Salute 3 Marzo 2022 18:14

Malattie infiammatorie croniche intestinali, in crescita numero di adolescenti colpiti durante la pandemia

250mila gli italiani che soffrono di malattie infiammatorie croniche intestinali. Nuovi farmaci biologici e terapie personalizzate per mantenere in remissione la patologia

Malattie infiammatorie croniche intestinali, in crescita numero di adolescenti colpiti durante la pandemia

Sono circa 250mila le persone che in Italia soffrono di malattie infiammatorie croniche intestinali, le cosiddette MICI o IBD (Infiammatory Bowel Disease), un dato che negli ultimi dieci anni è cresciuto in maniera esponenziale, di circa 20 volte, e che ha fatto emergere nuovi casi soprattutto tra i più giovani.

Morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa

Si suddividono in due grandi gruppi: morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa. La prima interessa tutto l’apparato digerente, la seconda il colon e il retto, a cui si aggiungono una infinità di varianti le cosiddette malattie infiammatorie croniche intestinali non determinate che hanno alcuni aspetti riconducibili al Crohn e altri alla rettocolite, e che rendono spesso più difficile la diagnosi. In tutti i casi si generano lesioni all’intestino che possono essere superficiali, ma anche molto profonde tanto da causare vere e proprie emorragie. Si manifestano con dolori addominali, dimagrimento importante, scariche frequenti con tracce ematiche e, nelle forme più acute, con emorragie intestinali. Fondamentale è riconoscerle per individuare la cura che accompagnerà chi ne è colpito per tutta la vita, nel tentativo di tenere la malattia in remissione il più a lungo possibile. Ad esserne colpiti possono essere adulti, ma anche bambini. Di solito la prima manifestazione della malattia avviene nella seconda decade di vita, nell’adolescenza, un’età difficile che richiede proprio per questo, un’attenzione particolare anche perché è una malattia che può essere invalidante sul lavoro, a scuola e nella vita sociale.

All’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo il primo ambulatorio per adolescenti con infiammazione cronica intestinale

Sono circa un centinaio i pazienti in età adolescenziale con diagnosi di malattia infiammatoria cronica dell’intestino che sono presi in carico dalla gastroenterologia dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo nel nuovo ambulatorio di transizione. Ad occuparsene il dottor Lorenzo Norsa, medico dell’unità di Epatologia e gastroenterologia pediatrica e dei trapianti; il dottor Cesare Burti della gastroenterologia 2 e la dottoressa Maria Simonetta Spada direttore della Psicologia dell’ospedale Papa Giovanni XXIII. Un progetto voluto dal Dottor Paolo Ravelli poco prima della sua scomparsa, nel 2019, e dall’associazione AMICI Onlus che ha integrato il team di medici pediatri e gastroenterologi per adulti anche la figura dello psicologo per sostenere i giovani che ne sono colpiti.

«Il numero dei pazienti che si rivolgono a noi è in costante crescita, arrivano da tutta Italia – spiega Lorenzo Norsa, – negli ultimi anni si è verificato un aumento dell’incidenza di questa malattia soprattutto in ambito pediatrico, in particolare nei paesi industrializzati. Questo è un dato ormai acquisito dalla scienza probabilmente dovuto a fattori ambientali, esposizione a determinati agenti atmosferici e alimentazione. È molto verosimile che cibi ultra-processati rappresentino un fattore di rischio per lo sviluppo di queste patologie, tanto che nei regimi che vengono proposti, soprattutto in ambito pediatrico per il trattamento del morbo di Crohn, si tende a eliminarli. La problematica principale è che l’insorgenza di queste malattie avviene spesso in concomitanza con l’età critica dello sviluppo e quindi prenderli in carico significa dover far fronte oltre alla malattia, anche al tema della socialità, della scuola. Il passaggio tra le cure pediatrie e adulte è un momento chiave e determina possibili difficoltà di aderenza terapeutica e alle visite, e quindi è fondamentale che questo passaggio sia meno drammatico possibile per la famiglia e per il paziente». «In questo quadro noi abbiamo istituito un ambulatorio che serve ai ragazzi per conoscere, ancora affiancati dal pediatra, l’equipe di medici degli adulti che li seguiranno, dove avranno a disposizione anche un supporto psicologico per la gestione della malattia – interviene Cesare Burti – . Essendo un periodo critico, occorre dare il maggior numero di strumenti possibili al giovane adulto, al fine di affrontare le cure nel migliore dei modi».

Covid e MICI solo tra anni la verità

Se in diversi casi, soprattutto tra i giovani, l’insorgenza della malattia è stata concomitante al Covid o a distanza di poche settimane, non esistono elementi scientifici che ad oggi possano però evidenziare un legame.  «Solo a distanza di anni dalla pandemia potremmo capire se possa esserci stato un nesso causale tra virus e insorgenza della malattia infiammatoria intestinale. Oggi è prematuro», dice Norsa.

«Quello che abbiamo osservato invece è che ci sono state delle riacutizzazioni della malattia dopo il vaccino – interviene Burti – questo perché in una fase in cui il paziente era in remissione, l’iperattivazione immunitaria determinata dal vaccino può aver stimolato la ripresa della malattia già esistente».

Terapie personalizzate e nuove speranze dai farmaci biologici

Il programma terapeutico è un momento importante perché si articola in due fasi: l’induzione di remissione per spegnere l’infiammazione e il mantenimento per far sì che la malattia resti silente il più a lungo possibile. «Ci sono periodi in cui il paziente sta bene, altri in cui la malattia si riacutizza e la risposta alle cure non è uguale per tutti – analizza Norsa -, quindi la terapia deve essere individualizzata, aumentata, rimodulata o addirittura cambiata per arrivare all’obiettivo, tutte situazioni che creano una perturbazione nella vita di un ragazzo».

Per tenere a bada le MICI a Bergamo si utilizzano ormai con regolarità i farmaci biologici. «Nella fase pediatrica l’arsenale di terapie per le malattie infiammatorie intestinali è meno potente di quello per gli adulti – prosegue Norsa – ma esistono ormai terapie biologiche consolidate e nuove cure in fase di sperimentazione che hanno già dimostrato la propria efficacia nell’adulto». Il successo di una terapia dipende da molti fattori, innanzitutto da quanto prima si individua la malattia, ma anche la risposta del paziente alla cura come analizza il gastroenterologo  del Papa Giovanni XXIII: «Se riusciamo a trovare il giusto trattamento, il paziente può restare in remissione per lunghi periodi, ma ogni riacutizzazione della malattia determina un danno che può a lungo termine aggravare la situazione al punto di richiedere un intervento chirurgico – aggiunge il dottor Burti – . Per questo la tempistica di presa in carico e la personalizzazione della cura sono due elementi essenziali per la riuscita della terapia in modo da garantire al ragazzo una vita normale».

Il ruolo dello psicologo

Fondamentale è anche il supporto psicologico che al Papa Giovanni XXIII di Bergamo è un punto di forza grazie alla dottoressa Maria Simonetta Spada e al suo team. «Noi lavoriamo con i bambini e gli adolescenti affinché abbiano un posizionamento il più attivo possibile verso il percorso di cure – analizza la dottoressa Spada -. Il nostro progetto prevede di dare ai bambini tutte le informazioni di cui sentono di avere bisogno, per aiutarli, a seconda dell’età, ad affrontare le terapie. Nella fase pediatrica il grande alleato di questo percorso è la coppia genitoriale, nel momento in cui il ragazzo cresce, invece, diventa lui stesso l’interlocutore dei medici in prima persona. In questa fase l’ambulatorio di transizione, con tutti i suoi componenti, è fondamentale perché crea nel ragazzo la sensazione di essere accompagnato e di potersi riferire ad un prima, ma di avere in mente anche un dopo e in questo l’associazione dei pazienti e dei genitori è un prezioso supporto per rappresentare i bisogni del paziente e della famiglia».

AMICI Onlus e la sensibilizzazione nelle scuole

«Supportare i giovani pazienti e le loro famiglie nel passaggio dalla gestione pediatrica a quella dell’adulto è fondamentale», ammette Enrica Previtali dell’Associazione AMICI Onlus. Con questo obiettivo è impegnata la realtà associativa che ha dato un prezioso contributo all’attivazione dell’ambulatorio di transizione del Papa Giovanni XXIII, fa campagne social con influencer che prestano il loro volto e raccontano le loro storie, attiva il gruppo Young con momenti di aggregazione per i pazienti e da qualche tempo è entrata anche nelle scuole superiori con un progetto di sensibilizzazione per i docenti e gli studenti. «Siamo partiti da Milano con il liceo Marie Curie e proseguiremo nei prossimi mesi con una rete di dialogo in altre scuole superiori per allertare i giovani ad ascoltarsi, ad avere un corretto stile di vita e porre rispetto e sensibilità verso chi, in un determinato periodo, ha la salute che non risponde come dovrebbe», sottolinea Enrica Previtali.

 “Fatti più in là”, i volti noti della malattia nella campagna di Janssen

Accendere i riflettori sulle malattie infiammatorie intestinali è anche il compito di Janssen Italia con la campagna “Fatti più in là. Allontaniamo insieme la Malattia di Crohn e Colite Ulcerosa” realizzata in collaborazione con AMICI Onlus e IG-IBD (Italian Group for the study of Infiammatory Bowel Diseases). Diverse le voci di giovani che da anni combattono con queste malattie e che hanno deciso di condividere la loro esperienza sul sito www.mici360.it. Testimonial della campagna gli influencer Manuela Vitulli, Travel Blogger e presentatrice di MTV; Roberto Valbuzzi, Chef titolare del ristorante Crotto di Valtellina che ha realizzato per “Fatti più in là” delle ricette, in collaborazione con gli esperti, dedicate a chi soffre di MICI; e Fabiana Andreani Senior Training Manager.

 

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