Andreoni (Simit): “I giovani devono essere guidati verso uno stile di vita adeguato e comportamenti corretti. Abbiamo gli strumenti per fare prevenzione: vaccini per varie patologie, PrEP contro l’HIV, risorse per gli screening per l’Epatite C”
Educazione civica e sanitaria come tema partecipativo per una sana sessualità, una riforma comprensibile dei servizi sanitari sul territorio, tutto all’insegna della prevenzione: sono questi i termini chiave emersi come prioritari per superare le reticenze e generare consapevolezza sulle infezioni a trasmissione sessuale. I dati relativi a queste ultime, dalla clamidia alla gonorrea alla sifilide, sono in preoccupante aumento in Italia. Con l’estate poi si viaggia di più e si moltiplicano le occasioni di incontro e relazione tra individui, aumentando così i possibili rapporti occasionali, che possono nascondere il rischio di Infezioni Sessualmente Trasmesse (IST). Mentre restano le minacce di HIV ed Epatite C, su cui spesso non vi è piena consapevolezza.
Dal Ministero della Salute, in occasione dell’incontro scientifico-istituzionale “Dall’educazione sanitaria alla consapevolezza dei comportamenti: aspetti clinici e sociali”, è partito l’appello per un’educazione civica che inizi in età scolastica, che spazi dall’affettività alla sessualità, Per servizi sul territorio, come i check point che caratterizzano già le fast track cities, in cui si offre la Profilassi Pre-Esposizione (PrEP), si effettuano test rapidi per Epatite C e HIV, avviando al trattamento le persone infette, si danno informazioni e strumenti di prevenzione per un sesso sicuro. Questi contenuti sono stati oggetto del terzo appuntamento dell’anno del progetto “La Sanità che vorrei…”, promosso dalla Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, in collaborazione con altre società scientifiche (in questa occasione AISF, SIMG, SIMaST, SIMSPe, SIPaD), associazioni di pazienti, rappresentanze della società civile e delle imprese, decisori politici, istituzioni. “I concetti di prevenzione, educazione e territorio rappresentano un punto di riferimento concreto – dice il Prof. Massimo Andreoni – . I più giovani devono essere guidati sin dalla formazione scolastica verso uno stile di vita corretto e comportamenti virtuosi. Abbiamo gli strumenti per fare prevenzione: vaccini contro varie patologie, la PrEP contro l’HIV, le risorse per gli screening per l’Epatite C, grazie alle quali recentemente è stato possibile rilevare che in Italia vi erano 13mila persone positive inconsapevoli di avere l’infezione; è stato possibile avviarle al trattamento, eradicando il virus dal loro organismo ed evitando ulteriori contagi. L’auspicio è che i ministeri dialoghino con AIFA e ISS per una grande progettualità sulla prevenzione”.
“Il Covid ha messo in rilievo l’importanza della lotta alle malattie infettive con la prevenzione – aggiunge Eugenio Giani, Presidente Regione Toscana –. Nella nostra regione abbiamo costruito una rete territoriale che coinvolge le Case della Salute, presenti soprattutto in Toscana e in Emilia-Romagna; il sistema delle farmacie, che erogano diversi servizi; il mondo del volontariato, visto che su 273 comuni abbiamo 550 presidi tra Misericordia, pubblica assistenza, Croce Rossa. Questa struttura ci ha portato a inizio giugno a realizzare 45.183 test per l’Epatite C, con la proiezione per la fine dell’anno di superare i 100mila screening. Sull’HIV operiamo con la prevenzione nelle case della salute, facciamo informazione nelle scuole e nei penitenziari, intervenendo con l’avvio al trattamento laddove necessario”.
“Anche nel campo della sanità, i comuni italiani e quindi i sindaci sono in prima linea nel rispondere alle richieste dei cittadini , anche se la Sanità non è nelle competenze istituzionali proprie dei Comuni – afferma Enzo Bianco, Coordinatore Organi Statutari ANCI – Abbiamo affrontato l’emergenza Covid con estrema dedizione. Adesso serve un salto di qualità, per il quale la strada da imboccare è una sanità più vicina ai cittadini, diffusa sul territorio. Noi suggeriamo questo al Governo e al Parlamento, al fine di attuare una strategia di prevenzione che possa dare risultati straordinari e un processo di informazione e comunicazione ai cittadini per una piena consapevolezza dei rischi”.
Prezioso anche il contributo proveniente dalla società civile. Francesca Incardona di EuResist Network ha suggerito alcuni presupposti da cui partire: l’uso di dati basati sull’evidenza scientifica. La creazione di reti che si espandano dagli ospedali ai laboratori, fino al territorio e alle scuole per fare da raccordo con la società; la disponibilità di risorse per affrontare eventuali imprevisti; la fiducia nelle istituzioni sanitarie; un uso mirato dell’intelligenza artificiale. Massimo Farinella, Responsabile Salute Circolo Mario Mieli, è intervenuto sulla necessità di correggere gli ostacoli ancora presenti nella diffusione della PrEP, il cui accesso è limitato da disomogeneità regionali, difficoltà burocratiche, cui i comuni dovrebbero mettere riparo per tutelare alcune popolazioni svantaggiate, oltre alla mancanza della long acting PrEP, approvata da EMA ma non ancora da AIFA, che permetterebbe di prendere il farmaco per la prevenzione ogni due mesi, migliorando l’aderenza alla terapia e la lotta allo stigma.
Oggi grazie ai nuovi farmaci antivirali DAA è possibile eradicare il virus definitivamente, in poche settimane e senza effetti collaterali, ma resta un ampio numero di persone che è affetto dal virus inconsapevolmente. Per questo sono fondamentali i fondi statali stanziati nel 2020 e poi rinnovati per effettuare test nelle popolazioni speciali, come detenuti e persone con dipendenze, e nelle coorti d’età ’69-’89, dove ad oggi sono stati identificati oltre 2200 individui sani che non sapevano di aver contratto l’infezione. Restano però esempi virtuosi, come Toscana ed Emilia-Romagna o Sicilia mentre altre regioni sono più indietro. Le regioni devono quindi ampliare o accelerare i propri progetti, mentre dal governo si auspica un ampliamento alle coorti ’48-’68. Le diagnosi tardive di HIV e l’aumento di infezioni da clamidia, sifilide, gonorrea, infatti, testimoniano la scarsa consapevolezza da parte della popolazione e dei giovani in particolare. Un limite importante, considerando che i nuovi trattamenti antiretrovirali permettono di cronicizzare l’HIV, rendendo la qualità e la durata della vita delle persone con l’infezione simile alla popolazione generale.
Un progetto significativo per l’offerta del test e del counselling direttamente in Pronto Soccorso è quello avviato presso il Policlinico Umberto I di Roma e l’Ospedale San Paolo di Milano, già presentato nei giorni scorsi nella 16° edizione di ICAR, Italian Conference on AIDS and Antiviral Research. “L’obiettivo dello studio è aumentare il numero di diagnosi precoci mediante una rete di stretta collaborazione tra infettivologi e medici del Pronto Soccorso – sottoline la Prof.ssa Gabriella d’Ettore –. Il PS, infatti, accoglie con maggiore frequenza soggetti con condizioni o patologie indicative di diagnosi di HIV. Nel 2022 l’83,9% delle nuove diagnosi di HIV è stata attribuita a rapporti sessuali, ma il dato che ha più ha allertato il mondo scientifico è stato l’incremento delle diagnosi di AIDS. Nel 2022, il 40,6% delle persone con una nuova diagnosi di infezione da HIV aveva un numero di linfociti T CD4 < di 200 cell/μL e quindi un maggiore rischio di sviluppare un’infezione opportunistica. Inoltre, le diagnosi fatte per iniziative di screening o campagne informative sono l’8,9% e quelle ottenute con accertamenti per altra patologia sono il 4,5%. Complessivamente, 12/821 partecipanti (1,46%) è risultato positivo per HIV: un risultato che conferma che inserire il test per la ricerca degli anticorpi anti HIV nel PS rappresenta una strategie per far emergere il sommerso”. Un ulteriore esempio di come il territorio possa svolgere una funzione fondamentale nei processi di prevenzione e consapevolezza.
L’appuntamento con il prossimo incontro de “La Sanità che vorrei….” è per inizio novembre con un bilancio delle attività realizzate.
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