Salute 12 Gennaio 2023 10:17

Malattie croniche intestinali: utilizzare le cellule staminali limita le complicanze

Varriale (proctologo): «Le cellule staminali possono offrire un importante contributo per il trattamento delle fistole ano-vaginali. Utilizzandole possiamo eseguire tecniche chirurgiche mininvasive che evitano interventi più importanti, come il confezionamento di una stomia»

Minore invasività, degenza post-operatoria più breve e prognosi migliore. Sono questi gli ingredienti del successo che l’equipe chirurgica del professore Massimiliano Varriale, proctologo dell’ospedale Sandro Pertini di Roma, ha ottenuto attraverso l’utilizzo delle cellule staminali. «Le cellule staminali possono offrire un importante contributo per il trattamento di alcune complicanze che possono presentarsi in quei pazienti che soffrono di malattie croniche intestinali – spiega il professor Varriale -. Utilizzandole possiamo eseguire tecniche chirurgiche mininvasive che portano al miglioramento, se non addirittura alla guarigione, evitando interventi chirurgici più importanti e, soprattutto, invalidanti per il paziente, come il confezionamento di una stomia».

Con le staminali la chiusura delle fistole è mininvasiva

Grazie all’impiego delle cellule staminali l’equipe chirurgica del professor Varriale ha ottenuto ottimi risultati nel trattamento delle fistole che, nelle donne affette da malattie croniche intestinali, possono comparire nella zona ano-vaginale. «Tali fistole – spiega il proctologo – sono di difficile gestione e presentano un rischio di recidiva piuttosto elevato. L’utilizzo delle cellule staminali permette di eseguire delle tecniche chirurgiche di chiusura delle fistole, sia che si tratti di fistole anali-complesse che ano-vaginali, nella maniera più diretta, con eccellenti risultati. Grazie a questa tecnica i pazienti possono mantenere una normale funzionalità intestinale, evitando di doversi sottoporre ad un intervento per il confezionamento di una stomia, assai più complesso e invalidante, sia nel breve che nel lungo termine».

Il prelievo delle cellule staminali

Le cellule staminali vengono prelevate direttamente dal corpo del paziente. «Si fanno dei prelievi di grasso da quelle zone del corpo che ne sono maggiormente ricche – dice Varriale – come la parete addominale anteriore, i glutei, i fianchi, gli interni coscia. Il grasso ottenuto viene microfiltrato e si ottiene un preparato caratterizzato soprattutto da cellule staminali. L’ipofiller ricavato viene poi inoculato direttamente nella fistola, tutto in regime di day hospital. L’innesto autologo delle cellule staminali determina la chiusura per compressione della fistola, grazie alla formazione di cellule cicatriziale che si originano dalle cellule staminali innestate».

Lo studio

Questo intervento, oltre a permettere al paziente di tornarsene a casa propria nel giro di poche ore, riduce notevolmente anche il rischio di recidiva. «E seppure dovesse presentarsi una recidiva – sottolinea il proctologo -, non c’è alcuna controindicazione ad eseguire nuovamente l’intervento, anche a distanza di poco tempo». Il professore Massimiliano Varriale è un precursore di questa tecnica chirurgica mininvasiva, tanto che da cinque anni è impegnato in uno studio scientifico sull’argomento. «La ricerca è stata condotta su un campione di donne affette da malattie croniche intestinale che hanno sviluppato fistole ano-vaginali e sottoposte ad intervento di chiusura con cellule staminali, chiusura certificata da esami di risonanza magnetica. Lo studio, in corso da 5 anni – conclude lo specialista -, ha offerto risultati molto soddisfacenti, prossimi alla pubblicazione».

 

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