«Combattere sedentarietà e puntare sull’esercizio fisico: si tratta di una rivoluzione culturale in cui la profilassi deve diventare una ‘medicina’ e non una scelta personale». Così Giuseppe Mercuro, Presidente della Società Italia di Cardiologia
Le malattie cardiovascolari restano al primo posto fra le cause di morte in Europa e nel mondo. In Italia sono responsabili del 44% di tutti i decessi. «Per invertire la rotta – ha spiegato il professor Giuseppe Mercuro, presidente della Società Italiana di Cardiologia riunita in occasione del 79° Congresso nazionale -, occorre considerare realmente l’attività fisica come una medicina e prescriverla come tale, personalizzando il trattamento e fornendo ai pazienti un vademecum che li guidi e li informi su indicazioni, tempi e dosi del movimento».
È ormai certo che all’inattività fisica siano imputabili il 5% delle malattie coronariche, il 7% del diabete di tipo 2, il 9% dei tumori al seno e il 10% dei tumori del colon. È dunque essenziale considerare il movimento una vera terapia per cuore e vasi nonché mezzo migliore per prevenire infarti e malattie cardiovascolari. «Il nostro Paese ha una medicina e una cardiologia molto evoluta, molto garantista, molto efficace – ha aggiunto il presidente -. Tuttavia i casi di infarto sono nell’ordine delle 150mila unità all’anno quindi, anche se abbiamo maggiori risorse salvavita del paziente infartuato, dobbiamo dire che una quantità così elevata di eventi va considerata come un parziale insuccesso».
LEGGI ANCHE: TECNOLOGIA IN MEDICINA: ALL’UMBERTO I È ARRIVATO HEART NAVIGATOR PER ‘ESPLORARE’ IL CUORE SENZA APRIRE IL TORACE
«Le prestazioni ottenute grazie ai farmaci che la ricerca ha reso disponibili, sono elevatissime, purtroppo però non è cresciuta di pari passo la capacità di intercettare e prevenire l’evento critico. È chiaro che nella prevenzione c’è cultura, pensiero, ideazione e creatività perché occorre convincere le persone a prevenire un rischio di cui non hanno nozione, né sintomi, né sofferenza. Quindi si tratta davvero di un’evoluzione culturale che ha il sapore di una rivoluzione molto difficile da attuare completamente. Questo vale per ogni espressione della patologia cardiovascolare: infarto, insufficienza cardiaca, cardiopatia valvolare non riconosciuta e per le malattie cardio-metaboliche».