«Il Pnrr è un’occasione da non perdere – spiega la Coordinatrice dell’Associazione malati cronici e rari di Cittadinanzattiva -. Ma i fondi non saranno disponibili nell’immediato. Nel frattempo, le istituzioni devono attivarsi affinché tutte le criticità che oggi incontrano i malati rari siano sanate»
Non sono poi così rare. Ad oggi, sono state identificate quasi 8 mila malattie rare a cui si arriva, spesso, con ritardi nella diagnosi e difficoltà nell’accesso alle cure. Problematiche denunciate dalle associazioni di pazienti, che chiedono di tenerne conto nell’utilizzo dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). È il quinto Rapporto Annuale di Osservatorio Farmaci Orfani-Ossfor a stabilire le priorità su cui investire per migliorare l’assistenza e la cura dei malati rari.
«All’interno dello stesso Pnrr – ha esordito Tiziana Nicoletti, Responsabile Coord. dell’Associazione malati cronici e rari di Cittadinanzattiva nell’intervista a Sanità Informazione – il paziente raro viene citato solo per quanto riguarda l’ambito della ricerca. Vogliamo pensare che questa mancanza sia dovuta al fatto che implicitamente tutte le azioni previste in ambito di salute, sanità e cronicità vengano poi estese in maniera automatica anche al paziente raro».
La dottoressa Nicoletti individua gli aspetti su cui occorre accelerare: «Bisogna partire dai bisogni di salute del paziente raro e della sua famiglia. Spesso parliamo di pazienti in età pediatrica inevitabilmente accompagnati dalla mamma che deve anche rinunciare al lavoro». Integrare l’aspetto sanitario con quello sociale «che purtroppo nel corso degli anni si è perso» è l’auspicio.
Il PNRR è un’occasione da non perdere per migliorare la qualità della vita dei malati rari. «Compito delle associazioni di pazienti monitorare, attraverso uno specifico osservatorio, che le risorse siano utilizzate al meglio. Si parla di 1350 case della comunità – ha aggiunto la Nicoletti – bisogna vedere come saranno organizzate e dove verranno costruite o riconvertite quelle che già ci sono. Ci auguriamo servano come luogo di prossimità a servizio del paziente sia nelle grandi città che nelle piccole aree interne». La dottoressa Nicoletti ci tiene a ricordare che i fondi non saranno disponibili nell’immediato, ma tra qualche anno. «Nel frattempo le istituzioni territoriali, regionali e le Asl devono attivarsi – ha precisato – affinché tutte le criticità che oggi incontrano i pazienti nel gestire la patologia e accedere alle cure, siano sanate».
La pandemia ha purtroppo creato una «sanità sospesa». «I pazienti sono stanchi – ha continuato la Nicoletti – ormai l’emergenza dura da 22 mesi e la patologia rara non si è fermata. In questi mesi non sono state fatte nuove diagnosi, controlli, follow up».
Anche il Fascicolo sanitario elettronico che dovrebbe includere il piano terapeutico del paziente e snellire la burocrazia a carico dei malati, non è attivo in tutte le Regioni; così come l’innovazione tecnologica. «Durante la pandemia – ha spiegato – non tutti hanno potuto accedere e utilizzarla perché il nostro territorio non è servito allo stesso modo nelle varie Regioni. Dovrebbe essere utilizzato da anni – ha concluso – ma sono pochi i medici di base che lo sanno e lo attivano ai pazienti. È importante perché evita continui spostamenti ai malati. Per un’effettiva presa in carico del paziente i dati e le informazioni devono essere aggiornate e integrate da tutti i professionisti che li seguono».
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