L’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre a promuovere la corretta aderenza alle norme igieniche preventive stabilite, ha enfatizzato qualche giorno fa la necessità di sviluppare nuovi antibiotici
In Italia si stimano circa 10mila casi di decessi all’anno per infezioni resistenti ai comuni antibiotici, pari al doppio delle morti legate agli incidenti stradali. Per far fronte a questo scenario preoccupante nel 2017 il ministero della Salute ha pubblicato il Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico-Resistenza (PNCAR) 2017-2020, fissando il percorso che le istituzioni nazionali, regionali e locali, devono compiere per un miglior controllo delle infezioni. Esiste, però, una notevole variabilità tra Regioni nelle modalità di attuazione dei programmi di sorveglianza e controllo di questo fenomeno. «Sono interventi complicati che vanno dal controllo ambientale di quello che succede negli ospedali a degli interventi più mirati sull’uso degli antibiotici» spiega Massimo Andreoni, direttore UOC Malattie Infettive Policlinico Tor Vergata Roma.
Con l’obiettivo di fare il punto su ciò che è stato fatto e che c’è ancora da fare a livello regionale, nasce “Icarete”, Progetto che si compone di 12 incontri regionali, che arriva nel Lazio e che vede confrontarsi le istituzioni e i massimi esperti del settore, realizzato con il contributo non condizionante di Menarini. Nella pratica quotidiana la prima forma di prevenzione passa per una corretta aderenza alle norme igieniche. «La misura più semplice e anche la meno costosa è il lavaggio delle mani. Una precauzione essenziale» sottolinea Claudio M. Mastroianni, direttore UOC Malattie Infettive Policlinico Umberto I Roma. «È stato ormai documentato – prosegue l’infettivologo – come questa semplice misura ha un impatto positivo notevole con risparmi di costi estremamente importanti».
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L’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre a promuovere la corretta aderenza alle norme igieniche preventive stabilite, ha enfatizzato qualche giorno fa la necessità di sviluppare nuovi antibiotici, che possano venire utilizzati appropriatamente per far fronte ad un fenomeno che porterà nel 2050 a percentuali di mortalità elevatissime, specialmente tra i pazienti più fragili, e stimate essere superiori a quelle legate alle malattie oncologiche. «Bisogna evitare che le resistenze agli antibiotici si sviluppino attraverso un uso razionale dei farmaci» commenta Nicola Petrosillo, direttore del Dipartimento Clinico e di Ricerca della Malattie Infettive INMI Lazzaro Spallanzani di Roma. «Bisogna farlo sia nel campo umano sia nel campo veterinario che nell’ambiente. Tutto va considerato in un insieme». Conclude il professor Petrosillo: «Bisogna fare di più».
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