Predieri (pediatra): «Le patologie croniche coinvolgono non solo il fisico, ma anche l’emotività, la psiche, la vita sociale e familiare di chi ne è affetto. Chi ne soffre ha bisogno di cure mediche e di un’assistenza sociosanitaria integrata»
Oggi si vive più a lungo e, soprattutto, è possibile sopravvivere a patologie che, fino ad alcuni decenni fa, sarebbero state letali. Malattie o malformazioni congenite che, diagnosticate in utero o nelle primissime ore di vita, possono essere immediatamente tenute sotto controllo e trattate. Tuttavia, gli stessi progressi scientifici che oggi assicurano la sopravvivenza a molti neonati prematuri o affetti da malformazioni e patologie rare, non sono in grado (tranne in rarissimi casi) di eradicare completamente la malattia.
«Una condizione che attualmente – spiega Barbara Predieri, professore associato in pediatria all’università di Modena e Reggio Emilia, già componente del direttivo Sima (la Società italiana di medicina dell’Adolescenza) – ha fatto aumentare il numero di bambini e adolescenti affetti da patologie croniche: 1 su 200 soffre di almeno una malattia con cui dovrà fare i conti per l’intera esistenza».
Nella maggior parte dei casi si tratta di bambini con bisogni assistenziali speciali o comunque più fragili rispetto ai coetanei. «Le patologie croniche – continua la professoressa – coinvolgono non solo il fisico, ma anche l’emotività, la psiche, la vita sociale e familiare di chi ne è affetto. Ne consegue, che questi bambini e adolescenti non hanno bisogno solo di cure mediche, ma di un’assistenza sociosanitaria integrata. Le patologie respiratorie, come l’asma, le malattie endocrine, come il diabete di tipo 1, i disturbi renali o i deficit neurocognitivi sono tra le condizioni di cronicità più diffuse «a cui vanno aggiunti – dice Predieri – tutti i bambini con bisogni speciali, spesso portatori di presidi vitali come la tracheotomia e la peg per la nutrizione enterale».
Le modalità di cura e assistenza di tutti questi piccoli pazienti cronici sono state messe nero su bianco dal ministero della Salute nel 2016, con la pubblicazione del piano della Cronicità. Eppure, a distanza di 5 anni dalla sua approvazione persistono ancora molte criticità. «Il principale ostacolo – spiega Predieri – è senza dubbio rappresentato dalle diverse risorse economiche e strutturali a disposizione delle singole Regioni italiane. Non solo serve più personale, ma anche una maggiore e specifica preparazione di tutti i professionisti che si occupano di cronicità. E non si tratta solo di medici o sanitari, ma anche di operatori del mondo socioeducativo. Il coinvolgimento della scuola, e di tutti gli attori che ne fanno parte, è di fondamentale importanza: si tratta di bambini che dovranno frequentare la scuola e le attività ludiche o sportive svolte dagli altri coetanei. Per questo, è necessario che le conoscenze scientifiche siano trasmesse anche a tutte le strutture ed agli operatori territoriali. Questo per evitare che famiglie e pazienti possono sentirsi esclusi dalla vita sociale o – conclude – che siano costretti a rinunciarvi per la mancanza di servizi capaci di garantire un’adeguata integrazione».
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