Salute 13 Giugno 2024 17:46

Malattie cardiovascolari, fa prevenzione solo la metà degli italiani. Lo studio

Lo studio Cvrisk-It e la più importante iniziativa promossa sul tema delle malattie cardiache nel nostro Paese, condotto dalla Rete Cardiologica Irccs, alla quale aderiscono 20 Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, e finanziato grazie ad un emendamento alla legge di Bilancio 2023

di I.F.
Malattie cardiovascolari, fa prevenzione solo la metà degli italiani. Lo studio

Il 54% degli italiani ritiene di non correre rischi legati a patologie cardiovascolari. E si sbaglia. Queste malattie, infatti, rappresentano la prima causa di morte sia in Italia, con un’incidenza del 30,8%, sia in Europa dove pesano per il 32% del totale. Seguono le patologie oncologiche, con una diffusione del 22%. Solo un italiano su due dichiara di fare “qualcosa” per la prevenzione cardiovascolare e solo uno su 10 ritiene di fare “molto”, concentrandosi sull’alimentazione nella metà dei casi, e nel 39% sul movimento e sull’attività fisica. Ad effettuare controlli ed esami medici regolari è il 18% e solo l’11% dichiara d’impegnarsi a ridurre il fumo. Gli ostacoli che rallentano le azioni preventive sono molteplici: modifica dello stile di vita per quasi tre su quattro (39%), scarsa consapevolezza del rischio nel 33% dei casi, mancanza di informazioni su cosa fare per la prevenzione per 27 intervistati su 100 e scarsa comunicazione/supporto da parte del medico per il 21% dei partecipanti. Sono alcuni dei risultati emersi dallo  Cvrisk-It, la più importante iniziativa promossa sul tema delle malattie cardiache nel nostro Paese, condotta dalla Rete Cardiologica Irccs, alla quale aderiscono 20 Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, e finanziato attraverso un emendamento alla legge di Bilancio 2023.

L’errata percezione del pericolo

Certamente non tutti rischiano in egual modo: la percentuale aumenta in chi ignora le prescrizioni mediche di prevenzione, forse a causa di un’errata percezione del pericolo. Una tendenza che ha ricadute dirette sia sulla salute dei cittadini sia sul Ssn, poiché le malattie cardiocircolatorie sono la prima fonte di spesa sanitaria. Una strategia adottabile per invertire questa tendenza è introdurre protocolli innovativi in grado di identificare meglio i soggetti più a rischio proponendo interventi preventivi mirati. Per poterlo fare, però, occorrono piani di prevenzione primaria personalizzati: a una maggiore precisione, infatti, corrisponde altrettanta efficacia.  “L’obiettivo principale del progetto – spiegano i promotori – è valutare l’efficacia di una modifica al paradigma valutativo di prevenzione sin qui adottato. Gli attuali modelli algoritmici di previsione si basano infatti su fattori individuali: età, sesso, abitudine al fumo, pressione arteriosa e livelli di colesterolo. Sfugge a questi indicatori predittivi una zona grigia in cui il pericolo di malattia cardiovascolare, pur presente, non è ancora elevato. Le linee guida cliniche raccomandano di considerare ulteriori elementi di stima detti “modificatori del rischio” sebbene l’effettivo beneficio del loro “ingresso” nella pratica valutativa non sia ancora confortato da informazioni definitive.

I trial, dal reclutamento allo studio

“Il progetto della Rete Cardiologica – aggiungono ancora i promotori – fornirà le risposte ai quesiti mancanti introducendo nel trial tre modificatori di rischio: la componente ereditaria (valutata mediante i cosiddetti polygenic risk scores), la presenza e la quantità di calcio coronarico (identificata tramite angio-Tac senza mezzo di contrasto) e l’analisi dell’arteria carotidea (mediante ecografia doppler) per rilevare eventuali segni di danno d’organo subclinico. Conoscere meglio questi ulteriori fattori modificanti dovrebbe consentire – ritengono i ricercatori di Cvrisk-It – di intervenire con maggiore personalizzazione, di determinare una migliore aderenza alle prescrizioni, di modificare lo stile di vita e di attivare trattamenti specifici”. Lo studio, di intervento, randomizzato, controllato e diviso in due fasi, ha caratteristiche di unicità anche sotto il profilo dimensionale: grazie al contributo di istituzioni, centri di assistenza primaria, agenzie governative e organizzazioni di volontariato coordinate dalla Rete, dopo il passaggio autorizzativo ai Comitati etici degli Irccs (Hub) e delle altre strutture coinvolte, prevalentemente ospedali (Spoke) , è infatti previsto il reclutamento di 30 mila individui sani di età compresa tra 40 e 80 anni, senza precedenti di cardiovascular disease (Cvd) o diabete di tipo 2. Questo primo campione  sarà sottoposto a valutazioni a 12 mesi in base ai più avanzati modelli di predizione del rischio cardiovascolare. I soggetti ai quali sarà diagnosticato un rischio “molto alto” saranno sottoposti al trattamento raccomandato dalle linee guida. Gli altri, invece ,con rischio “da basso a moderato” o “alto, saranno randomicamente avviati ai tre nuovi approcci metodologici. In seguito, riceveranno informazioni specifiche e consulenze personalizzate su come condurre uno stile di vita sano, basate sul profilo di rischio cardiovascolare stimato. Gli esiti del trial offriranno a operatori sanitari e responsabili delle politiche sanitarie gli strumenti per una migliore identificazione delle malattie cardiovascolari, per l’innalzamento dell’efficacia dei livelli di prevenzione e per la formulazione di protocolli di gestione sempre più adeguati.

L’importanza della prevenzione primaria

“La prevenzione primaria è una delle priorità del ministero della Salute – commenta il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato – perché grazie alla capacità di intercettare la malattia prima che essa si conclami è possibile garantire più salute al cittadino e allo stesso tempo assicurare la necessaria sostenibilità del Servizio sanitario nazionale. L’iniziativa è un ottimo esempio di innovazione, condivisione in rete dei dati su tutto il territorio nazionale e quindi esempio virtuoso di un nuovo approccio alla gestione anticipata delle patologie croniche. Queste ultime, anche a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, costituiscono un ambito di intervento su cui siamo chiamati ad agire proattivamente e con tempestività, favorendo ampia conoscenza dei fattori di rischio e consapevolezza dei comportamenti più adeguati ad evitarle. In tal senso, il Ministero della Salute ribadisce il proprio impegno a sostegno della ricerca e dell’educazione sanitaria”.

Il ruolo della Rete Cardiologica

Per il presidente Rete Cardiologica Irccs, Lorenzo Menicanti, si tratta di “un progetto ambizioso, che prevede una innovativa forma di consenso informato, con un numero di partecipanti molto alto e una diffusione nazionale completa. La Rete Cardiologica sarà attore e principale interprete dello studio, con l’adesione attiva di 17 Irccs – ed è la prima volta che un così grande numero di Istituti lavora insieme per produrre un’infrastruttura scientifica tanto importante per migliorare la prevenzione cardiovascolare. Siamo molto soddisfatti di averne messo a punto e completato il disegno e nutriamo la convinta speranza di riuscire a raggiungere gli obiettivi, che non sono assolutamente scontati. Ci aspettiamo che Cvrisk-It riesca a migliorare in modo sostanziale la prevenzione cardiovascolare e contribuisca a rendere la popolazione ancora più consapevole dell’importanza di proteggere attivamente la propria salute”.

Un progetto fortemente voluto dal Parlamento

“Lo studio Cvrisk-Ii –  evidenzia Ilenia Malavasi, membro della XII Commissione Affari sociali della Camera – è stato fortemente voluto dal Parlamento perché siamo certi che darà un contributo importante allo sviluppo di strategie sempre più efficaci per la prevenzione e la gestione della malattie cardiovascolari in Italia. Per la prima volta, infatti, tutti gli Irccs della Rete Cardiologica lavoreranno per sviluppare strategie di prevenzione primaria integrate, più precise e personalizzate. Ricordo che in Italia, come nella gran parte dei Paesi occidentali, le patologie cardiovascolari rappresentano oggi la prima causa di morte o invalidità nella popolazione adulta, ma, grazie all’innovazione terapeutica e alla prevenzione, un numero significativo di decessi potrebbe essere evitato. È evidente, dunque, l’urgenza di avviare ogni iniziativa utile per mettere al centro la prevenzione come investimento per il benessere dei cittadini, a partire – conclude – dalla definizione di un programma di screening, che risulta a tal fine fondamentale”.

 

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