In Italia circa 200mila persone colpite da Morbo di Chron e Colite ulcerosa. Gruppo di studio Ig-IBD calcola un miliardo l’anno il costo per il SSN. La Coordinatrice del Piano delle Cronicità: «Importante anche per operatori supporto psicologico»
Sono malattie croniche con cui si può convivere ma che impattano fortemente sulla qualità di vita dei soggetti colpiti. E di cui ancora si parla troppo poco. Ci riferiamo alle cosiddette M.I.C.I., Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino, le più note delle quali sono il Morbo di Chron e la Colite ulcerosa.
Compaiono frequentemente tra i 20 e i 30 anni e nel 20% dei casi esordiscono addirittura in età pediatrica, con notevoli ripercussioni non solo a carico del bambino affetto, ma anche a livello familiare. Il paziente è obbligato a prendere costantemente medicine, deve sottoporsi regolarmente a controlli e talvolta a interventi chirurgici. Per questo la IG-IBD, il Gruppo di studio italiano su queste malattie, ha lanciato una nuova campagna di sensibilizzazione, testimonial l’atleta italiano primatista nazionale sui 100 metri dorso in vasca lunga e corta Simone Sabbioni, colpito da colite ulcerosa. Nonostante la malattia, è riuscito a diventare, con sacrificio e dedizione, un campione internazionale. In Italia sono circa 200mila le persone colpite da queste malattie. Secondo la Ue, un paziente con malattie infiammatorie croniche intestinali costa allo Stato tra i 3 e i 5 mila euro l’anno. Secondo stime IG-IBD, considerando che in Italia ci sono 150 mila pazienti ufficiali (ma verosimilmente 250 mila) affetti da queste patologie, i costi ammontano a circa 1 miliardo di euro, a cui si aggiungono i costi indiretti, come i servizi assistenziali. Un costo importante per il Servizio Sanitario Nazionale. Ne abbiamo parlato con Paola Pisanti, Coordinatrice Commissione sul Piano delle cronicità presso Ministero della Salute, presente al lancio della campagna di sensibilizzazione.
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Dottoressa Pisanti, oggi parliamo di malattie infiammatorie croniche intestinali e quindi di cronicità. Lei ha detto che sulle M.I.C.I. sono state riscontrate delle criticità. Quali?
«Sono patologie alle quali avevamo posto un’attenzione non molto alta negli ultimi anni e invece è una patologia che va rivista, che anche se non ha dei numeri elevatissimi ha un peso sulla persona, sulla famiglia e anche a livello economico. Le criticità sono soprattutto legate agli scarsi dati epidemiologici che sono importanti non tanto come studio epidemiologico ma per costruire quello che è l’intervento clinico, l’utilizzo di risorse, l’organizzazione adatta. Si registra scarsa integrazione fra ospedale e territorio, ci sono problemi anche per quanto riguarda la parte dell’età pediatrica cioè la scarsa conoscenza della patologia nella popolazione in generale il che pone problemi quando i bambini con questa patologia vanno a scuola e hanno bisogno invece di trovare un ambiente che conosce quali sono i problemi ed è pronto a rispondere. Gli altri problemi sono soprattutto legati alla scarsa comunicazione che esiste tra i vari livelli di assistenza: parlo di ospedale, specialistica, medicina primaria e pediatria. Per queste patologie è necessario creare un’integrazione tra tutti i professionisti attraverso dei protocolli condivisi che specifichino bene che cosa fare per queste persone da un punto di vista clinico ma soprattutto tener conto di quella che è la quotidianità della vita, quindi costruire l’intervento clinico personalizzandolo in base alle esigenze e creando come ho detto prima una demedicalizzazione nel momento in cui le persone vivono la loro quotidianità».
Lei diceva che è molto importante il ruolo degli psicologici tanto è vero che presenterete un documento in materia, di cosa si tratta?
«Presentiamo questo documento che abbiamo scritto come Ministero della Salute con l’Ordine degli Psicologi nazionale proprio per mettere in evidenza quanto importante possa essere il supporto psicologico nel percorso della persona con patologia cronica ma soprattutto individuando anche quando c’è bisogno della sua presenza, quanto il supporto psicologico sia importante anche per gli operatori sanitari che devono evitare il burnout e quindi essere in buona salute sia fisica che psicologica. Presentiamo questo documento che può essere un punto di partenza per rendere poi operativo anche questo supporto psicologico per la persona, per la famiglia e per gli operatori».