo) tre anni in meno. Diminuisce il gap tra i due generi

In Europa, Nord America, Australia, Giappone e Nuova Zelanda si vive di più. I ricercatori dell’Universidad de Alcalà, in Spagna, hanno analizzato i dati di 194 Paesi dal 1990 ad oggi, ipotizzando anche quale sarà l’aspettativa di vita nel 2030. Lo studio, pubblicato sulla rivista PLOS ONE, offre un esame completo di nove diversi indicatori di mortalità

Longevità, nel 2023 le donne vivranno più di 86 anni, gli uomini (solo) tre anni in meno. Diminuisce il gap tra i due generi

Gli uomini sono sempre più longevi e il divario di aspettativa di vita tra i due generi va via via diminuendo. È questo il risultato di uno studio dell’Universidad de Alcalà, in Spagna, pubblicato sulla rivista PLOS ONE. I ricercatori, guidati dal professore David Atance hanno analizzato i dati di 194 Paesi dal 1990 ad oggi. Ma non è tutto: gli studiosi si sono spinti anche oltre, ipotizzando l’aspettativa di vita nel 2030. Se nel 2010 i Paesi ricchi, e con speranze di vita più alte, mostravano un’attesa di vita media di 78,37 anni per i maschi e 83,10 per le femmine, nel 2030 si arriverà a 83,13 per gli uomini e 86,54 per le donne. In altre parole, non solo saremo sempre più longevi, ma lo scarto tra i signori e le signore continuerà a diminuire.

In Europa, Nord America, Australia, Giappone e Nuova Zelanda si vive di più

Lo studio, come spiegato dagli stessi autori nell’abstract della pubblicazione, offre “un esame completo di nove diversi indicatori di mortalità nel periodo che va dal 1990 al 2030. I risultati mostrano una tendenza comune costante all’aumento degli indicatori di longevità, accompagnata da una progressiva riduzione delle disparità tra i sessi e tra gruppi di Paesi”. I risultati migliori sono stati riscontarti in Europa, Nord America, Australia, Giappone e Nuova Zelanda. In questo gruppo di Paesi il valore medio della speranza di vita alla nascita nel 1990 era di 72,23 anni per i maschi e 77,17 per le femmine. Invece, il gruppo di Paesi con i peggiori risultati nel medesimo periodo, principalmente paesi dell’Africa centrale e meridionale, ha ottenuto un valore medio della speranza di vita alla nascita di 44,91 per i maschi e 50,09 per le femmine.

Gli anni duemila

Nel 2010 l’aspettativa di vita media è aumentata ovunque: il valore medio della speranza di vita per il gruppo di Paesi con i migliori risultati è di 78,37 anni per i maschi e 83,10 per le femmine. Nello stesso periodo, per il gruppo di Paesi con i peggiori indicatori, si ottiene un valore medio di 57,66 per i maschi e 61,12 per le femmine. I ricercatori, basandosi sugli incrementi riscontrati negli ultimi 30 anni hanno calcolato i valori attesi per il 2030. Tra i Paesi che hanno finora ottenuto i migliori risultati l’aspettativa è di vivere fino a 83,13 anni per lui e 86,54 anni per lei. Nei Paesi dove già attualmente si vive meno a lungo l’attesa è di 61,14 anni per gli uomini e 62,82 per le donne.

Le conclusioni e i  limiti dello studio

Dai dati emersi dallo studio è, dunque, chiaro che il divario di genere si riduce. Tale riduzione, secondo i ricercatori è dovuta ad un fattore specifico: tra le donne l’aspettativa di vita, dagli anni 2000, è aumentata più lentamente di quella degli uomini. Tuttavia, gli studiosi sono consapevoli che le proiezioni future possano non essere una fedele fotografia della realtà. “È difficile prevedere il comportamento futuro della moralità utilizzando un modello basato sulle tendenze passate, che non sempre riflettono accuratamente l’evoluzione del comportamento futuro della mortalità – scrivono gli autori nelle conclusioni della pubblicazione -. Come linea di ricerca futura, sarebbe particolarmente interessante rivedere le nostre stime di mortalità e le configurazioni dei cluster nel 2030, quando avremo dati affidabili. Questa analisi futura ci consentirebbe di valutare il grado di accuratezza delle nostre stime del 2023 e le prestazioni del modello Lee-Carter (quello utilizzato per condurre queste ricerca, ndr) nella proiezione delle tendenze e degli indicatori di mortalità”.

 

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