Il Fondatore dell’Agenzia Nazionale per le tossicodipendenze della Croce Rossa Italiana elogia il sistema dei Sert ma critica le burocrazie che troppo spesso «creano ostacoli tra l’accesso alle cure e il cittadino». Poi mette in guardia: «C’è una nuova generazione che si sta avvicinando alle droghe e che probabilmente farà tutto il tragitto come loro i genitori»
Dal tunnel della droga si può uscire. Ma la burocrazia e leggi non sempre oculate a volte possono rappresentare un ostacolo importante. È il messaggio che lancia ai microfoni di Sanità Informazione Massimo Barra, medico, fondatore nel lontano 1976 di Villa Maraini, l’Agenzia Nazionale per le tossicodipendenze della Croce Rossa Italiana con sede a Roma, struttura che svolge un instancabile lavoro per il recupero delle persone tossicodipendenti ma anche di chi è caduto nel vizio dell’alcol e del gioco d’azzardo. «Tutti capiscono che un tossicomane che si cura è meno pericoloso per se e per gli altri di uno che non si cura. Ma se un tossicomane va a chiedere aiuto in un centro antidroga gli dovrebbero mettere la guida rossa, gli dovrebbero dire ‘benvenuto’. Invece gli dicono ‘sei della mia zona o no?». Barra traccia anche un quadro del consumo di droghe, uno scenario in crescita che desta non poca preoccupazione, anche perché «non è entrato il concetto che le droghe fanno male. Io vedo i miei vecchi tossicomani che hanno smesso di farsi e che sono operatori. Poi cominciano ad ammalarsi prima dei pari età e hanno il Parkinson, i cancri, e poi arriva la morte, purtroppo in età precoce. Quindi io dico che le droghe fanno male». Abbiamo incontrato Barra a margine del convegno organizzato da Cisl medici e Simedet dal titolo “Articolo 32: la Repubblica tutela la salute” in cui Barra ha tenuto un intervento sulla “lotta allo stigma”.
Dotto Barra, qual è lo stato di salute dell’articolo 32?
«L’articolo 32 è un articolo intelligente, che capiscono tutti: la salute è il bene principale. Tutto il resto si può discutere. Se tu stai in buona salute sei di buonumore e tratti bene gli altri, se stai male finisce tutto. La Repubblica deve tutelare la salute. Tutelare la salute vuol dire anche rendere facile l’accesso ai servizi. Qui qualche peccatuccio ce l’hanno tutti. Tanto è vero che si parla di “hard to reach”. Chi sono? Quelli che non sopportano gli ostacoli che le strutture ufficiali frappongono tra l’accesso alle cure e il cittadino. Cioè anche l’accesso normale alle cure è sottoposto ad una serie di diktat da parte di burocrazie a volte ignoranti e a volte aristocratiche che vanificano l’interesse comune di curare la gente. Questo vale pure per i miei pazienti che sono i tossicomani. Loro per definizione sono “hard to reach” ma siamo sicuri che sono loro difficili da raggiungere o è pure lo Stato che non li vuole raggiungere. Questo è il problema. Io sono per la sburocratizzazione, ci sono delle regole che vengono imposte dalle burocrazie che sono contro natura e contro senso. Per esempio io credo che tutti quanti capiscano che un tossicomane che si cura è meno pericoloso per se e per gli altri di uno che non si cura, quindi se un tossicomane va a chiedere aiuto in un centro antidroga gli dovrebbero mettere la guida rossa, gli dovrebbero dire ‘benvenuto’. Invece gli dicono ‘sei della mia zona o no?’. Banalità burocratiche di questa natura. Quindi a costo zero noi possiamo migliorare enormemente la qualità della vita della gente, anche di quella che normalmente viene considerata ‘peccatrice’ dalla maggioranza».
Da questo punto di vista lo Stato mette in capo tutta una serie di iniziative, come i Sert, ma questo diritto alla cura non è ancora del tutto garantito….
«Stranamente la legge vigente nazionale è fatta molto bene. Tanto è vero che resiste dal 1990. È stata rinnovata ma non nelle parti fondamentali. Questa legge considera che interesse precipuo dello Stato è che i drogati si curino perché un drogato curato è meno pericoloso per se e per gli altri di un drogato non curato. Il sistema dei Sert è sicuramente positivo, tanti altri paesi non ce l’hanno. È capillare. Se la gente non vede più persone che si fanno le ‘pere’ per strada è perché ogni giorno i 90mila tossicomani in Italia vanno a prendere il metadone nei servizi. Io non riesco a capire perché l’articolo che prevede la libera scelta del medico e del luogo di cura non venga applicato. La legge nazionale è chiarissima. Per esempio la Regione Lazio non la applica, con una strategia che è contro natura: obbligare il tossicomane a curarsi vicino a casa è il contrario di quello che serve. Il tossicomane deve essere portato a curarsi dove si fida e possibilmente dall’altra parte della città perché vicino a casa lui si è fatto le ‘pere’ e lì ha strutturato quello che poi determina un riflesso condizionato che lo riporta a rifarsi. Quindi la prima strategia terapeutica è allontanarlo dal posto in cui ha il riflesso condizionale, che io mi permetto di chiamare la “sindrome della rotonda sul mare”. Quello passa sulla rotonda sul mare, gli vengono i brividini: un tossico che passa dove gli hanno dato la roba o dove si è fatto viene posseduto da una forza ingovernabile che lo porta a riassumere la droga».
Il consumo di droga sta aumentando e che tassi di recupero ci sono?
«Siamo ad un cambio di natura vichiana, una specie di ricorso storico in cui oggi i ragazzetti rifanno quello che facevano i loro genitori 40 anni fa. C’è una nuova generazione che si sta avvicinando alle droghe e che probabilmente farà tutto il tragitto come loro i genitori. Sennò fino a qualche anno fa il fenomeno era invecchiato, c’era uno spostamento a destra della curva della massima incidenza del fenomeno ma adesso la novità di questi anni è che all’inizio ci sono i ragazzetti che si sono avvicinati al mondo delle droghe. Questo understatement per cui l’umanità va verso il consumo di droga, per cui la cannabis non è un problema, poi si sono messi tutti a fare il piccolo chimico 0.2, 0.4, 0.8 però non è che entrato nel concetto che le droghe fanno male. Io vedo i miei vecchi tossicomani che hanno smesso di farsi e che sono operatori. Poi cominciano ad ammalarsi prima dei pari età e il Parkinson, e i cancri, e la morte, purtroppo in età precoce. Quindi io dico che le droghe fanno male. Se poi le droghe le vende lo Stato o le vendono i privati, a me non me ne frega niente. Nel senso che il cervello non è interessato a dove vanno a finire questi soldi. È che noi andiamo a fottere la parte dell’organismo che è più delicata perché è più sofisticata e quindi andare a rompere le scatole a dei meccanismi che tra l’altro neanche conosciamo al 100% è puro masochismo. Non va nel senso di favorire la salute della gente e quindi da qui ne derivano sofferenze».