In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale del 10 ottobre la Società Italiana di Psichiatria (SIP) lancia un appello per ambienti di lavoro più sani e sicuri. Giovedì palazzi illuminati di verde per medici e pazienti
Un’Italia illuminata di verde per ricordarci dei pazienti che soffrono di malattie mentale, ma anche dei medici che, a fatica, lavorano nei Dipartimenti di Salute Mentale. Quest’anno, infatti, al centro della Giornata Mondiale della Salute Mentale ci sono da un lato i pazienti, la cui psiche è messa a dura prova da ambienti di lavoro stressanti e ostili, dall’altro i medici che, tra doppi e tripli turni, spesso in condizioni di scarsa sicurezza, con il crescente timore di rivalse legali, continuano a lavorare strenuamente per fronteggiare la valanga di richieste d’aiuto che arrivano ogni giorno. Senza contare la presenza di altri determinanti sociali, quali le nuove forme di povertà, le tensioni sociali e la fragilità delle famiglie e dei giovani. L’intreccio tra lavoro, società e salute mentale è dunque il focus scelto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per celebrare la Giornata di quest’anno. L’obiettivo complessivo della giornata, naturalmente, è quello di accrescere la consapevolezza attorno ai problemi della salute mentale nel mondo e creare maggiori opportunità di confronto per tutte le parti coinvolte: medici, Istituzioni, associazioni.
“Condizioni di lavoro caratterizzate da forte stress e precariato, ma anche da pregiudizi, discriminazioni e molestie, possono comportare gravi rischi per la salute mentale – spiega Liliana Dell’Osso, presidente della Società Italiana di Psichiatria (SIP) –. E, come ricorda l’OMS, con il 60% della popolazione mondiale al lavoro, il 15% della quale affetta da un disturbo mentale, è necessaria un’azione urgente per ridurre lo stigma sul posto di lavoro attraverso la consapevolezza e la formazione e per creare un ambiente di lavoro più sano e inclusivo che protegga e supporti attivamente la salute mentale. Senza considerare come lo stigma crei una barriera all’occupazione e le persone affette da gravi disturbi mentali siano in gran parte escluse dal mondo del lavoro o impiegate in attività poco retribuite o insicure, spesso prive di tutele adeguate”.
La prevalenza dei disturbi mentali sta per superare quella delle patologie cardiovascolari. Depressione e altre patologie psichiche saranno le più diffuse nel mondo già prima del 2030, anno in cui, sempre l’OMS, aveva stimato il ‘sorpasso’. Numeri che valgono in Italia il 4% del prodotto interno lordo tra spese dirette e indirette. Senza contare la diminuzione dell’aspettativa di vita di 10 anni. A livello globale, si stima che ogni anno si perdano circa 12 miliardi di giornate lavorative a causa di depressione e ansia, con un costo di un trilione di dollari all’anno in termini di perdita di produttività. A fronte delle dimensioni “pandemiche” raggiunte dai disturbi mentali, non corrisponde un aumento o un miglioramento dei servizi di cura, in particolare nel nostro paese. I Dipartimenti di Salute Mentale (DSM), infatti, sono diminuiti di numero (dai 183 del 2015 ai 139 del 2023), e stanno vivendo una profonda crisi di personale, soprattutto medico: si stima che il prossimo anno mancheranno all’appello altri mille psichiatri.
“La realtà è che in un decennio che ha visto quintuplicare i casi di molte patologie psichiatriche, soprattutto tra i più giovani e le categorie più fragili, l’Italia della salute mentale si è trovata a lottare ad armi impari con la società che cambia, con sempre meno risorse, sempre meno strutture pubbliche e sempre meno personale, che abbandona i dipartimenti per mancanza di sicurezza e di certezze professionali – evidenzia Emi Bondi, presidente uscente SIP e componente del tavolo tecnico sulla salute mentale del Ministero della Salute –. Troppi ormai anche i casi di violenza quotidiana denunciati (35 i casi ‘gravi’ nell’ultimo anno segnalati alla SIP), soprattutto nell’ambito del pronto soccorso. Senza contare l’enorme difficoltà di svolgere ricerca scientifica pubblica. Tutto questo naturalmente finisce con il gravare con i pazienti, che si trovano più soli con meno assistenza e meno attenzioni. Nessun ‘bonus’ potrà mai supplire alla carenza di risorse tolte al servizio pubblico e alla medicina territoriale, vero punto di riferimento per la popolazione, che ha bisogno di investimenti strutturali, annunciati da tempo ma mai resi disponibili”. In questo contesto, posti di lavoro malsani possono essere sia causa che “amplificatori” di problemi più ampi che incidono negativamente sulla salute mentale, tra cui discriminazione e disuguaglianza basate su fattori quali razza, sesso, identità di genere, orientamento sessuale, disabilità, origine sociale, condizione di migrante, religione o età.
“Bisogna evitare che il lavoro amplifichi disagi preesistenti o assimili questioni sociali più generali che hanno effetti negativi sulla salute mentale, ad esempio disuguaglianza, discriminazione ma anche bullismo e violenza -conclude la professoressa Dell’Osso –. Essere senza lavoro rappresenta un rischio per la salute mentale. Disoccupazione, precarietà lavorativa e finanziaria e recente perdita del lavoro sono fattori di rischio per tentativi di suicidio. Servono programmi di inserimento per persone con problemi di salute mentale e azioni di supporto per i lavoratori che rientrano dopo un’assenza causata da un disturbo mentale. Per questo la SIP richiama l’attenzione delle Istituzioni al fine di favorire politiche che favoriscano sia la prevenzione negli ambienti di lavoro che il contrasto a situazioni che possono minare la salute mentale”.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato